Roma, 13 ottobre 2011 – Il Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare (Cirn) rimane sconcertato di fronte all’abissale ignoranza con cui preclare menti del talebano ecoambientalismo hanno reagito all’incidente di Marcoule, in Francia. È come se avessero paventato il diluvio di fronte ad un vago sentore di umido e, una volta sbeffeggiati, fossero tornati con più forza a manifestare la loro paranoia contro il nucleare al comparire di un velo di condensa sulle piastrelle del bagno, urlando “avevamo ragione è proprio il diluvio!”. Nell’incidente non sono rimasti contaminati neppure gli addetti direttamente coinvolti dal getto di massa fusa radioattiva, figuriamoci se l’Italia, il resto d’Europa, e tantomeno il mondo intero, hanno corso quei pericoli di cui si legge nei commenti di certi moderni oscurantisti, gli odierni cacciatori di streghe. Una libera interpretazione degli “untori nucleari” appartenenti alla diabolica setta del Cirn? Assolutamente no; lo afferma il comunicato stampa dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare francese (http://www.asn.fr/index.php/S-informer/Actualites/2011/Centraco-autorisation-prealable-au-redemarrage-des-fours-et-niveau-1-INES). Siamo soliti affermare che quando non si danno i numeri, nel senso di quantizzare in modo oggettivo un evento, si “danno i numeri” nel senso gergale del termine, cioè si parla a vanvera come hanno nel caso in oggetto fatto certi oscurantisti ecotalebani antinucleari. Elaborando i dati iniziali forniti dal gestore dell’impianto in cui è avvenuto l’incidente i rottami metallici da compattare mediante loro fusione avrebbero presentato un’attività per chilo una decina di volte più bassa di quella di un diffusissimo alimento indispensabile al corretto equilibrio fisiologico, le banane. Con quei dati sarebbero state le scorie metalliche a correre il rischio di venire contaminate da parte degli stessi addetti investiti dal getto fuso, persino nel caso non avessero avuto banane nel loro cestino della merenda. Al contrario, come si può verificare con una diversa ricerca sul web, certi nostrani ecotalebani hanno urlato all’ennesima catastrofe nucleare, al rischio di aree rese a lungo inabitabili da un incidente che, con i dati (non corretti) originari, coinvolgeva il trattamento di materiale con attività inferiore a quella naturale e fisiologica dello stesso corpo umano. I dati, come si apprende nel citato comunicato di Autorité de sûreté nucléaire (ASN) di cui abbiamo sopra riportato il collegamento web, erano sottostimati per un fattore di circa 500 volte inferiore, in quanto l’attività delle 4 tonnellate di rottami metallici in fusione non era di 63.000 becquerel (disintegrazioni al secondo, ticchettii del contatore di radioattività), ma di 30.000.000 di becquerel. L’Asn francese afferma esplicitamente che “…nonostante il valore resti basso, l’Agenzia ha comunque richiesto al gestore di giustificare questa sua sottovalutazione”. Si legge nel documento che “…sebbene le conseguenze dell’evento siano limitate, l’Asn ritiene che si tratti di un incidente industriale grave proprio a causa delle sue conseguenze umane”, ma che invece, proprio in ragione della bassa attività radiologica del forno di fusione l’evento è classificato come di livello “1” nella scala Ines. Classificato, non riclassificato. Forse certi ecotalebani oltre che di lezioni di fisica necessitano anche di qualche ripassatina di francese. C’è poi da dire che mettere in piedi una campagna mediatica solo sul dato delle disintegrazioni al secondo, senza tenere conto del tipo di radiazione connessa, è come mettere sullo stesso piano gli effetti del tic tac di un orologio, col crepitìo d’una mitragliatrice, col boato d’un cannone. Diverso è il grado di penetrazione delle radiazioni alfa, beta e gamma. Le prime (il tic tac dell’orologio) si possono schermare con un foglio di carta; le seconde (la raffica di mitraglia) con fogli di metallo; infine (il colpo di cannone) le radiazioni “gamma”, le più penetranti, devono essere schermate schermate solo da significativi spessori di metallo o calcestruzzo. Poi c’è da tenere presente che gli effetti sanitari dipendono sia dalla dose assorbita, che dal particolare tipo di radiazione. L’unità di misura più adatta a descrivere questi effetti è il “rem” (nell’uso pratico il millirem) che riconduce gli effetti sanitari indotti alla dose equivalente di raggi “X” che produrrebbe sull’uomo gli stessi effetti di quella specifica dose di radiazione. Non bisogna dimenticare che il fenomeno naturale della radioattività è parte di noi stessi in quanto tutti gli esseri umani hanno una dose di radioattività. I responsabili, a tutti i livelli, della più retriva ed oscurantista comunicazione ecotalebana sono purtroppo decisivi pur con un grado di competenza talmente bassa che li porta a ritenere che per fare transitare i neutrini sia stato necessario scavare una costosissima galleria di oltre 731 chilometri; sono gli stessi operatori dell’informazione dai cui articoli risulta evidente che non riescono a discernere tra energia e potenza ed usano a vanvera le rispettive unità di misura. Non se ne rendono conto, ma è come se scrivessero di linguistica ignorando la differenza tra vocali e consonanti, usando le due dizioni secondo l’estro del momento. Solo che parlando di energia e di questioni tecniche a vanvera si producono sull’opinione pubblica effetti devastanti, che la inducono a scelte e comportamenti assurdi. Per questo il nostro appello è principalmente indirizzato alla stampa, alle redazioni, ma soprattutto ai loro Organismi quale l’Ordine dei Giornalisti e Federazione Nazionale della Stampa Italiana, perché prendano coscienza del problema e si sforzino di trovare la soluzione.
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