Tortona (AL) – Giovedì 20 ottobre sarà proiettato nel cineforum il film “Il primo incarico”. Sarà presente la regista Giorgia Cecere che incontrerà il pubblico prima della proiezione. L’anno è il 1953; il luogo è uno sperduto paesino pugliese; la protagonista una giovane maestra pronta ad assumere il suo primo incarico. La bellezza (o meno, a seconda dei punti di vista) di girare in luoghi così contraddittori come il territorio pugliese, risiede nel vantaggio di poter utilizzare scenografie naturali, con pochi ritocchi, per poter dare la reale sensazione di ritrovarsi indietro nel tempo. Nena è una giovane donna pronta ad affrontare il suo primo incarico da maestra di scuola. Ma l’attesa chiamata arriva da un luogo tanto ostile quanto arcaico, legato a tradizioni secolari, che poco hanno a che spartire con le abitudini della ragazza. Nena è innamorata di un ragazzo borghese, causa principale del suo malessere lontana da casa. L’oppressione di una madre troppo presente, la voglia di mettersi in discussione nonostante le avversità di una vita lontana dal proprio quotidiano, spingono la ragazza a resistere accantonando le difficoltà, conducendola a ripensare la propria vita in modo sorprendente. Il primo incarico, film che segna l’esordio alla regia di Giorgia Cecere è un esperimento sensibile, rivolto principalmente allo sguardo femminile. Di registe donne, fortunatamente, gli esempi si sprecano, ma rivedere gli anni 50 nell’arcaica Puglia del sud di quel periodo, come fonte per trarne una storia di coraggio ed emancipazione femminile, non è opera semplice. Giorgia, cresciuta nell’ultimo paesino del Capo di Leuca, afferma di aver respirato la libertà guardando i film dei Cow Boy, affascinata dalla grandezza del mondo e dalla meraviglia che si può creare nonostante un panorama arido e apparentemente desertico. Il Primo Incarico segna un mirato lavoro sulla figura della donna degli anni 50 del sud Italia. Nel suo piccolo Nena ( Isabella Ragonese), senza strafare con atteggiamenti da eroina, appare semplicemente padrona della sua vita e delle sua decisioni; Cosa da poco, oggi, ma non negli anni raccontati da un’attenta osservatrice. Note di regia di Giorgia Cecere Il lato meraviglioso dell’esistente Da piccola amavo i film dei cowboy, che se ne andassero alla fine da soli verso chissà dove. La libertà l’ho imparata dai film. Guardandoli in televisione, nel piccolo tinello della nostra casa nell’ultimo paese del Capo di Leuca, scoprivo che il mondo era grandissimo, si poteva percorrere in lungo e in largo, si potevano fare cose incredibili, comportarsi in modi stravaganti, baciarsi all’improvviso tra sconosciuti, ballare sotto la pioggia. Ho voluto imparare a fare i film per raccontare il lato meraviglioso (e certo anche terribile) dell’esistente, il fatto che in qualunque momento può succedere qualunque cosa dentro e fuori di noi. Un western dei sentimenti Con Xiang-Yang ci siamo detti spesso che questo film era un western dei sentimenti. L’ho scritto con lui e con Pierpaolo Pirone, di cui conoscevo già la scrupolosa sensibilità narrativa e, in questo caso particolarmente utile, la sua passione per Truffaut, per un cinema allo stesso tempo leggero e profondo. Li Xiang-Yang invece è anche soprattutto un pittore. In realtà da quando lo conosco mi è stato compagno e maestro nell’arte cinematografica (prima di studiare al C.S.C. era all’Accademia del Cinema di Pechino), continuando però sempre a dipingere splendidi quadri. Dico questo per rendere più chiaro il modo in cui è nato il film: durante i nostri incontri di scrittura, mentre via via la storia si svolgeva davanti ai nostri occhi, noi parlavamo della luce, del tipo d’immagini, delle scenografie, dei costumi, delle sembianze di questo o quel personaggio. Poiché il mondo evocato dal film ha sempre avuto nella mia testa una vividezza particolare: è il mondo in cui sono vissuti mia madre e mio padre, alla cui storia mi sono ispirata. La ricerca visiva. Il fatto che il film sia ambientato in luoghi e in un tempo lontani mi ha comunque offerto l’occasione per una ricerca di valore visivo che sentivo necessaria: volevo ricreare un mondo che fosse bello e curioso da guardare, vivo come fosse presente eppure diverso da quanto ci circonda nella vita quotidiana. Troppe cose restano nascoste dentro i nostri giorni, bisogni e desideri profondi che non riusciamo più a percepire se non come una vaga continua frustrazione. Amore immaginario Volevo raccontare l’avventura di questa giovane donna che con tanta fatica e meraviglia scopre ciò che davvero vuole nella vita rendendola il più possibile trasparente alla percezione dei sensi: tutte noi siamo state almeno una volta Nena, abbiamo costruito almeno una volta un amore immaginario di tale potenza da poter essere disperate all’idea di perderlo, a tutte noi la vita poi ha svelato la verità dolce/amara che quell’amore era niente. Giorgia Cecere ha fatto regia al Centro Sperimentale, quindi ha lavorato con Gianni Amelio per Porte Aperte e Il ladro di bambini. È stata a Bassano per Ipotesi Cinema e lì ha realizzato il suo primo mediometraggio, Mareterra. Ha scritto tra l’altro Sangue Vivo e Il miracolo per Edoardo Winspeare e infine questo film, Il primo incarico, per tornare compiutamente alla regia, intenzione che ha sempre avuto in tutti questi anni.
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