Finanzieri in otto banche per acquisire documenti Controlli sui beni immobiliari di partito e family
di Paolo Colonnello
Milano (da La Stampa) – Il triumviro, nonché senatore, Roberto Calderoli che ha sostituito Bossi nel triumvirato è oggetto di accertamenti da parte della procura di Milano. «Ho chiamato il capo e gli ho detto: come Lega sono cinque anni che facciamo investimenti, investiamo di tutto e di più…». Così racconta Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega, alla segretaria Nadia Dagrada. Immobili e terreni. Almeno «11 alla famiglia Bossi», annotano gli investigatori di Reggio Calabria ascoltando una conversazione di Lubiana Restaini, segretaria del Carroccio in Senato. Ed è qui che si sta concentrando l’indagine dei pm milanesi che, dopo l’incontro dell’altro ieri con Bobo Maroni e il nuovo amministratore della Lega Stefano Stefani, hanno chiesto la consegna di tutti gli atti relativi ai conti bancari, ai bilanci dal 2008 al 2011 e infine di tutta la documentazione relativa alle proprietà mobiliari e immobiliari della Lega Nord o comunque «intestate a rappresentanti o fiduciari del movimento politico e in uso allo stesso e ai suoi iscritti». Accertamenti vengono svolti anche sulla posizione di Roberto Calderoli che ieri, oltre a ribadire la sua estraneità, si è detto disponibile a farsi ascoltare al più presto dai magistrati.
Ieri la Gdf è stata spedita nelle sedi di ben otto banche. Accertamenti alla Banca Aletti di Genova, da cui nel dicembre scorso partirono i 4 milioni e mezzo di euro diretti verso la Tanzania e il milione e 200 mila euro verso un fondo cipriota. Operazioni che secondo gli inquirenti rientrerebbero in quelle distrazioni dei fondi di partito contestati all’ex tesoriere. Ma a che cosa serviva realmente l’operazione in Tanzania? Secondo Stefano Bonet e Paolo Scala, l’imprenditore e l’intermediatore finanziario cui si affidò Belsito, l’ex tesoriere avrebbe raccontato loro che la strana operazione sarebbe servita per l’acquisto di terreni in Argentina e per procurare altri immobili alla famiglia «del capo». Il problema però è che Belsito racconta più di una verità, confondendo le acque. Avere investito quasi 6 milioni di euro passando per Bonet (imprenditore accusato di riciclaggio e con precedenti di truffa allo Stato) e quindi per l’intermediatore finanziario Scala (esperto in estero vestizioni e pronto a “ripulire” l’investimento schermandolo con diversi passaggi), dimostra che Belsito non aveva in testa un’operazione “pulita”. Anzi. Una volta consegnati i soldi della Lega ai due professionisti, il tesoriere si fece anticipare 200 mila euro sui futuri rendimenti spiegando che doveva versarli nelle casse del partito, soldi che anticipò Bonet. Peccato che questo denaro non rientrò nella disponibilità del Carroccio. Centomila euro infatti vennero usati da Belsito per l’acquisto dello stabilimento balneare e discoteca “Lido Sol Levante” di Cavi di Lavagna. Un investimento personale, quindi. Ciò nonostante, gli inquirenti sono convinti che dell’operazione “Tanzania” anche altri nella Lega sapessero. Scrivono gli uomini della Dda di Reggio che in un’intercettazione «Bonet si soffermava ad analizzare l’intera operazione; ovvero affermava che dalle notizie giornalistiche il Belsito stava comprando appartamenti ed attività produttive per conto della moglie del capo (Bossi). L’operazione a suo dire non era, di conseguenza, stata avallata dal partito ma dalla famiglia Bossi». Bonet, in uno dei suoi numerosi incontri con il senatore Roberto Castelli, è esplicito: «Forse non ha capito, senatore, qui l’uomo stava incastrando me e rubando a voi…».
Sempre dai conti della Lega sulla banca Aletti, inoltre, Belsito avrebbe prelevato solo nel 2011 circa 240 mila euro in contanti e movimentato assegni per 900 mila. A chi andavano questi soldi? Almeno 300 mila euro sarebbero finiti al Sinpa, il sindacato padano di Rosy Mauro perquisito l’altro ieri dalla Finanza. Risulta anche che nel 2011 sia la moglie di Bossi che Rosy Mauro avrebbero acquistato un immobile ciascuna. A Sesto Calende, Rosy Mauro, con due ettari di terreno, e a Brenta (una casa di 7 vani e mezzo più altri due ettari di terreno) per Manuela Marrone. Complessivamente, tra terreni e case, il numero delle proprietà dei Bossi e della Mauro, guarda caso, ammonta esattamente a 11. Numero magico.Il senatore replica «Bene gli accertamenti Sono pronto a essere sentito dalla procura»
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