ESSERE LIBERALI SIGNIFICA ESSERE CREDEDENTI: IL GRANDE ARCHITETTO È CAUSA IGNOTA. NON TUTTO È DIMOSTRABILE, MA TUTTO ESISTE
settima parte
Le possibilità sono due:
1. decido che l’essere intaccabile o meno non fa parte di quel che ritengo fondamentale per definire ciò che é oro e quindi non tengo in considerazione l’intaccabilità;
2. posso decidere che non sia più corretto definire “oro” le sostanze che prima avevo definito tali (l’anello, la pepita e la moneta), proprio perché é insorto un qualcosa di inaspettato
Infatti , tramite una serie di esperienze ho costruito un’essenza nominale in base ad una mia astrazione ed ho chiamato con un nome comune (oro) un gruppo di cose da me scelte.
Poi però ho fatto un ulteriore esperimento su ciò che ho definito oro: se tutti e tre gli oggetti da me definiti oro avessero dato lo stesso risultato col nuovo esperimento non vi sarebbero stati problemi e la definizione data sarebbe rimasta valida.
Tuttavia ho ottenuto risultati diversi e mi trovo di fronte alle due possibili ipotesi: se accetto la seconda ipotesi, ossia se non sono più d’accordo che sia corretto definire “oro” le sostanze che prima avevo definito tali, dovrò dare un nuovo nome alle medesime.
Tutto questo discorso serve a definire qualcosa di fondamentale importanza che porta Locke addirittura oltre l’empirismo: tutta la nostra conoscenza deriva dall’esperienza e consiste nel conoscere le caratteristiche d’una sostanza che ci é oscura, ma non é mai una conoscenza definitiva, come dimostra l’esperimento dell’acido.
Chiamiamo continuamente con nomi generali gruppi di idee semplici, ma nuovi esperimenti possono farmi cambiare parere da un momento all’altro: ciò che oggi è oro, magari domani scopro che può essere definito diversamente.
Poi Locke, in ambito gnoseologico, fa un ulteriore passaggio: cosa significa, in definitiva, conoscere?
Conoscere significa constatare la concordanza o la discordanza tra due idee.
Se una proposizione é affermativa, si stabilisce la concordanza tra due idee, se invece la proposizione è negativa si stabilisce la discordanza tra due idee.
Questa concordanza può essere conosciuta con certezza, ma anche solo presupposta in termini probabilistici.
Anzi, per Locke la conoscenza certa tramite concordanza la si ha in rari casi e tramite canali privilegiati. Gli strumenti conoscitivi riconosciuti dal pensatore liberale sono tre, in apparenza analoghi a quelli di Cartesio, in realtà radicalmente diversi.
1. Intuizione.
2. Dimostrazione.
3. Sensazione attuale immediata.
Per intuizioni Locke intende quelle evidenze immediate che mi rendono immediatamente evidente la concordanza di due idee.
Tipico esempio è quello del “cogito ergo sum” di Cartesio: c’è concordanza immediata tra l’idea del pensare e quella dell’esistere? Ciò che pensa deve esistere, quindi io che penso esisto?
No. Per Locke la questione della res cogitans è un presupposto imperfetto.
Infatti Cartesio dal fatto di intuire di esistere con l’attività intellettuale aveva allungato il passo ed era arrivato a dire di esistere come pensiero (res cogitans), privo di corpo.
Locke, che oltre ad essere il padre del liberalismo era anche un buon cristiano (e questo non devono mai dimenticare i liberali di oggi perché il Cristianesimo, come il liberalismo – e non il liberismo, sia chiaro – sono movimenti di pensiero che mettono l’uomo al centro dell’universo), non accetta quest’idea e preferisce di gran lunga l’idea che l’uomo sia una sostanza materiale dotata di pensiero e non semplicemente un pensiero senza corpo. È un po’ come il passaggio ituitivo e razionale al tempo stesso da un’idea nota ad un’altra ignota dove rientra pienamente l’ambito della causalità (rapporto causa-effetto) per cui dove c’è un effetto posso dimostrare una causa.
Si passa così dall’idea di effetto (conosciuta) all’idea di causa (sconosciuta) e così per Locke è dimostrabile l’esistenza di Dio: dall’effetto mondo si deve risalire alla causa, Dio. Dio (il grande architetto dell’universo) causa il mondo senza essere da nulla causato.
Tornando alla sensazione di libro, se ne percepisco la presenza, l’esistenza, ci deve essere qualcosa al di fuori di me da cui derivano le percezioni che ricevo, ossia ci deve essere il libro anche se la sostanza continua a rimanere sconosciuta.
Le percezioni che ricevo mi dimostrano che esiste qualcosa fuori di me anche se io continuo a non sapere che cosa sia questo qualcosa (la sostanza). Locke definisce “di sensazione” la conoscenza che avviene tramite i miei sensi che percepiscono le idee, ma la conoscenza per sensazione vale solo per la sensazione immediata: vedo il libro che mi sta davanti e percepisco sensazioni (idee). Per Locke deve pur esserci qualcosa al di fuori di me da cui le sensazioni derivano ma se ho visto il libro un mese fa e ora non ce l’ho più davanti, la sua conoscenza per sensazione non vale più perché lo identifico non per sensazione immediata ma per un ricordo, che è ciò che non ho davanti e che non posso toccare né vedere. Ecco che solo ciò che mi sta davanti e che non ricordo mi dà sensazioni immediate e può darmi conoscenza, ancorché si tratti d’una conoscenza ristretta, per questo motivo, secondo Locke, le cose che possiamo dimostrare o intuire sono davvero poche e rimane una vastissima area di cose su cui non si ha certezza e che occupano quell’area grigia tanto temuta da Cartesio.
Locke come Pascal teorizza il fatto che ciò che non é intuito o dimostrato, ossia ciò che non é certo, pur non essendo razionale, può essere oggetto della ragionevolezza, che non mi dà certezze assolute, ma buoni consigli (anche il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce affatto).
Ecco che, infine, per Locke come per Pascal, la concordanza tra idee non può essere conosciuta con certezza ma solo supposta per cui avremo quindi una conoscenza non certa ma probabile coi suoi criteri, che esiste e che ci interessa nella vita di tutti i giorni.
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