Già al tempo delle prime schermaglie irachene e afghane il Web, coi suoi nascenti blog e social network, era assurto a insostituibile simbolo di completa libertà di espressione, efficienza di comunicazione e assoluta democrazia, e il suo utilizzo crebbe sempre più fino a raggiungere il culmine della popolarità e del successo con le “Primavere” del Nord Africa, quando addirittura i grandi giornali e le Tv non avevano altro mezzo di aggiornamento che consultare Internet, trasformando poi le informazioni in articoli in rete, per far sapere al resto del mondo che cosa stesse succedendo nei vari paesi in cui le rivolte si succedevano come in un “domino”. Le lodi per quella che gli scienziati a corto di inventiva chiamano “nuova tecnologia” si sprecarono (probabilmente gli ideatori del Cern che per primi usarono questa rete di comunicazione e la “regalarono” al mondo non pensavano di avere inventato una “tecnologia”, come è definita oggi) e gli affaristi, che escogitarono vari espedienti per ricavarne lauti guadagni con poca spesa, si moltiplicarono come le mosche. Ora al Web può accedere chiunque sia dotato di un computer o persino telefono cellulare, e vi accede sia come fruitore, sia come fornitore dei dati più svariati, che vanno dalla meteorologia all’attualità politica di ogni angolo del mondo: due esempi che sono quanto di più aleatorio possa esistere dal punto di vista della precisione. Ma quel che è peggio è che i fornitori di dati possono anche non possedere nessuna qualifica di competenza in materia (non esiste nessun controllo sull’autorevolezza intellettuale e morale di chi immette dati nel Web) e, quel che è peggio, possono essere dei veri falsari. Notizie che i recenti terremoti nelle pianure emiliane fossero provocati da scavi di prospezione per ricavare combustibili dal sottosuolo locale si diffusero in modo preoccupante fra la popolazione italiana, scimmiottando circostanze analoghe verificatesi negli Stati Uniti; nessuna autorità scientifica nazionale si preoccupò di smentire queste illazioni a dir poco oscurantiste e per fortuna il sisma ebbe una durata abbastanza breve da non permettere che la notizia diventasse uno dei tantissimi casi pseudoscientifici, come per esempio le “scoperte” sulla fusione fredda e sul “piezonucleare”. Tali notizie fantasiose sono avvalorate dal supporto di alcuni personaggi autorevoli, come per esempio a Milano il padre dell’Informatica Degli Antoni e lo stuolo dei suoi ex assistenti e allievi, i quali mancano assolutamente di basi scientifiche specifiche (chi di loro è un ingegnere nucleare?) e si fanno notare solo per l’abilità con cui “smanettano” su qualunque tipo di computer o i-phone, senza rendersi conto che ragazzini di dodici anni, prima ancora di scegliere gli studi superiori, sono già più bravi di loro, che hanno superato (forse) gli esami universitari. Un caso tragico è stato sottoposto di recente all’opinione pubblica attraverso la pubblicazione su Facebook (con preghiera di diffonderla a catena, come è d’uso) e riguarda stermini di cristiani in Nigeria da parte di mussulmani che sarebbero stati denunciati da un missionario “claretti ano”, un certo Padre J.C.Martos. I primi accertamenti rivelano che il detto missionario non avrebbe mai scritto una tale denuncia e che notizie, foto e filmati non sarebbero che montaggi e montature, ma ormai lo sdegno popolare si è diffuso in ogni parte della Terra, e soprattutto dove esiste già una certa avversione verso i Musulmani (che non si può negare siano capaci di tanto, specialmente in regioni dove sono in netta maggioranza). Le Catene di Sant’Antonio sono in effetti lo sport preferito di frequentatori di social network e di blog, il che potrebbe essere in certi casi un piacevole passatempo (in due o tre anni ho ricevuto personalmente un migliaio di presentazioni in PPS con splendide fotografie, classificabili in una ventina di diverse categorie). Un altro inconveniente fastidioso dei social network è che ogni giorno recapitano ai malcapitati iscritti “avvisi di notifiche” inviati dagli “amici”, oppure richieste di amicizia o di adesione da parte di decine di sconosciuti che neanche sanno di esserne gli autori (ci pensano Facebook, Linkedin e simili a collegare gli amici di un socio con quelli di un altro). La notizia più innocua è quella dei compleanni, mentre l’attività più sconcertante e esasperante (per chi ne è vittima) è la diffusione di tremendi You Tube che mostrano, vere o false che siano, le più crudeli infamie commesse sulla Terra.
A parte ciò, la persona “avvertita” e matura potrebbe considerare il tutto un gioco e leggere di tanto in tanto, per rilassarsi e conoscere aspetti curiosi del nuovo mondo che ci circonda, i “post” (credo che significhi “breve commento a un’affermazione di un opinionista”) che appaiono nei blog e nei social network. Ed è qui che si scopre come la maggior parte della gente dia sfogo ai più bassi istinti per mezzo di un pittoresco turpiloquio, che si alimenta tanto più quanto viene derivato e affinato leggendo appunto quello dei “colleghi di social network”, o meglio di “blog”. Alcuni social network sono dotati infatti di una modesta e indulgente autocensura che permette di bandire (“bannare”, direbbero gli inventori della neolingua di Degli Antoni & C, dall’inglese “to ban”, “esiliare”, “bandire”) chi si macchia di colpe di tal genere. Lo scambio di corrispondenza che mi ha ispirato questo articolo, e penso disponibile per chi lo richiedesse, non è riproducibile pubblicamente neanche in minima parte, peggio di un “copyright”, perché offende la dignità della specie umana, soprattutto se si considera che gli autori, sono austeri opinionisti del “Corriere della Sera” il cui nome con indirizzo e-mail che compare giornalmente in calce alle lettere pubblicate dalla redazione di Sergio Romano. L’illustre ex-ambasciatore risponde con la massima serietà e deferenza (alla sua veneranda età si degna di corrispondere con degli immani cafoni, che ha conosciuto, a volte personalmente, addirittura quando ancora svolgeva la propria attività diplomatica). Il malvezzo del turpiloquio è diffuso equamente tra uomini e donne (supposte “signore”), sorprendentemente si manifesta di più negli anziani, anche ultrasettantenni, e si accompagna a sgrammaticature che testimoniano l’analfabetismo di ritorno dei frequentatori del Web (altro che la neolingua dei seguaci di Degli Antoni, che forse non hanno mai sentito parlare di Chomsky prima di consultare l’inaffidabile Wikipedia!).
Ecco quindi il parere, non richiesto, sul Web di un “uomo della strada” (milanese, settantenne, ingegnere pensionato, con pretese di essere ancora capace di apprendere ciò che ne vale la pena), trovatosi improvvisamente immerso, al punto di essere iscritto ad alcuni social network da cui è difficilissimo evadere, nella nuova cultura costruita sulle miserie e vergogne del Web, naturalmente lieto se qualcuno saprà smentirlo, ma usando la buona educazione di un tempo, se non vuole vedersi immediatamente denunciato alla Polizia Postale, che a volte fa il suo dovere di moderatrice di chi scambia corrispondenza.
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