Quanto capitato ad Aprilia a due addetti alla lavorazione del compost derivato dall’umido della raccolta differenziata, morti in conseguenza di una nube di gas scaturita nel corso di una movimentazione dello stesso, è la dimostrazione che nel compost italiano finisce qualsiasi cosa, anche quella che non dovrebbe finirvi. E non potrebbe essere diversamente poichè dalle sostanze organiche in decomposizione o non, non si sviluppa mai in alcun caso gas tossico di una mortalità simile a quella verificatasi ad Aprilia. Il pericoloso, ma redditizio gioco di smaltire rifiuti tossici provenienti da industrie chimiche, mescolandoli ad altri organici, è facilitato dal fatto che non esiste alcun controllo a riguardo. Il compost poi, nella maggioranza dei casi, come ad Alessandria, non viene nemmeno venduto perché gli agricoltori si guardano bene dall’acquistarlo, essendo nefando per i terreni, riducendo le rese agricole ed inquinando le falde e, per questo, finisce serenamente in discarica. Quel che stupisce è che i Comuni, che sono i principali se non unici proprietari delle aziende di produzione del compost, non si siano mai nemmeno preoccupati di andare a leggere i bilanci delle stesse e non si siano mai accorti che la colonna degli utili ricavati dalle vendite è praticamente in bianco. Nemmeno la situazione è molto migliore nei vari depuratori delle acque urbane. Spesse volte di notte, quando nessuno vede, vengono fatte entrare cisterne di rifiuti industriali, serenamente scaricati nelle varie vasche di depurazione. Ricordiamo agli alessandrini quanto avvenuto alcuni anni fa nel depuratore Scrivia in cui vi furono tre morti poiché, mentre abusivamente vi stavano scaricando dei cianuri provenienti da una ditta che li utilizzava per indurire gli ingranaggi, qualcuno pure abusivamente, scaricò in fogna dell’acido solforico. L’incontro di questi due elementi causò la produzione di acido cianidrico. Lo stesso gas mortale usato per le esecuzioni in alcune carceri degli Stati Uniti. Secondo quanto riferito dai giornali, l’incidente di Aprilia è avvenuto dopo che è stata aperta la botola superiore di un’autocisterna piena di percolati. È probabile che sia capitato un qualcosa assai simile a quanto verificatosi nel depuratore alessandrino con conseguenze analoghe. I giornali hanno pure scritto che i due operai non portavano “mascherine”. Il farlo è una autentica abiezione giornalistica che cerca di scaricare sulle vittime le responsabilità di altri. Le “mascherine”, come sa chi ha un minimo di preparazione scientifica, non fermano nè i vapori nè i fumi nè i gas e nemmeno le polveri! In altre parole non servono assolutamente a nulla. Servono solo a tranquillizzare le vittime degli inquinamenti atmosferici da un punto di vista psicologico. Esattamente come il falso sapone che veniva dato agli ebrei, prima di avviarli alle camere a gas, facendo loro credere di andare a fare la doccia, o il latte “depuratore dei veleni” dato un tempo gratuitamente agli operai della Borsalino che lavoravano a contatto con il mercurio producendo feltri. La vittima si ammalava ugualmente, ma lo faceva in silenzio, e non si rendeva conto di quali erano le cause reali che ne minavano la salute. Il presidente della repubblica, anziché limitarsi a mandare le condoglianze, come ha fatto, sarebbe meglio incaricasse il NAS di verificare ciò che avviene negli impianti di compostaggio italiani quando nessuno vede.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.