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OPINIONI

PIAZZISTA A CHI?

13 Agosto 2015 admin_AG OPINIONI 233

PIAZZISTA A CHI?

di Claudio Moffa – Credo di aver dimostrato sempre un’attenzione partecipata alla Chiesa, ed alla Chiesa di papa Francesco in particolare. Ma le insulse accuse del cardinale Nunzio Galantino (nella foto) a Beppe Grillo e Matteo Salvini (“Piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse!”) hanno passato il segno. Chi è il piazzista? Chi critica la retorica dell’accoglienza senza limiti e ragiona sui fatti, o chi pensa di risolvere la crisi di identità e di ordinazioni sacerdotali del cattolicesimo sfruttando la miseria e la paura dei disperati che si affacciano alle porte dell’Italia e dell’Europa? E che si vorrebbero usare come strumento-oggetto di un nuovo proselitismo, versione religiosa delle aspettative di alcuni partiti di sinistra in picchiata elettorale e per questo pronti a usare gli immigrati per aumentare i propri voti. Forse la CEI crede di essere ai primi dell’Ottocento, quando lo “slancio missionario” in Africa fu incentivato come mai prima d’allora, non solo dall’attenzione crescente dell’Europa dei business per le ricchezze del continente, ma anche dallo stato d’assedio ideologico e fattuale subito dalla Chiesa in una Europa pervasa dalle nuove idee della Rivoluzione Francese. Il convertito africano, con la sua anima “pura” perché tabula rasa, diventava, così, la panacea per sopravvivere dopo la tempesta napoleonica anche in Europa. Ma oggi non è certo così: gli extracomunitari all’assalto dell’Italia sono immersi, come tutti noi, nel mondo di Google e della rete governata da molti nemici della Chiesa, e quello di Galantino è un piazzismo da un soldo in un mondo globalizzato, senza speranze di sbocchi positivi. La Chiesa dovrebbe cominciare a pensare ai suoi nemici interni, a certe scuole private imbevute di ideologie laiciste e anticristiane, al mondo rincoglionito di certi scout cinquantenni che insegnano che San Paolo sarebbe stato un antisemita, ed altre cose del genere. Un linguaggio nuovo, dunque, di nuova speranza e di nuova mobilitazione, quello della Chiesa sull’immigrazione? Niente affatto, e anche per un altro motivo: la CEI -sempre che Galantino rappresenti tutta la CEI – pensa all’immigrazione come pensava il buon cristiano prima della “Rerum Novarum” di fine Ottocento, quando finalmente i cattolici scoprirono la questione sociale come impegno necessario per inverarsi come fedeli del messaggio evangelico. Prima del 1891 c’era la carità al mendicante sul sagrato della chiesa, a mettere a posto la coscienza del buon cristiano. Poi, con tutti i difetti e gli insuccessi che si vogliono, il Partito Popolare e la DC si impegnarono sui temi della grandi riforme per creare le condizioni strutturali perché la povertà e l’indigenza fossero sconfitte alla radice dalla Politica: in fondo, con Alcide De Gasperi e Enrico Mattei, con Giovanni Gronchi e Giorgio La Pira, i primi due decenni della Repubblica -quelli del boom- furono segnati da questo modo di intendere la Politica, il governo delle grandi linee di costruzione e sviluppo di un ordine sociale e economico attento alle ingiustizie sociali. Sull’immigrazione, invece, siamo al modello pre-Rerum Novarum: la CEI ha una visione corta del problema, opposta, ma speculare, a quella puramente repressiva di certa destra, e cioè che si devono accogliere tutti coloro che vogliono e cercano di entrare nel nostro Paese. Pazzesco. Meno retorica piagnona, e più impegno vero e costante per la pace e per la lotta ai poteri finanziari che stanno assassinando le economie della stragrande maggioranza dei Paesi del mondo: questo dovrebbe fare la Chiesa, perché non bastano grida generiche contro il profitto, occorre indicare con precisione, qui e ora, il nemico da combattere, a cominciare dalla BCE e dalla Commissione europea. Non bastano allarmi contro la violenza delle guerre, senza mai schierarsi dalla parte giusta, senza voler vedere dov’è la radice delle stragi di cristiani oggi in Medio Oriente: non certo in Saddam Hussein ieri, in Mu’ammar Gheddafi tre anni fa, in Bashar al-Assad oggi. Tutte le guerre dagli anni Novanta in poi, hanno scatenato ondate di migranti verso l’Italia e l’Europa: Balcani, Kurdistan, Sudan, Libia, Siria … Occuparsi di questi fattori di base delle ondate migratorie -i push factors cari ai sociologi- è la auspicabile Rerum Novarum sulle migrazioni bibliche del XXI secolo. Ma per farlo occorre parlar chiaro sulle responsabilità dell’odio e dei conflitti seminati in Medio Oriente e nel Mediterraneo nell’ultimo quarto di secolo, cosa che Galantino si guarda bene dal fare. È lui il piazzista, a caccia di conversioni a una Chiesa in preda a una crisi di identità non risolta nemmeno da Papa Francesco, e come tale poco affidabile.

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