di Giusto Buroni – Io penso che la maggioranza dei cosiddetti “sapienti ufficiali” e, figuriamoci, dei “non sapienti” ufficiali, prima di tutto abbia la memoria cortissima, e poi non abbia il senso della misura nel confronto tra la durata della vita umana (compresa la memoria storica di genitori e nonni; diciamo un secolo e mezzo) e quella di un’era geologica (centinaia di migliaia di anni). C’è da chiedersi se i “comunicatori” di oggi (giornalisti e supposti scrittori-filosofi-politici, ma soprattutto “artisti” che, purtroppo, godono di totale libertà di parola farneticante) pensino davvero che le condizioni attuali dell’Universo, e non della sola Terra, dipendano da quello che è successo dal 1850 in poi, 165 anni in tutto, da quando cioè l’uomo ha iniziato a fare misurazioni (mentre la Terra, di anni, ne ha circa 4,5 miliardi) e, in base a quelle infinitesimali misurazioni, si sia stabilito che l’umanità si autodistruggerà entro i prossimi decenni. Tutto ciò mentre si tace il fatto che solo fino a poco tempo fa mancavano perfino gli strumenti (per esempio i satelliti) per determinare la velocità delle variazioni. Alcuni politici includono tra gli eventi del secolo e mezzo in esame, anche la scoperta dell’America e la Rivoluzione Francese, ma per fortuna sono eccezioni, ancorché inquietanti. Ma questo è un altro discorso, anche se l’ignoranza della storia non è dissociabile dall’ignoranza della fisica (e non solo della fisica). Quando si ritornerà sulla Luna, in quanti saranno a ricordare che ci si è già stati nel 1969? E quanti doppioni di esperimenti e errori (cioè sprechi di denaro e di vite umane) si faranno per raggiungere, forse nel 2069, il medesimo risultato? Secondo me il nocciolo della questione sta tutto qui, cioè nell’incapacità della gente (anche gli scienziati sono “gente” e non semidei) di confrontarsi con l’immensità del tempo e dello spazio, come io ripeto da anni. Un giornalista del Corriere della Sera, per esempio, quando ragiona scrive ottimi articoli, ma per motivi a me ignoti, non ha il coraggio di sbugiardare l’ONU e i suoi 2000 scienziati a sbafo, e considera vangelo le loro elucubrazioni (ammesso che ne facciano) e decisioni (e queste sì, purtroppo, le prendono). Gli “altri”, quelli fuori dal coro, sono un’insignificante minoranza, mentre “altri” ancora, che potrebbero essere i loro sostenitori, sono troppo occupati, giustamente, a fare i nonni o a curarsi i troppi malanni, o anche solo a spendere i molti soldi che la nostra generazione ha messo da parte prima della crisi “pseudo-energetica”. E così mi dispiace di non esserci più per assistere al rinsavimento dell’umanità quando si ristabilirà la supremazia del “buon senso” (non è necessario che ci sia tanta “sapienza”: basta il buon senso e l’onestà del pensiero). Questo succederà, spero, prima della fine del secolo, il tempo necessario per cancellare le paure superstiziose del cambio di millennio: basta avere letto un minimo di storia per riconoscere le analogie di oggi rispetto agli eventi a cavallo dell’anno 1000 d.C., e sarà trascorso meno di un millesimo di un’era geologica, che non permette di fare illazioni sui cambiamenti di clima, antropici o non antropici. Almeno fino a che i criteri di valutazione saranno quelli fortemente politicizzati o ideologici di oggi.
Poi avremo il nuovo Rinascimento.
E ripartiremo dall’inizio.
È un vero peccato, ma è così.
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