Si è descritto nella prima parte di questa miniserie di riflessioni un esempio di come si sprecano fondi per la Ricerca a livello europeo. Vedremo ora come in ogni Paese d’Europa, anche senza l’immancabile coinvolgimento mafioso, si riescano a dissipare anche quelli stanziati localmente per puri errori di programmazione. Le linee-guida fornite comunque dalla Comunità Europea sono un ulteriore alibi per presentare ai cittadini i motivi che obbligherebbero le autorità locali a fare quelle scelte tematiche piuttosto di altre. Torniamo brevemente ai tre settori di ricerca tecnico-scientifica (includendo medicina e affini, e escludendo “comunicazione” e affini) che ho tentato di classificare: lo strategico, il programmatico e l’operativo (che si conclude con la “ricerca applicata”). Mi sembra normale stabilire una lista di priorità per le svariatissime attività oggetto di ricerca, visto che, nonostante le nostre presunzioni e i nostri trionfalismi, siamo solo all’inizio di una vera rivoluzione scientifica, di cui stiamo allestendo gli strumenti che permettono di avanzare a piccoli passi. Insomma: nel “secolo d’oro delle scoperte” (il XX d.C.) in realtà si è fatta all’inizio molta, troppa fantascienza, realizzando, nonostante le apparenze, molto poco. Per esempio la “conquista” della Luna, ipotizzata un po’ artigianalmente da J. Verne, è avvenuta tre quarti di secolo dopo, sotto la spinta della Guerra Fredda, ma si è interrotta quando solo i primi passi e i primi spostamenti su ruote erano stati compiuti sul nostro satellite. Gli innumerevoli aggeggi tecnologici dati già per acquisiti nel geniale “Dracula” di Stoker a fine ‘800 (ma anche in “Sherlock Holmes” di Doyle) hanno fatto, ad oggi, scarsi progressi, anche se si sono largamente diffusi in forma miniaturizzata ed hanno assunto (molto recentemente) quell’aspetto “digitale” o “numerico” che la fantascienza non immaginava; il controllo delle vite private alla “Grande Fratello”, ipotizzato negli anni ’40 dal genio di Orwell, non si è per fortuna ancora concluso (e sperabilmente abortirà); e soprattutto la “super-fonte-energetica” immaginata da Verne per il Nautilus (20.000 Leghe Sotto i Mari), e più spregiudicatamente da Wells, nella Macchina del Tempo e nella Guerra dei Mondi, si è bloccata miseramente e scioccamente ai primordi della fissione nucleare (per colpa di sedicenti pacifisti e ecologisti, tanto ignoranti in fisica da favorire in sua vece la ben più difficoltosa fusione nucleare, che ha buone probabilità di interrompersi un secolo dopo la precedente, quindi dopo ulteriori spese miliardarie), nonostante le teorie di Einstein e successivamente le realizzazioni di Fermi e successori dimostrino la fattibilità di impianti civili con risorse praticamente inesauribili. E ancor tutti da immaginare, anche a livello fantascientifico, sono gli sviluppi applicativi delle teorie dell’ancora misconosciuto Dirac (e che venga un accidente a coloro che a qualunque livello parlano di “teletrasporto”).
L’UMANITÀ È AL CENTRO DELL’UNIVERSO
E per questi motivi di incertezza programmatica mi sembra saggio associare alla graduatoria delle priorità quella delle “emergenze”. Chiamo con questo nome diverse situazioni socio-ambientali che rischiano di mettere in pericolo l’esistenza di parti rilevanti del Genere Umano, o del Genere Umano tutto intero. Mi rendo conto che ciò suoni come bestemmia agli orecchi degli adoratori dei nuovi Dei (del resto solo panteisti inquinati dalla superstizione), ma, come membro del Genere Umano, non vedo il motivo di attribuire a un altro Genere un’importanza superiore, visto che, se impegnassi tutte le mie energie per far prevalere quest’altro Genere, il mio soccomberebbe e non avrebbe quindi la soddisfazione di ammirare il risultato del proprio autolesionista operato: per esempio, se mi sforzassi di assicurare la migliore esistenza possibile a tutto il Regno Vegetale, diventerei prima o poi sua preda, destinata ben presto a scomparire senza poter convivere con esso al massimo del suo rigoglio; non ne riceverei una soddisfazione etica o estetica e tanto meno il suo ringraziamento: sarei semplicemente divorato e annientato. Quindi, lo dicano o no Bibbia o Corano, è logico, se non naturale, che l’Umanità si ponga al centro dell’Universo, concentrandosi nella cura di ciò che sia utile per il proprio benessere. Ogni altro obiettivo è pura e insensata ipocrisia. Infatti, ogni parte dell’Universo, a modo suo “pensante”, si porrà al centro di esso e “vorrà” prevalere, obbligando il Genere Umano a difendersi per sopravvivere nelle migliori condizioni possibili.
SCIENZA E SUPERSTIZIONE
Mi sembra quindi assodato che chiunque voglia prevalere nell’Universo (che d’ora in poi sarà meglio chiamare più modestamente Mondo Terrestre, che dell’Universo è una parte infinitesima, ma almeno accessibile ai nostri sensi e alle nostre tecnologie) dovrà anzitutto sforzarsi di individuare le minacce incombenti e difendersene. Tali minacce sono state appunto chiamate “emergenze”. In ogni Paese civilizzato esistono gruppi scientifici che si dedicano, ai limiti della clandestinità, perché cercano di restare indipendenti dall’Alta Finanza, all’individuazione e classificazione delle “emergenze planetarie” (ossia del proprio Pianeta, la Terra) e gli scienziati che vi lavorano sono chi più chi meno influenzati dalle superstizioni dominanti (un’altra dimostrazione dell’attuale arretratezza della scienza globale). In Italia per esempio le opinioni su quali siano le minacce “globali” si dividono tra quelle di coloro che si credono e si fanno chiamare “ambientalisti”, che fanno capo prevalentemente al WWF e a Legambiente, e coloro che più rigorosamente seguono la definizione galileiana di “scienza” e fanno capo a Zichichi e ai suoi colleghi che si riuniscono periodicamente ad Erice in Sicilia, provenendo da ogni parte del mondo, proprio per discutere di questi problemi. Personalmente considero questi ultimi i più seri e i meno superstiziosi, più seri perché apparentemente senza immediato scopo di lucro, e meno superstiziosi perché pongono al primo posto delle emergenze da cui difendersi la “fame” e le “pandemie” (che sono i nemici di sempre e di tutte le specie, e non occasionalmente una iattura del Genere Umano provocata dai Cambi di Millennio). Gli “studiosi” meno seri, dopo avere goffamente inventato l’”emergenza energetica per cause umane” (ricordate il 1973 e il petrolio a 20-25 $ al barile, come oggi? Io sì, e troppi fingono di no), e ancor più goffamente il “buco nell’ozono” (dove è finito?), è passata più decisamente e catastroficamente al “Riscaldamento Globale di Origine Antropica”, supportato da un difficilmente identificabile “inquinamento” ambientale e più specificatamente atmosferico, contenente un nuovo gas malefico, che malefico non è affatto, chiamato CO2 (ai miei tempi delle Elementari ci insegnavano a chiamarla Anidride Carbonica). Io consiglio a sociologi e antropologi di fermarsi qui e di affilare le armi, che nei millenni hanno sempre funzionato con alterni successi, contro la fame (e la sete) e contro le pandemie (e le malattie). Se ci avanzeranno tempo, energie e soldi, vedremo di sistemare anche questa “storia” di un probabile surriscaldamento, qualunque ne sia l’origine, e non stupidamente solo quella antropica, e di lasciare perdere la lotta all’anidride carbonica, visto che per far vivere meglio la gente negli ultimi millenni qualcosa si è dovuto pur sempre bruciare, fin da quando il primo fulmine colpì il primo albero (o Prometeo regalò il Fuoco agli Uomini, se proprio vogliamo dare corda ai superstiziosi).
PER VIVERE BISOGNA MANGIARE E BERE
A questo punto si tenta di fare accettare alla Comunità Mondiale (l’ONU? È ancora degna di questo nome?) il principio che bisogna salvare le vite soprattutto umane e, in seconda battuta, quelle animali, da dare in pasto eventualmente agli umani, razza carnivora e bisognosa di proteine. E non c’è vita che non sia strettamente legata al mangiare e al bere, come credono di avere scoperto per primi gli inventori dell’Expo2015. Infatti nelle lingue indogermaniche, Greco e Latino comprese, le parole che indicano l’esistere e il mangiare sono stranamente simili, ma ancor più curioso è il fatto che nelle lingue slave esista un ulteriore legame tra le parole indicanti la vita e la pancia. In conclusione la priorità strategica della ricerca (scientifica, se proprio si vuole precisare) deve essere assegnata alla producibilità di cibo e acqua, studiando le catene alimentari e la distribuzione (o redistribuzione) sulla Terra delle sostanze nutrienti che necessitano al metabolismo umano, adeguando le abbondanze di tali sostanze ai volumi locali di popolazione, accertandosi che siano usati tutti i trattamenti per assicurare la commestibilità e la potabilità di cibo e acqua, proteggendo i prodotti freschi o conservati da aggressioni virali o venefiche. A tutto ciò vanno associate le tecniche di coltivazione e preservazione dei prodotti, la cui abbondanza deve essere assicurata proporzionalmente alle persone da nutrire, oggi e negli anni futuri. L’influenza di tutto ciò sulle economie deve essere studiata, ma sempre con criteri di priorità tali che se si notasse un forte impatto di un certo processo alimentare su una data economia si dovrebbe studiare quale processo non alimentare si dovrebbe ritoccare per riequilibrare quell’economia. Questo lungo discorso mi serve per dimostrare che la semplice affermazione che “la ricerca prioritaria deve assicurare a tutti cibo e acqua sufficienti” implica impegni scientifici in tutti i settori: fisico, biomedico, agrotecnologico, ingegneristico, logistico, demografico, economico, eccetera, con uno sforzo intellettuale di dimensioni impressionanti, ma con ottime prospettive di successo globale a breve termine, risultati che non hanno invece ottenuto a nessun livello le ricerche, finte o vere che siano, condotte in 20 anni da quell’accozzaglia di mangiatori a ufo dell’IPCC dell’ONU nei settori del risparmio e dell’efficienza energetica, in quello della protezione (genericamente) ambientale, in quello delle previsioni, rimaste catastrofiche, degli sviluppi di un presunto e mai accertato riscaldamento globale. Non ho certamente né il tempo né i mezzi per valutazioni esatte, ma è certo che l’immensa spesa costata per la lotta, praticamente mai cominciata, contro il fantasma del riscaldamento globale, avrebbe coperto gran parte delle esigenze necessarie a vincere la reale fame e sete nel mondo, ma quel che è certo è che la lotta contro la fame non avrebbe procurato ai signori dell’economia i medesimi profitti che procura loro dal ’94, o, per essere onesti, dal ’73, la non-lotta contro il non-riscaldamento globale
NON BISOGNA SPRECARE I SOLDI PER COMBATTERE L’INESISTENTE RISCALDAMENTO CLOGALE
Si potrebbe paragonare allo stesso modo lo spreco della ricerca contro l’inesistente riscaldamento globale con la mancata ricerca contro la diffusione delle malattie endemiche in Africa, in Asia, e in Centro e Sud America, stando alle ultime notizie su Zyka e la zanzara Aedes Aegypti; ed ora epidemiche, a causa del flusso incontrollato di migranti (e i turisti?) in Europa e Stati Uniti. Senza risalire alle abbastanza contenute epidemie di lebbra del primo millennio e alle micidiali epidemie di peste che hanno coperto i secoli che vanno dalle prime Crociate fino all’epoca (manzoniana) dei Lanzichenecchi (prima metà del 1600), è noto a tutti che l’HIV (che è più o meno l’AIDS), proveniente dall’Africa nella seconda metà del XX secolo, non è stato tuttora debellato, ma solo attenuato e rallentato, e non solo per incapacità degli studiosi, che però sono dirottati dai Governi su altri più lucrosi progetti, ma per negligenza e trascuratezza delle autorità sanitarie mondiali (diamo tutta la colpa all’OMS? O ne attribuiamo una gran parte alle grandi e piccole Case Farmaceutiche? E alla concorrenza degli ambientalisti che vogliono la loro immeritata fetta di torta?). Ho sentito di recente fra gli ospiti televisivi di Fabio Fazio le lezioni di etica date da una forse illustre e ben nutrita biondona, che si dichiarava “vegana” per “motivi solamente umanitari” (comprendendo fra questi la difesa di qualunque specie di essere animato “mobile”, senza pietà per le piante, che hanno radici). Tale stile di vita va dall’abolizione dei formaggi dalla dieta a quella delle calze di lana dall’abbigliamento; riafferma con passione e commozione la necessità di privare i circhi degli animali, dimenticando, come fanno tutti questi ipocriti, di spendere una parola per gli acrobati bambini (e in generale per i bambini “prodigio”, esposti al pubblico, a pagamento, come bestie rare, per esempio nei circhi cinesi e nel multinazionale Cirque du Soleil). Anche per questo tipo di umanità, quella vegana, si spendono nel mondo miliardi di euro, che sarebbero più saggiamente da destinare al miliardo abbondante di popolazione affamata, assetata e soprattutto ammalata. Ho anche letto e sentito di insigni studiosi, di solito sociologi, antropologi e politologi – alcuni dei quali anche, discretamente, imprenditori, il che la dice lunga – che suggeriscono di sospendere aiuti umanitari a tali popolazioni finché non avranno imparato a generare meno figli; o meglio ad alzare i prezzi degli aiuti umanitari per finanziare la ricerca sui problemi demografici Questi personaggi (alcuni “insospettabili” grazie alle loro nobili esternazioni e ai loro “titoli”), che i cittadini informati riconosceranno immediatamente e che sono omaggiati e premiati, sono i nuovi Hitler e Goebbels (e Stalin), che non tarderanno a venire allo scoperto per accelerare gli stermini, se la popolazione di buona volontà non si farà ipnotizzare e non deciderà subito di bloccare la loro ascesa, impresa che però appare utopistica, dati i limiti imposti alla Democrazia perfino dalle più venerate Repubbliche.
SE L’UMANITÀ DA 5000 ANNI AVESSE SEGUITO I DETTAMI DEGLI ODIERNI AMBIENTALISTI, OGGI NON AVREMMO NEANCHE L’OMBRELLO PER RIPARARCI DALLA PIOGGIA
Le mie provocatorie affermazioni intendono suggerire che sui grandi Temi dei problemi dell’Umanità la ricerca scientifica e tecnologica è gravemente, e colpevolmente, trascurata e disattesa e, ripeto nuovamente, non certo per mancanza di mezzi, ma per la loro volutamente errata destinazione; per riassumere e semplificare, si deve dare priorità alla ricerca per la migliore qualità e quantità e distribuzione di acqua, cibo e medicinali, invece di fantasticare sul benefico effetto dei raggi solari (che, fino a prova contraria, può essere il più malefico possibile, grazie ai raggi UV) e dello stile di vita sportivo e spartano (a 2 o 80 anni? Sì, e magari con l’aiuto della Rupe Tarpea… ). In estrema sintesi, io ho sempre sostenuto che se l’Umanità da 5000 anni avesse seguito i dettami degli odierni ambientalisti, oggi non avremmo neanche l’ombrello per ripararci dalla pioggia (per fortuna che ci hanno pensato tempestivamente gli Assiri o i Babilonesi o gli Egiziani, insomma circa 4000 anni fa): perché? Ma perché i nostri Verdi esigono il rispetto della dea pioggia, perbacco! (in realtà è stato più logico concepire l’ombrello come riparo dalla luce e dal sole, ma la sostanza è la stessa). Oggigiorno, poi, una bella copertura leggera in kevlar ha finalmente consentito di sostituire la geniale testuggine delle legioni romane, proteggendo soldati, o forze dell’ordine in generale, da oggetti contundenti provenienti dall’alto: quando si dice progresso tecnologico!
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