(Cichinisio) – I soliti babbei (sono quattro gatti) hanno scritto una valanga di belinate sui social a proposito del mio ultimo articolo. Io non pretendo che un cerebroleso possa comportarsi da persona normale, ma sarebbe il caso che qualcuno lo controlli affinché non faccia ulteriori figuracce. Che so, un parente, un amico, il suo psichiatra, insomma qualcuno che lo preservi dal pubblico ludibrio. Naturalmente non è stato così, e siccome quei quattro idioti, nonché sedicenti tifosi dei Grigi, fanno fatica a leggere perché, oltre ad essere scemi sono anche illetterati, si sono fermati al titolo che hanno commentato ignorando l’articolo. Stavolta scrivo un pezzo con un titolo avulso, così costringo a leggere anche chi, come quei quattro animali, è solito sillabare faticosamente i titoli e bon. Inoltre, visto che questa rubrica, da quando è nata, tende a spostare l’occhio di bue sulle zone d’ombra sia del calcio mandrogno che di quello nazionale, e non vuol fare agiografie a chi è abituato alle lusinghe dei soliti organi di stampa becera che disinformano da sempre gli alessandrini (per questo, in Alessandria, siamo col culo per terra), per i malati ormai inguaribili di autoreferenzialità consiglio di leggere le offerte dell’Esselunga e non quel che scrive Cichi che non vuole piacere a tutti ma, anzi, rompere i coglioni a chi di dovere. E adesso passiamo alla quarta vittoria consecutiva in campionato ottenuta mercoledì sera dai Grigi contro un ottimo Arezzo nel turno infrasettimanale. E qui ritorniamo al titolo provocatorio del precedente Cichinisio: mi si dica sinceramente chi, fra dirigenti, addetti ai lavori e spettatori, una volta sentita la formazione mandata in campo da Braglia contro gli aretini, non abbia pensato ad un’epidemia che aveva decimato i Grigi costretti a scendere in campo schierando le seconde file. Ma non è stato così perché per mister Braglia sono tutti titolari per cui ha intrapreso strade mai battute da altri per arrivare al traguardo di maggio. Cambiare, infatti, sette protagonisti rispetto agli undici che hanno espugnato il Porta Elisa tre giorni prima, tenere in panca chi ti ha fatto vincere le partite precedenti e ha dimostrato di poter fare la differenza, potrebbe sembrare autolesionismo puro. In realtà credo che le scelte di Braglia siano state ispirate da coraggio, fantasia e conoscenza profonda dei meccanismi che sovraintendono alle dinamiche di un gruppo di lavoro, senza ignorare quali siano i rapporti del gruppo di lavoro con la dirigenza. Immaginatevi infatti i musi lunghi di certi ragazzotti che giocano a fare i calciatori professionisti, timorosi del fatto che rischiano di fare tutto il campionato da riserve mentre arrivano vittorie a gogò. E pensate pure a chi ha presentato certi giocatori al mister e adesso non li vede mai utilizzati. Per non parlare del problema delle tre partite da disputare in otto giorni, un tour de force al quale i giocatori di Serie C mediamente non sono abituati né dal punto di vista fisico né mentale. E cosa combina il maremmano? Spariglia, con giudizio e a ragion veduta, ma spariglia.
Poi si passa alla tattica: se voglio far giocare Nicco e Branca e dar loro una chance metto in piedi un centrocampo a tre a loro congeniale e faccio riposare un giocatore fondamentale ma un po’ frusto come Mezavilla. Intanto metto minuti nelle gambe a Sestu che ne ha bisogno come il pane e contemporaneamente Sosa va a fare il terzino destro addosso a quell’indemoniato di Yamga, il più pericoloso dei suoi. E se da quella parte lì il sudamericano spinge poco pazienza, tanto ad attaccare ci pensano dalla cintola in su. Dentro poi Marconi dall’inizio perché c’è bisogno di una punta che faccia reparto, soprattutto nella prima ora di gioco. Quando poi i ragazzi di Sottili inizieranno a rallentare dentro anche Gonzalez e Iocolano con Fischnaller a fare prima il goleador poi, sulle ali dell’entusiasmo, il lavoro sporco dell’esterno.
Detta così, la rivoluzione di Braglia non sembra poi così cervellotica com’è sembrata ai più prima del fischio d’inizio, ma stavolta ci troviamo davanti ad un allenatore che bada al sodo, da toscanaccio verace, e non cede all’effimero per compiacere a chi di calcio non capisce un’emerita minchia ma pontifica credendosi un esperto. Braglia sta lavorando per quelli che la domenica scendono in campo e per chi, su di loro, investe montagne di soldi. Adesso sono arrivati 12 punti in meno di un mese e qualunque cosa dica o faccia Braglia, per il momento è condiviso, gioco forza, anche da quei minchioni che preferiscono certi mezzi mister che allenano preferibilmente dirigenti, giornalisti e tifosi: a quelli è tutto concesso, incapacità e spocchia comprese.
Senza titolo, così siete costretti a leggere l’articolo
