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Luci in Fraschéta

Amnistia, conversione della pena e sovraffollamento delle carceri: un nodo da sciogliere anche qui da noi

18 Novembre 2016 admin_AG Luci in Fraschéta 197

Amnistia, conversione della pena e sovraffollamento delle carceri: un nodo da sciogliere anche qui da noi

Non hanno fatto scalpore, ma avrebbero dovuto farlo ben più degli ultimi fuochi artificiali sparati da madama Rossa prima delle elezioni e che finiscono ancor più per marcare la differenza “pelosa” ed interessata tra il nulla precedente e il qualcosina attuale, i dati forniti dal Garante dei Detenuti, che il Consiglio Comunale di Alessandria ha deciso di nominare a fine 2014. Perché avrebbero dovuto farlo? Perché il professor Davide Petrini, cioè il Garante, è persona che chiama le cose con il proprio nome, non ci gira intorno e fin dalle sue prime parole (“bisogna finalmente decidere se le due carceri della città siano quartieri della stessa o sue discariche”) la politica avrebbe dovuto convergere a ragionare, specie in un momento in cui il problema dell’amnistia non è stato posto solo dai radicali, ma anche da Papa Francesco e dalla Cei e magari si potrebbe pure ricordare che l’ascoltatissimo Presidente Napolitano (quando c’era da mandare via l’odiato Berlusconi) è stato praticamente sbeffeggiato dal Parlamento quando si è permesso – lesa maestà – di chiedere un atto di clemenza, che manca in Italia dal 1990. Peraltro l’Italia preferisce continuare a pagare all’Europa salate sanzioni (e non c’è nessuna Corte dei Conti che intervenga a fermare questo scempio di denaro pubblico) per il sovraffollamento carcerario, che poi significa condizioni inumane all’interno di strutture che già residence non sono.
Ma tant’è. Questo silenzio assenso assordante su discariche, anziché quartieri è ancor più colpevole se si guardano i dati forniti dal Garante, che nell’occasione era affiancato da Bruno Mellano, Garante regionale dei detenuti. Alessandria ha infatti due carceri: il Cantiello-Gaeta (piazza Don Soria) e il San Michele. Nel primo sono recluse 273 persone, ma i posti sono solo 237: tasso di sovraffollamento 115%! Peggio va a San Michele dove sono stipati 314 detenuti contro i 267 posti disponibili: indice di sovraffollamento 132,4%. Se in casa vostra siete in dieci e avete tutti i letti occupati, così come i posti a tavola, provate a dover aggiungere altre 4 persone e vedrete che effetto che fa.
Sono dati che fanno riflettere, specie la politica comunale che da tempo se ne infischia di un’operazione che potrebbe essere condotta con una certa intelligenza e che riguarda la conversione-permuta del carcere Cantiello-Gaeta con la costruzione di nuovi padiglioni, più moderni e confortevoli, a San Michele. Ma sapete, è sempre meglio inaugurare qualcosa fatto da altri, come il Meier, piuttosto che lavorare su un’idea che altri avevano abbozzato, ma non avuto il tempo di realizzare.
Ma c’è di più: l’affollamento oltre il limite della sopportazione (non a caso i detenuti sono inclini a generare proteste anche per altri motivi, permanendo questi di fondo) si supera con due provvedimenti: uno, l’abbiamo già detto, è l’amnistia, l’altro è la conversione di alcune pene minori in affidamenti in prova ai servizi sociali. Anche in questo caso c’è un dato favorevole e uno sfavorevole offerti dal Garante: troppo pochi sono coloro che usufruiscono di misure alternative al carcere (in Alessandria 1 o 2 su 600), mentre ogni studio statistico sulla materia indica che il tasso di recidiva (cioè di ripetere il reato e riessere condannati) è il doppio per chi rimane in carcere senza trattamenti alternativi.
Il dato sulla sicurezza è quindi allarmante: perché ogni 100 persone che escono dal carcere e non hanno subito benefici alternativi sono 50 potenziali persone pronte a delinquere, mentre nel caso opposto sarebbero solo 25. Cioè un tasso di sicurezza immediatamente aumentato del 100%. Non sarebbe inutile che ci si occupasse anche come politici di una materia ove vi sono immani regole da applicare, ma occorre mettere a disposizione anche occasioni. Il Comune di Alessandria al solito fa poco o niente, se si esclude il Museo etnografico della Gambarina, che si avvale di un detenuto. Da tempo vanto questa istituzione per il fatto che vi sia, lavori, produca cultura antropologica praticamente senza veri finanziamenti. Non mi ero sbagliato a farlo. Oggi trovo una ragione in più per farlo.
Per il resto la immane organizzazione comunale che si entusiasma per una nuova panchina o una nuova tribuna in uno stadio vecchio e anche qui non pensa che se ne dovrebbe costruire uno nuovo, traccheggia tra conferenze stampa e sindrome da annuncite cronica. Sarebbe però il caso di non abituarsi a tale comunicazione da regime.

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