La dittatura del pensiero unico procede a tappe avanzate. Interessante come il Comune di Brescia sia all’avanguardia in questa marcia. Dopo la presa di posizione dell’ineffabile vice sindaco Laura Castelletti – che ha definito omofobo chiunque osi criticare la legge sulle unioni gay approvata in parlamento – è arrivato il turno di un collaboratore del Comune che ha rincarato la dose. Per lui bisognerebbe passare dalle parole ai fatti e mandare gli omofobi a rieducare nei lager. Per essere precisi ha citato proprio Bergen Belsen il lager dove morì Anna Frank. Non c’è da stupirsi, il vizietto di “rieducare” gli oppositori del regime è tipico dei sistemi totalitari. Ricordo che la prima bozza del ddl Scalfarotto conteneva la previsione d’una pena accessoria, fortunatamente, poi, cancellata dal testo definitivo. Una volta scontata la pena principale, quella detentiva, l’omofobo – a discrezione del giudice – avrebbe potuto essere sottoposto ad un’ulteriore pena consistente nell’attività lavorativa non retribuita presso associazioni che promuovono e tutelano i cosiddetti diritti omosessuali. Così, giusto per essere rieducati. Sapete come si chiama in cinese tutto questo? Laodong jiaoyang: “Rieducazione attraverso il lavoro”. Tipico dell’ideologia maoista. Per fortuna, poi, questa bestialità giuridica è stata eliminata.
lo non rinuncerò mai al mio diritto alla libertà di opinione. E continuerò a sostenere pubblicamente che quella sulle unioni gay è una legge ingiusta e sciagurata. Anche se dovessi essere condannato ai sei anni di reclusione previsti da ddl Scalfarotto. Sconterei quella pena come ha fatto Aleksandr Isaeviè Solzenicyn, il cantore dei Gulag. Ma ripeto una cosa che ho già detto durante una conferenza stampa: sconterei fino all’ultimo giorno i sei anni di galera, ma una volta uscito dal carcere – quant’è vero Iddio – prima di trascorrere un solo giorno all’Arcigay per essere rieducato, chiederei asilo politico in Russia.