Milano – Argentina di nuovo nell’occhio del ciclone dei mercati. Nonostante la presidenza di Mauricio Macrì (nella foto) abbia riabilitato agli occhi del mondo finanziario e del commercio Buenos Aires dopo gli anni targati Kirchner, nulla sembra far uscire il Paese sudamericano da quella continua altalena tra periodi di crescita sostenuta e improvvisi baratri che la portano a un passo dal precipizio.
La banca centrale dell’Argentina ha rialzato i tassi d’interesse al 40% per fermare la caduta del peso, muovendosi per la terza volta in una settimana e per la seconda in sole 24 ore: il livello ultimo fissato era al 33,25%, cui ha fatto seguito l’ultimo incremento di ben 675 punti base. A inizio settimana si era al 27,25%. Interventi decisi dopo che un’iniezione di 5 miliardi di dollari non è riuscita a a fermare la caduta del peso. La moneta argentina è calata al minimo record di 22,25 per un dollaro. Solo un anno fa era a quota 15 sul biglietto verde: da inizio anno ha perso il 17% e solo giovedì è crollato dell’8,5%, il peggior movimento dal dicembre 2015.
I banchieri centrali hanno fatto sapere che useranno tutti gli strumenti a loro disposizione per placare le turbolenze dei mercati e garantire un raffreddamento dell’inflazione. Sono stati anche abbassati i requisiti richiesti alle banche di riserve in valuta estera, dal 30 al 10 per cento.
Argentina: vola l’inflazione, crolla il Peso e la Banca centrale porta i tassi al 40%
