Milano (Carlotta Scozzari di Business Insider) – L’audizione del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, sul crollo del ponte Morandi di Genova si è trasformata in una vera e propria invettiva nei confronti dei concessionari, dei “padroni delle autostrade” che “si sono arricchiti gestendo beni che appartengono a tutti noi”. Un’invettiva che, a questo punto, non riguarda più la sola Autostrade per l’Italia del gruppo Atlantia, responsabile della tratta relativa al viadotto genovese crollato prima di Ferragosto, ma tutti i concessionari. E poiché, come ha sottolineato lo stesso Toninelli, i due grandi gruppi che si spartiscono gran parte del sistema delle concessioni sono Atlantia, quotata in Borsa e controllata dalla famiglia Benetton, e il gruppo Gavio, presente pure a Piazza Affari con Sias e Astm, l’attenzione ora è rivolta verso quest’ultimo.
Il Gruppo Atlantia e il Gruppo Gavio gestiscono rispettivamente oltre 3.000, e 1.212 chilometri in concessione. Il resto è in mano a piccoli gestori soprattutto a controllo pubblico.
“Nel 2016 – ha detto Toninelli – i ‘signori delle autostrade’ hanno fatturato quasi 7 miliardi. Di essi, 5,7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. Allo stato sono tornati appena 841 milioni. Nel frattempo, dati del mio ministero, gli investimenti sono calati del 20% rispetto al 2015 e per la manutenzione si sono spesi appena 646 milioni, il 7% in meno rispetto all’anno prima”. E quei 7 miliardi di fatturato sulla tratta in concessione autorizzano Toninelli a parlare di “un colosso immane controllato da Atlantia e Gavio che ha realizzato extra profitti di cui, sempre a detta del ministro, “hanno beneficiato totalmente le società concessionarie a discapito dei cittadini che hanno invece visto aumentare i pedaggi” al punto che “la nostra rete autostradale è la più cara d’Europa”. Da qui, ha sottolineato Toninelli, la necessità di “intervenire su un sistema malato che non ha giustificazione né corrispondenza negli altri paesi europei”.
Sì, ma come?
“Questo governo – ha tuonato Toninelli – farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni e degli obblighi convenzionali, valutando di volta in volta se l’interesse pubblico sia meglio tutelato da forme di nazionalizzazione oppure dalla rinegoziazione dei contratti in essere in modo che siano meno sbilanciati a favore dei concessionari”. Quindi, accanto allo spettro di una nuova nazionalizzazione delle attività delle autostrade, agitato ancora ieri dal massimo esponente dei 5 stelle Luigi Di Maio, ora il ministro dei Trasporti lascia spazio a una più blanda revisione dei contratti che potrebbe comunque condurre – almeno da quel che si evince – ad una revisione al ribasso dei pedaggi autostradali.
“Le tariffe – ha sentenziato in più passaggi del suo intervento Toninelli – avrebbero dovuto quantomeno essere drasticamente ridotte”, anche perché, ha sottolineato, il loro aumento non è stato a fronte di un corrispondente aumento degli investimenti da parte dei gestori.
Non solo.
Toninelli si è anche scagliato contro l’attuale sistema di assegnazione e proroga delle concessioni autostradali: “Come abbiamo visto, le vigenti concessioni oggi sono state tutte rinnovate senza passare per una gara pubblica, nonostante il parere contrario dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, che aveva ritenuto lesive tali proroghe dei principi stabiliti a tutela della concorrenza e del mercato”. Da qui, dunque, la possibilità che il governo, come aveva già tentato di fare l’ex ministro Graziano Delrio ma senza successo, spinga per reintrodurre la modalità della gara pubblica per la conferma di una concessione in essere.
Da questo punto vista, chi rischia di più è proprio il Gruppo Gavio, che conta concessioni più vicine alla scadenza rispetto al Gruppo Atlantia. Quest’ultimo, infatti, se si esclude Autostrade Meridionali che opera con una concessione già scaduta nel 2012, dovrà porsi il problema dal 2032, quando cioè giungerà a termine il contratto relativo al raccordo autostradale Valle D’Aosta (di cui Atlantia ha quasi il 50%), mentre la concessione di Autostrade per l’Italia, come spesso ripetuto in questo periodo, terminerà nel 2038.
Molto più stringenti i tempi per il gruppo Gavio, che già il 31 luglio 2019, tra meno di un anno, sarà costretto a fare i conti con la scadenza della concessione della Salt (Sestri Levante-Livorno, Viareggio-Lucca e Fornola-La Spezia), mentre il 30 novembre 2021 dovrà fronteggiare quella dell’Autostrada dei Fiori Savona-Ventimiglia e il 31 dicembre 2026 quella della Satap Torino-Milano (da notare che la concessione della Satap Torino-Piacenza è scaduta nel 2017 e la gestione è attualmente in proroga, in attesa del nuovo concessionario).
Certo, in caso di irregolarità o ingiustizie riscontrate, i concessionari possono sempre promuovere ricorso e seguire la strada del contenzioso come è successo spesso in passato. Si pensi, per esempio, alle numerose cause promosse perché i concessionari ritenevano gli aumenti tariffari approvati dal ministero inadeguati. Anche da questo punto di vista, però, da Toninelli è arrivato un avvertimento piuttosto chiaro: nonostante gli indiscutibili vantaggi che a detta del ministro hanno avuto in questi anni, “c’è un enorme ricorso al contenzioso da parte delle concessionarie, con un utilizzo strumentale della giustizia”, perciò “è necessario ristabilire un rapporto fisiologico tra concedente e concessionario anche attraverso l’adozione di misure punitive nei confronti delle società nel caso di ricorsi manifestamente strumentali. In questa logica risulta altrettanto fondamentale prevedere che eventuali sanzioni e penali a carico delle società non siano ambiguamente traslate sull’utenza”.
Nella foto: Beniamino Gavio con Giovanni Castellucci, amministratore delegato delle società Autostrade per l’Italia e di Atlantia S.p.A..