• HOME
  • PRIMO PIANO
    • ORIZZONTI di Luca Ubaldeschi
  • VIDEO
    • Bar sport
    • Gente di calcio
    • Gentleman driver
    • Inchieste
    • Opinioni
    • Video Notizie
    • Web radio
  • CRONACA
    • Nera
    • Bianca
    • Incidenti
    • Incidenti stradali
    • Torino
    • Asti
    • Italia
    • Mondo
    • Lavoro
    • Politica
    • Servizi Pubblici
    • Ambiente
    • Varie
  • ATTUALITÀ
    • Ambiente
    • ECONOMIA e FINANZA
    • Lavoro
    • Manifestazioni
    • Politica
    • Società
    • Servizi
    • Varie
  • RUBRICHE
    • Tecnologia
    • Moda
    • Motori
    • Dentro la notizia
    • Maligne Deduzioni
    • Concetti fuori tema
    • Fisco, sport e dintorni
    • Logica e fede
    • Storia e civiltà
    • Luci in Fraschéta
    • L’angolo del buonumore
    • Bau Miao
    • Il vagone maledetto
    • SOS consumatori
    • Il Capitale di Carlo Marx
    • Breve storia degli ebrei nella nostra provincia
  • SPORT
    • Calcio
    • Calcio parlato
    • Altri sport
    • Pronostici e scommesse
  • APPROFONDIMENTI
    • LIBRI USATI
  • MUSICA
  • CINEMA
    • FILM in programmazione
  • Log in
Alessandria Oggi
  • lunedì 1 Marzo 2021 - 14:41
  • CONTATTI
  • Log in
Alessandria Oggi
  • HOME
  • PRIMO PIANO
    • ORIZZONTI di Luca Ubaldeschi
  • VIDEO
    • Bar sport
    • Gente di calcio
    • Gentleman driver
    • Inchieste
    • Opinioni
    • Video Notizie
    • Web radio
  • CRONACA
    • Nera
    • Bianca
    • Incidenti
    • Incidenti stradali
    • Torino
    • Asti
    • Italia
    • Mondo
    • Lavoro
    • Politica
    • Servizi Pubblici
    • Ambiente
    • Varie
  • ATTUALITÀ
    • Ambiente
    • ECONOMIA e FINANZA
    • Lavoro
    • Manifestazioni
    • Politica
    • Società
    • Servizi
    • Varie
  • RUBRICHE
    • Tecnologia
    • Moda
    • Motori
    • Dentro la notizia
    • Maligne Deduzioni
    • Concetti fuori tema
    • Fisco, sport e dintorni
    • Logica e fede
    • Storia e civiltà
    • Luci in Fraschéta
    • L’angolo del buonumore
    • Bau Miao
    • Il vagone maledetto
    • SOS consumatori
    • Il Capitale di Carlo Marx
    • Breve storia degli ebrei nella nostra provincia
  • SPORT
    • Calcio
    • Calcio parlato
    • Altri sport
    • Pronostici e scommesse
  • APPROFONDIMENTI
    • LIBRI USATI
  • MUSICA
  • CINEMA
    • FILM in programmazione
Home
RUBRICHE
Moda

Il coronavirus ha schiantato la moda

13 Aprile 2020adminModa226

Il coronavirus ha schiantato la moda

Danni per miliardi di euro, licenziamenti, negozi chiusi, sfilate cancellate, ordini saltati

Anche il mondo della moda è stato duramente colpito dalla crisi causata dal coronavirus: in un mercato che vale globalmente circa 2.300 miliardi di euro, le perdite saranno preoccupanti ed è possibile che il settore uscirà dalla crisi non solo molto danneggiato ma radicalmente cambiato. L’intero sistema produttivo è saltato, travolgendo milioni di persone in decine di paesi diversi: dall’operaio che lavora nella fabbrica tessile in Bangladesh al commesso di H&M a Milano, dai giornalisti e fotografi delle riviste di moda fino a stilisti, modelli e influencer di tutto il mondo.
Il Post ha fatto una newsletter sul coronavirus, per aggiornare e informare sulle cose da sapere e su quelle da capire: ci si iscrive qui.
La moda infatti si regge su un lavoro globale talmente concatenato che farà fatica a riprendersi anche a causa dei diversi stadi temporali di sviluppo del contagio: un paese che è costretto all’isolamento trascina con sé gli altri, e una volta che rientra nella normalità deve fare i conti con le restrizioni approvate nel frattempo dalle altre nazioni, come è successo per esempio in Cina.
Cosa sta succedendo, in breve
La maggior parte delle aziende di lusso e delle catene di fast fashion (che vendono abbigliamento economico e alla moda, come H&M e Zara) commissionano i loro vestiti dove il costo del lavoro è basso, come in Bangladesh, in Vietnam e in Cina, o la produzione altamente specializzata, come l’artigianato di qualità e la pelletteria in Italia. Qui i capi vengono confezionati con mesi di anticipo rispetto a quando arriveranno nei negozi (nella fast fashion i tempi sono molto più brevi) e poi spediti nei magazzini dei committenti.
I marchi vendono i loro prodotti direttamente – sul loro sito e nei loro negozi – oppure sui grandi rivenditori online come Asos, Net-a-Porter, Lyst e Alibaba, in piccoli e medi negozi di abbigliamento e grandi magazzini fisici, anche di lusso, come la Rinascente, le gallerie Lafayette in Francia, Nordstorm negli Stati Uniti. Attorno al lavoro di vendita e produzione ruotano molte altre figure: giornalisti di moda, fotografi, videomaker, modelle, stylist, truccatori, spedizionieri, magazzinieri, gli affittuari di grandi e piccoli negozi e altre ancora.
L’epidemia ha bloccato tutto il meccanismo. La chiusura delle fabbriche a febbraio in Cina ha fermato molti ordini delle aziende occidentali che, in alcuni casi, li hanno trasferiti in altri paesi. Dal 12 marzo anche l’Italia ha interrotto quasi tutta la produzione, facendo saltare i programmi dei marchi di lusso che contano sui suoi laboratori artigianali e di alta moda e anche quelli delle fabbriche cinesi, rimaste senza pelle per produrre scarpe, borse e interni d’auto. Contemporaneamente molti compratori stranieri hanno cancellato gli ordini di tessuti e abiti confezionati in Italia.
Carlo Capasa, presidente della Camera della moda italiana, ha scritto in una lettera aperta rivolta al governo e pubblicata su Repubblica l’11 aprile che se la chiusura delle fabbriche continuerà oltre il 20 aprile la moda italiana rischia di perdere la sua preminenza europea. Capasa ha ricordato che «siamo il primo Paese in Europa per la produzione del tessile, abbigliamento e accessori, staccando di 30 punti la Germania e di 43 la Francia. Il 41 per cento della produzione europea di moda è quindi fatto in Italia» e ha spiegato che «La moda è un’industria stagionale, riparte ogni sei mesi con nuove collezioni che vanno presentate e vendute e consegnate. I tempi di preparazione delle collezioni e di produzione delle stagioni sono lunghi e purtroppo non tanto comprimibili. […] Se non riapriremo le nostre aziende entro il 20 di aprile non avremo i tempi tecnici per consegnare le produzioni autunno/inverno che vanno inviate entro luglio in tutto il mondo. Non potremo produrre le collezioni primavera/estate 2021 per la vendita di giugno che dovrà essere fatta anche a distanza agli addetti ai lavori». Capasa ha quindi chiesto al governo di riaprire tutte le aziende del settore, garantendo il rispetto delle norme di sicurezza.
Al blocco della produzione è seguita la chiusura dei negozi fisici in mezzo mondo, che ha fatto crollare drasticamente la domanda. È ancora possibile acquistare online sui siti di molti negozi e rivenditori (non tutti: Net-a-Porter per esempio ha sospeso gli ordini dal 25 marzo) ma le vendite online non compensano quelle nei negozi fisici e nel settore del lusso coprono solo il 10 per cento. Soprattutto, le persone hanno meno voglia di comprare vestiti: pesano l’incertezza del futuro, le difficoltà economiche e anche il semplice obbligo di restare a casa.
Negozi chiusi, ordini cancellati
La chiusura dei negozi ha provocato conseguenze a catena. Quasi tutti si ritrovano con un’enorme quantità di merce invenduta della collezione della primavera/estate 2020. Molti grandi magazzini stanno offrendo online grossi sconti sulle collezioni primaverili, anche del 40 per cento, con un anticipo di almeno due mesi: è un modo per ricavare quel che si può, ma causa comunque notevoli perdite e svaluta il marchio. Alcuni rivenditori, per esempio Asos, hanno portato a 90 o addirittura 120 giorni il tempo per restituire la merce e chiedere i rimborsi, ritardando l’arrivo dei ricavi per produttori e stilisti in un momento in cui ne hanno fortemente bisogno.
Molti negozi hanno già cancellato gli ordini delle collezioni pre-autunno, alcuni hanno cancellato anche quelli delle collezioni per l’autunno/inverno, aspettandosi quindi un calo delle vendite per tutto settembre e ottobre.
Numerose aziende hanno bloccato gli ordini che avevano commissionato mesi prima alle fabbriche asiatiche, e in alcuni casi si sono rifiutate di ricevere e pagare quelli già pronti. In Bangladesh per esempio dall’inizio della pandemia sono stati cancellati o sospesi ordini per oltre 2,6 miliardi di euro, non consentendo alle fabbriche di coprire il costo delle materie prime e della manodopera: più del 72 per cento dei compratori nel primo caso e oltre il 91 per cento nel secondo. Di conseguenza più di un milione di impiegati nel settore dell’abbigliamento sono già stati licenziati o si trovano comunque a casa, molti senza ricevere lo stipendio.
I grossi gruppi sono costretti a cancellare gli ordini anche a causa di magazzini strapieni, dove non c’è più spazio per sistemare nuovi arrivi. In Regno Unito per esempio sono stipate merci per un valore di circa 11 miliardi di euro.
H&M e Inditex, il gruppo spagnolo che possiede Zara, si sono impegnati a pagare tutti gli ordini fatti e a ricevere quelli in consegna; Primark, una delle principali catene di fast fashion al mondo, pagherà gli ordini già fatti ma non ne farà altri, dovendosi già occupare di magazzini strapieni. Gap ha messo in pausa la produzione dall’estate in poi e accetterà soltanto gli ordini già pronti destinati alla vendita online, con grosse conseguenze sulle fabbriche in Bangladesh, Vietnam, Cambogia e Indonesia.
In Italia il mercato della moda vale 97 miliardi di euro, due terzi dei quali per le esportazioni. Secondo stime preliminari di Confindustria Moda, gli impiegati in cassa integrazione sono almeno 550mila su un totale di 580mila; 30mila sono infatti impiegati nelle fabbriche che producono occhiali e tessuto non tessuto (usato per esempio per le mascherine), che possono continuare a operare ma non è certo che lo stiano facendo. È particolarmente colpita la Toscana, dove dal 25 marzo il prospero settore tessile è stato chiuso al 90 per cento. Resteranno aperte solo le aziende legate alla produzione di camici e mascherine, che impiegano il 14 per cento degli addetti del settore; i restanti riceveranno la cassa integrazione.
All’estero però non tutte le fabbriche sono state chiuse per decreto, come in Italia. In alcuni paesi dell’Africa occidentale si applicano le stesse misure prese durante l’epidemia di Ebola nel 2014-2016: sanificazione regolare degli ambienti, distribuzione di guanti e mascherine, nuove postazioni per lavarsi le mani. Saitex, che produce denim in Vietnam, controlla la temperatura a tutti gli operai e disinfetta le fabbriche ogni settimana; in Afghanistan le esportazioni di seta sono saltate perché troppi lavoratori erano finiti in malattia; in Eritrea la produzione si è fermata perché i responsabili europei delle fabbriche sono tornati a casa all’inizio del contagio.
Trasporto, vendita online e affitto
I sistemi logistici sono in crisi dopo la decisione delle compagnie aeree di sospendere i voli commerciali. Molte merci venivano infatti trasportate nelle stive degli aerei passeggeri, mentre ora bisogna affidarsi a jet privati molto più costosi.
Le consegne online sono rallentate per garantire le norme di sicurezza, come la distanza minima di un metro tra i dipendenti, la diminuzione delle ore di lavoro e le frequenti sanificazioni degli ambienti. Molti rivenditori, tra cui Amazon, danno priorità a beni di prima necessità, facendo slittare le consegne di vestiti e accessori. Il sistema è diventato più lento, costoso e meno affidabile e molti hanno deciso di rinunciarvi e chiudere del tutto, come per esempio la britannica Stella McCartney, il rivenditore di lusso italiano Net-a-Porter e il gruppo emiliano Max Mara.
Un altro grosso problema, per le piccole boutique come per i grandi magazzini, è il costo degli affitti, che può arrivare anche al 20 per cento dei ricavi. Gli affitti esosi affliggono da anni la vendita al dettaglio e hanno contribuito al fallimento di catene storiche, come Barney’s New York. Ora la situazione si è aggravata e grossi marchi hanno già detto che non saranno in grado di pagare l’affitto questo mese o fino a tempo “indeterminato”, come nel caso di Urban Outfitters e di H&M.
Alcuni hanno proposto di rimandare il pagamento degli affitti a fine anno o direttamente al 2021, ma non tutti possono permetterselo, dovendo nel frattempo pagarci sopra le tasse. Intanto in questo trimestre due dei più grandi proprietari di centri commerciali britannici hanno raccolto meno del 40 per cento degli affitti dovuti.
Cassa integrazione, ore ridotte, amministrazione controllata
In tutto il mondo centinaia di migliaia di commessi, sarti e operai sono stati licenziati o messi in cassa integrazione. H&M ha chiuso 3.441 dei suoi 5.062 negozi e metterà in cassa integrazione o a part time un numero non precisato di dipendenti che si aggira sulle decine di migliaia; inoltre non distribuirà i dividendi agli azionisti a fine anno.
Ralph Lauren ha messo i dipendenti dei suoi negozi americani in astensione non retribuita (una specie di cassa integrazione non pagata), lo stilista rinuncerà al suo stipendio mentre il direttore esecutivo Patrice Louvet dimezzerà il suo salario. Capri Holding, che possiede Versace, ha previsto una misura simile per i suoi 7.000 dipendenti in Nord America, mentre i suoi dirigenti avranno lo stipendio dimezzato, compresi gli stilisti Michael Kors e Donatella Versace. I grandi magazzini americani Macy’s faranno lo stesso con quasi tutti i loro 125mila dipendenti.
Altre aziende come Hermès e Chanel non si appoggeranno agli aiuti finanziari offerti dallo Stato per non gravare sui conti pubblici e riservarli a piccole aziende in difficoltà; rinunceranno quindi alla cassa integrazione impegnandosi a pagare interamente lo stipendio ai loro dipendenti. Il loro esempio è stato seguito dai grandi gruppi del lusso francese LVMH (che controlla, tra gli altri, Louis Vuitton) e Kering (che possiede Gucci e Balenciaga). Qui c’è un elenco abbastanza completo delle grandi aziende che hanno ridotto o tagliato gli stipendi al personale.
Intanto stanno già chiudendo i primi marchi e rivenditori: i grandi magazzini di lusso Neimar Marcus sono in trattativa per chiedere l’amministrazione controllata mentre The Modist, il più importante rivenditore di moda modesta al mondo, ha definitivamente chiuso dopo i primi mesi di crisi.
Per finire, anche gli stilisti emergenti e indipendenti potrebbero non riprendersi più. Si appoggiano soprattutto sui grandi rivenditori, con contratti che consentono loro di non pagare la merce se ritarda di 30 giorni, cosa molto probabile data la situazione. In questo periodo devono affrontare le spese delle sfilate che si sono svolte a gennaio e febbraio e pagare le fabbriche per produrre le collezioni presentate; probabilmente hanno anche anticipato i costi delle collezioni estive.
Senza sfilate per una stagione
La crisi del coronavirus è iniziata nel pieno della Settimana della moda di Milano (18-24 febbraio), quando le principali aziende italiane hanno presentato le collezioni per l’autunno/inverno 2020-2021. In Cina il contagio aveva impedito la partecipazione dei buyer (cioè chi decide quali vestiti comprare per grandi magazzini e rivenditori), clienti e giornalisti cinesi, per cui erano stati organizzati streaming delle sfilate e presentazioni online. L’evento si era concluso con le sfilate a porte chiuse di Laura Biagiotti e di Armani, mentre Moncler aveva cancellato la presentazione al pubblico del suo progetto Genius.
Molte collezioni avevano già un messaggio cupo, distopico, da fine del mondo, che era proseguito anche nelle sfilate di Parigi e culminato in quella di Balenciaga, con modelli dai visi e dai corpi deformati che camminavano faticosamente e rabbiosamente a pelo d’acqua. Le sfilate si sono concluse il 3 marzo e per molti mesi saranno le ultime che vedremo: quasi tutti gli eventi legati alla moda sono stati infatti via via cancellati fino a settembre.
Tra i più importanti ci sono le sfilate cruise, che si tengono tra aprile e maggio e vengono solitamente organizzate in posti esotici, lontani dai tradizionali circuiti della moda. Alcune sono state cancellate, come quella di Gucci a San Francisco, di Max Mara a San Pietroburgo e la Métiers d’Art di Chanel (dedicata ai suoi atelier artigianali) di Pechino e poi Londra; altre sono state rimandate: Armani a Dubai da aprile a novembre, Dior in programma a maggio a Lecce, Prada prevista sempre per maggio a Tokyo.
Sono state rimandate le settimane della moda maschile di Londra e quella di Parigi che avrebbero presentato, a giugno, le collezioni per il prossimo autunno/inverno ed è stata cancellata anche la haute couture, cioè l’alta moda, a Parigi. La settimana italiana dedicata alla moda maschile, in programma a Milano a giugno, è stata invece rimandata e verrà presentata a settembre insieme a quella femminile. Anche Pitti Uomo, una delle più importanti fiere di abbigliamento maschile che si tiene a Firenze, è stata spostata da giugno al 2-4 settembre.
Per finire è stato rimandato a data da destinarsi il Met Gala, il più importante evento di moda al mondo, una specie di Oscar della moda, che si tiene sempre il primo lunedì di maggio. Si svolgeranno più avanti e non a giugno anche i CFDA Fashion Awards, i prestigiosi premi della Camera della moda statunitense.
È difficile quantificare e immaginare i danni economici (anche nel mondo del turismo e della ristorazione), artistici, culturali che comporterà lo smantellamento di questi appuntamenti. Allo stesso tempo, il sistema delle sfilate era in crisi da tempo: gli stilisti sono in genere costretti a sfornare una nuova collezione dietro l’altra, mentre giornalisti, compratori, fotografi, modelle, girano il mondo senza sosta, vanificando gli appelli a una moda più ecosostenibile.
Alcuni sostengono che sia l’occasione di ripensare il vecchio sistema, obsoleto, dispendioso ed eccessivamente frenetico. Secondo alcuni esperti si continueranno a fare le sfilate ma probabilmente saranno ridotte a due principali nel corso dell’anno (quella per l’autunno/inverno e quella per la primavera/estate) e saranno mostrate in streaming, prendendo esempio dalla Settimana della moda di Shanghai (24-30 marzo), la prima unicamente online. Altri propongono di raccogliere tutte le sfilate secondarie (le miriadi di presentazioni internazionali che affiancano le quattro principali di Londra, New York, Parigi e Milano) in un unico evento mondiale simile alle Olimpiadi.
– Ascolta: La moda un po’ più per tutti
Nel frattempo, mentre molti stilisti hanno detto di non sentirsi dell’umore di disegnare nuove collezioni, bisogna decidere cosa fare con quelle già pronte. Tra le proposte più discusse c’è quella di Francesco Tombolini, presidente della Camera dei buyer, che vorrebbe riproporre nel 2021 le collezioni per la primavera/estate del 2020 (quelle, in teoria, attualmente nei negozi), saltando di fatto una stagione. Giorgio Armani ha detto che manterrà la collezione estiva nei negozi fino a settembre e che d’ora in poi continuerà a farlo sempre, augurandosi un ripensamento e un rallentamento di tutto il sistema.
Riviste, comunicazione e influencer
La crisi travolgerà su molti fronti anche il mondo dei giornali e delle riviste di moda: dovranno affrontare i tagli delle pubblicità (una delle prime cose a cui potrebbero rinunciare le aziende), numerose difficoltà pratiche a partire dall’impossibilità di scattare servizi fotografici con le nuove collezioni (ma quegli abiti finiranno poi nei negozi?) e riuscire ad azzeccare i contenuti e i toni giusti, senza sembrare troppo sconnessi dagli interessi e dalle preoccupazioni del momento. Un servizio molto apprezzato, per esempio, è quello di Willy Vanderperre per i-D che ha fotografato 19 modelle videochiamandole nelle loro case.

Print Friendly, PDF & EmailSTAMPA, salva in PDF o condividi l'articolo via E-MAIL ...

Condividi su ...

FacebookTwitterLinkedInWhatsApp
Next articleCoronavirus: morto l'ex sindaco di Moncalvo Giovanni Verrua
Previous articleCovid Italia: il contagio continua a rallentare

Articoli correlati

Cuoio di Toscana esordisce nell’abbigliamentoModa
25 Febbraio 2021

Cuoio di Toscana esordisce nell’abbigliamento

Prada, nel talk digitale spazio agli ospiti, attesi anche Marc Jacobs e Rem KoolhaasModa
24 Febbraio 2021

Prada, nel talk digitale spazio agli ospiti, attesi anche Marc Jacobs e Rem Koolhaas

Moda: Made in Italy meno peggio del previstoModa
18 Febbraio 2021

Moda: Made in Italy meno peggio del previsto

Ultimi articoli pubblicati
1 Mar1:42 PM
ATTUALITÀ

Dobbiamo essere amici del Lupo, esempio di grande equilibrio e innocuo per noi umani

1 Mar1:28 PM
RICEVIAMO e PUBBLICHIAMO

Da Slala Alessandria: Torino – Genova, l’attualità della linea ferroviaria realizzata a metà 1800

1 Mar1:21 PM
SPORT

Calcio femminile: l’Alessandria perde in casa contro il Pinerolo, ora la strada si salvezza si complica

1 Mar1:14 PM
SPORT

Pallacanestro Serie B: una Fortitudo Alessandria incerottata cede all’Andrea Costa Imola

1 Mar10:27 AM
SPORT

Hockey in Line: alla prima gara playoff Monleale sfiora solo la vittoria ma a passare è Real Torino

1 Mar9:12 AM
SPORT

Calcio Serie D: Derthona cade in trasferta contro l’Imperia, il Casale si arrende al “Palli” alla Castellanzese

1 Mar9:00 AM
SPORT

Skeleton: la monferrina Valentina Margaglio campionessa italiana in Austria

I più letti
Moncalvo: uno strano abbraccio rituale fra il Papa e MacronVIDEO

Moncalvo: uno strano abbraccio rituale fra il Papa e Macron

2 Lug 2018105868
Gravissimo a Tortona sospetto contagiato da Coronavirus, i suoi familiari isolati in casa dall'AslPRIMO PIANO

Gravissimo a Tortona sospetto contagiato da Coronavirus, i suoi familiari isolati in casa dall'Asl

1 Mar 202065730
Berlusconi tiene in pugno Salvini e la LegaVIDEO

Berlusconi tiene in pugno Salvini e la Lega

20 Apr 201852934
Un amore troppo grande per vivere senza: lasciato, si uccidePRIMO PIANO

Un amore troppo grande per vivere senza: lasciato, si uccide

17 Apr 201951677
L'architetto Emanuele Gatti ci ha lasciati: s'è tolto la vita impiccandosi alla caldaiaPRIMO PIANO

L'architetto Emanuele Gatti ci ha lasciati: s'è tolto la vita impiccandosi alla caldaia

24 Ott 202048049
Audio interviste
  • Intervista a Ugo CavalleraGianmaria Zanier
  • Intervista a Titti PalazzettiGianmaria Zanier
  • Intervista a Gianna DondoGianmaria Zanier
  • Intervista ad Antonio Frisullo, Enrico Bertero e Mirko PizzorniGianmaria Zanier
  • Intervista a Rita RossaGianmaria Zanier
  • Intervista ad Alfredo SacchiGianmaria Zanier
  • Intervista a Pier Giuseppe RossiGianmaria Zanier
  • Intervista a Giorgio AbonanteGianmaria Zanier
  • Intervista a Emanuele GattiGianmaria Zanier
I Video di Alessandria oggi
La Grassa: le Sardine piacciono al gatto di SalviniVIDEO

La Grassa: le Sardine piacciono al gatto di Salvini

27 Nov 2019
La Grassa: una sinistra che non c'è con un premier che non c'èVIDEO

La Grassa: una sinistra che non c'è con un premier che non c'è

30 Ott 2019
Un governo abborracciato e una Chiesa in declino daranno il colpo di grazia all'ItaliaVIDEO

Un governo abborracciato e una Chiesa in declino daranno il colpo di grazia all'Italia

18 Ott 2019
Moncalvo: i due Matteo alla corte di VerdiniVIDEO

Moncalvo: i due Matteo alla corte di Verdini

2 Ott 2019
La Grassa: Conte 2 e l'arte italiana di arrangiarsi... male, malissimoVIDEO

La Grassa: Conte 2 e l'arte italiana di arrangiarsi... male, malissimo

17 Set 2019
  • HOME
  • PRIMO PIANO
  • VIDEO
  • CRONACA
  • ATTUALITÀ
  • RUBRICHE
  • SPORT
  • APPROFONDIMENTI
  • MUSICA
  • CINEMA
  • Back to top
Alessandria Oggi

Direttore responsabile: Andrea Guenna

Direzione e Redazione: Via Savonarola 74 - 15121 Alessandria
Tel.: 0131 974045 | Cell.: 349 3066245
Produzione video e multimedia: Via Pontida 10 - 15121 Alessandria - Cell.: 349 3066245

E-mail: redazione@alessandriaoggi.it

Per maggiori informazioni contattaci ...
© Alessandria Oggi.
Quotidiano on line iscritto in data 8 giugno 2009 al n. 625
del Registro Stampa del Tribunale di Alessandria.
Privacy e Cookie Policy
Progetto web a cura di salotto creativo