Novi Ligure – ArcelorMittal resterà a capo dell’ex Ilva. E questo anche se lo Stato entrerà in AmInvestCo. I risultati della due diligence in corso non arriveranno prima delle elezioni regionali. Invitalia ha un budget di 470 milioni. Lo scorso 1° agosto il ministro dello Sviluppo economico ha ammesso che il governo non ha ancora deciso se partecipare con una quota di maggioranza o minoranza.
Ad ogni modo, al di là della distribuzione della quote, secondo quanto affermato da una fonte vicina al dossier “i patti parasociali stabiliranno che la governance resterà in mano al socio industriale. Questione di management, per gestire un’industria siderurgica di quelle dimensioni e complessità servono competenze che ArcelorMittal ha e il pubblico non saprebbe dove reperire”.
Secondo voci di corridoio, più che agli aspetti gestionali, lo Stato sarebbe interessato a dare l’indirizzo politico del nuovo piano industriale green proprio per “indirizzare il piano industriale”.
Il governo punta ad “anticipare l’ingresso in società” rispetto a quanto previsto dall’accordo del 4 marzo, che stabilisce che l’aumento di capitale dovrà essere “contestuale al pagamento del prezzo acquisto” degli asset da parte di AmInvestCo – cioè maggio 2022, quando gli impianti di Taranto si stima saranno dissequestrati.
Invitalia, secondo indiscrezioni, in sede di trattativa avrebbe già palesato l’intenzione di anticipare i tempi dell’ingresso in società, un fatto che ha suscitato insofferenza nella controparte. D’altronde le posizioni delle due parti sul nuovo piano industriale per l’ex Ilva sono distantissime. Il piano del governo abbozzato nel contratto del 4 marzo prevede 10.700 addetti, 2 forni elettrici, la ristrutturazione dell’altoforno 5 di Taranto e 8 milioni di tonnellate di acciaio prodotte l’anno. Il piano di Mittal prevede invece 7.500 addetti e una produzione di 6 milioni di tonnellate realizzata con gli altoforni 1, 2 e 4 sino al 2024-2025, quando entrerebbe in funzione un solo forno elettrico.
L’accordo del 4 marzo prevedeva la prosecuzione del contratto di affitto con diverse modalità di pagamento del canone, sulla base di un nuovo piano industriale condiviso tra le parti. Le diverse modalità di pagamento del canone consistevano in uno sconto del 50%, che con la crisi Covid Mittal ha trasformato in 100% non avendo versato il canone né a maggio né ad agosto.
L’accordo di marzo prevede l’anticipazione del termine per l’acquisto dei rami d’azienda e l’adozione di un nuovo piano industriale green condiviso tra Stato e Mittal. Entro il 30 novembre dovrà essere firmato il contratto di investimento che prevede l’ingresso del pubblico in Ami: se ciò non accadesse entro il 30 novembre, Mittal potrà andarsene pagando 500 milioni.
Il governo ora preme per anticipare l’ingresso e Mittal fa invece resistenza. Da quanto risulta le banche advisor preposte alla valorizzazione della società ancora non sono state incaricate. Il governo guarda al voto in Puglia. Dopodiché resteranno due mesi per mettere in piedi un piano industriale da presentare ai sindacati entro il 30 novembre.
Ex Iilva, prossimo un ingresso dello Stato ma Mittal resterà a capo dell’azienda: “questione di management, servono competenze che il pubblico non ha”
