Bosco Marengo (m.c.) – Dopo che è uscita la notizia sull’ipotetica presenza di radioattività nel sito della FN a causa del sotterramento di bidoni contenenti sostanze inquinanti, per l’eccessivo allarme su un fatto del tutto trascurabile, riportato in base a dati quasi inesistenti, qualcuno è corso ai ripari e – udite, udite – il solito ex foglio della FCA, per rimediare alla bufala di ieri, oggi scrive: “Nessun bidone interrato di rifiuti tossici nell’area ex FN a Bosco Marengo […], la radioattività deriva da Chernobyl”. A sostenere una simile sciocchezza sarebbe stata la Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) oggi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, incaricata di smantellare il sito nucleare di Bosco Marengo, secondo la quale quei dati indicherebbero una “leggera anomalia radiometrica, a una profondità di un metro e mezzo, riconducibile al fall-out (ricaduta: n.d.r.) di Chernobyl, presumibilmente concentratasi in quel punto a causa del seppellimento di vegetazione prodotta dalla manutenzione delle aree verdi dell’impianto, successivamente all’evento di Chernobyl”. La scoperta sarebbe avvenuta in seguito agli scavi per la bonifica di materiali sotterrati in passato nell’area di rispetto del sito: plastica, ferro, cemento, legno e fusti petroliferi. Ciò sarebbe sufficiente a dire che una decina di alberi piantati all’epoca dell’incidente di Chernobyl avrebbe “beccato” le radiazioni a ricaduta, a 1.800 chilometri di distanza in linea d’aria dal luogo dell’incidente nucleare e che, una volta sotterrati, avrebbero sprigionato radiazioni fino a oggi. Naturalmente tutto ciò avveniva mentre tutti gli altri alberi della zona non subivano la stessa contaminazione (?).
Chi scrive non ci casca e, tornando a Chernobyl, invita a leggere quanto riportato Unscear (Comitato scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni – cliccare per credere http://www.unscear.org/unscear/en/chernobyl.html) che ha prodotto un rapporto sulle conseguenze sanitarie di Chernobyl.
Vi si può leggere, per esempio, che in 25 anni il numero di decessi attribuibili direttamente a quell’evento siano stati meno di 50. E, quanto alle conseguenze sanitarie, a parte un notevole incremento di casi di tumori alla tiroide (6.000 casi con 15 decessi nelle aree di Ucraina, Russia e Bielorussia) there is no evidence of a major public health impact attributable to radiation exposure two decades after the accident: “Non si è osservato nessun aumento di incidenza di alcuna radiopatologia, non leucemie, non tumori solidi, non effetti genotossici, non malformazioni”.
Ma gli alberelli di Bosco Marengo sono stati contaminati.
Quelli di Unscear sono scienziati e noi cronisti, per cui non aggiungiamo una virgola.
Gli è che in Ucraina hanno già installato, dal tempo di Chernobyl a oggi, altri nove reattori nucleari, di cui due ancora in costruzione, mentre si prevede che ne saranno costruiti altri venti entro il 2050. E nessuno dice niente.
I fatti sono questi e tutto il resto è aria fritta, compresa la dichiarazione di Sogin a proposito delle FN. Ma Sogin è una creazione del compagno Bersani che non distingue una Farmacia da una Parafarmacia.
In ogni caso riesce difficile credere che a Bosco Marengo siano rimaste per 34 anni emissioni radioattive derivanti dal disastro di Chernobyl del 1986. Diciamo la verità, per una volta, una volta soltanto: a Bosco Marengo non è successo un tubo.
Quando l’è peso el tacòn del buso.
Fabbricazioni Nucleari: “Quando l’è peso el tacòn del buso”
