Alessandria (Andrea Guenna) – E adesso chi risarcisce Luciano Vandone, segnato per sempre da un dolore livido che probabilmente non passerà mai più? Retaggio d’un processo assurdo, basato su accuse inesistenti, voluto da una certa politica forcaiola, criminale e brigatista, da un pm comunista che ha fatto di tutto per distruggere la reputazione d’un uomo, solo perché stava lavorando in modo eccellente per il rilancio della nostra città, rimediando ai disastri di una sinistra che l’aveva amministrata coi piedi. Un processo voluto e alimentato dai comunisti che dovevano annientare un nemico troppo forte e troppo scomodo, in quanto preparato, onesto, intelligente.
Per Vandone, 83 anni, ex assessore al bilancio, dopo dieci anni è venuta fuori la verità ed è stata annullata la condanna.
Peccato che Fabbio e Ravazzano abbiano già scontato la pena, una pena ingiusta inflitta per gli stessi inesistenti reati per cui è stato assolto Luciano Vandone. Ma per questo nessuno li risarcirà.
La decisione è maturata ieri in Corte d’Appello a Torino, con la cancellazione della decisione dei giudici del Tribunale di Alessandria per la vicenda del dissesto di Palazzo Rosso, un dissesto che non c’era.
E adesso chi manda a processo i falsari – politici e pennivendoli – che hanno voluto la rovina della città per miserabili fini elettorali e per altrettanto miserabili motivi di sordida connivenza?
Perché non recapitano un bel avviso di garanzia a chi danzava ridacchiando sardonicamente intorno al totem giudiziario al quale erano legati Fabbio, Vandone e Ravazzano?
Chi processerà certi ipocriti?
Chi avrà il coraggio, la spinta morale, il desiderio di conoscere la verità in merito ad una lercia vicenda che resterà per sempre come una macchia indelebile nella storia d’una città, alla quale voglio bene, ma che a volte è indolente, dabbene, piccolo borghese? Una città che sembra avere dimenticato di essere la patria dei Cavalieri del Tempio e del Risorgimento?
Il nome di Vandone è legato alla giunta del Comune di Alessandria guidata da Piercarlo Fabbio e alla vicenda del bilancio consuntivo del 2010 che, secondo la ricostruzione fatta dalla procura mandrogna, fu falsificato con l’obiettivo di far figurare il rispetto del patto di stabilità. Cosa non vera. In tutta questa storia restava in sospeso il processo al professor Luciano Vandone che, non essendo in condizione di presentarsi in aula per le sue precarie condizioni di salute a causa dell’ictus che lo aveva colpito nel settembre del 2014, non era arrivato alla sentenza a differenza degli altri due imputati.
A questo proposito chi scrive è stato testimone d’una situazione kafkiana nella quale l’impossibile s’è avverato e l’impotenza delle vittime ha favorito il trionfo della follia e l’accanimento dei loro carnefici. È successo come per quella squadra di medici (Fabbio, Vandone e Ravazzano) che, ricevuto in “eredità” da altri medici (la giunta Scagni) un moribondo (il Comune di Alessandria), attraverso varie peripezie erano riusciti a mantenerlo in vita. A questo punto i parenti del malato (lo Stato, la Corte dei Conti sollecitati malignamente dai comunisti) chiedevano i danni agli ultimi medici perché avevano speso troppo in medicine. E la richiesta danni ammontava a dieci volte l’importo delle medicine stesse!
La verità è che la Giunta Fabbio aveva evitato lo sforamento, garantendo quindi tutti i servizi e anche il posto di lavoro dei dipendenti a tempo determinato del Comune, ma la Corte dei Conti, dietro denuncia della minoranza (Pd con annessi e connessi), ha fatto rifare i conteggi come voleva lei, portando allo sforamento. Quindi si può affermare che, per assurdo, lo sforamento del Patto di Stabilità del 2010 è stato causato dalla Corte dei Conti e non dalla Giunta Fabbio. Tutto ciò senza tenere in minimo conto l’autorevolissima relazione finanziaria dei professori Uckmar e Borgonovi che confermava la validità della politica finanziaria di Luciano Vandone.
Insomma è stata una brutta storia, un incubo da dimenticare.
Ma non sarà facile.
Luciano Vandone è stato Assolto
