Una persona tratta in arresto dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Alessandria e della Compagnia di Tortona nell’ambito d’una vasta operazione condotta dai Carabinieri di Reggio Calabria. Si tratta di un residente nella nostra provincia, un 23enne attualmente residente a Tortona incastrato dagli inquirenti che lo hanno “beccato” nel 2016, a Rosarno (RC), mentre passava a un complice un’arma già impiegata in attività criminali
Tortona (Red) – Un giovane tortonese di 23 anni è stato arrestato dai Carabinieri di Alessandria e Tortona in quanto ritenuto responsabile di aver consegnato un’arma già usata in varie rapine e atti malavitosi ad esponenti della ‘Ndrangheta a Rosarno (RC) nel 2016. L’arresto è avvenuto nell’ambito di una vasta operazione contro la ‘Ndrangheta condotta dai carabinieri di Reggio Calabria. Alle prime luci dell’alba del 18 u.s., a Rosarno, Polistena, nonché nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “Faust”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale del capoluogo – sezione GIP – nei confronti di 49 persone, ritenute responsabili – in particolare – di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura e procurata inosservanza di pena.
Indagini durate più di quattro anni
Il provvedimento è l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2016 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il concorso dei Reparti territoriali della Piana di Gioia Tauro, diretta inizialmente dal Sostituto Procuratore Adriana Sciglio e successivamente dal Sostituto Procuratore Sabrina Fornaro, con il coordinamento del Procuratore Aggiunto Gaetano Calogero Paci, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività della Cosca Pisano, conosciuti come i diavoli di Rosarno, mediante una rete collaudata di cointeressenze criminose. Sono stati accertati i rapporti della cosca Pisano con altre storiche cosche del territorio della provincia di Reggio Calabria, anche operanti in altre parti del territorio nazionale.
Imprenditori edili al vertice della ‘Ndrangheta calabrese
e Particolarmente significativi sono gli accertamenti sulla operatività dell’articolazione territoriale di ‘Ndrangheta denominata società di Polistena (RC), capeggiata storicamente da esponenti della famiglia Longo e della locale di ‘Ndrangheta di Anoia (RC), il cui vertice criminale è rappresentato da una famiglia di imprenditori edili. L’indagine ha permesso, inoltre, di documentare l’esistenza di una fiorente attività di narcotraffico che, partendo dall’hub portuale di Gioia Tauro, ha intersecato gli interessi illeciti anche di appartenenti ad altre realtà criminali organizzate, operanti sui territori della Campania, grazie alle contiguità con appartenenti a storiche consorterie camorristiche, Puglia, con particolari aderenze a consessi della Sacra Corona Unita, Basilicata, ove è stata documentata la rete relazionale intessuta con esponenti di un’articolazione mafiosa locale denominata storicamente dei “basilischi” quale promanazione di matrice ‘ndranghetistica.
Droga, usura e regolamento di conti
Nell’ambito delle dinamiche connesse all’assunzione del predominio della gestione del traffico illecito di sostanze stupefacenti, era maturato anche il proposito omicida posto in essere in danno di un affiliato ad una delle articolazioni di ‘Ndrangheta operative sul territorio con particolare declinazione nello specifico settore illecito. Delitto che non si è poi realizzato, solo perché la vittima non è caduta nella trama criminale, non presentandosi agli appuntamenti che le sarebbero stati fatali.
Partendo dal contesto legato al narcotraffico è stato registrato il reimpiego del denaro in attività usurarie, tale pratica ha denotato la capacità dell’articolazione mafiosa di pervadere l’economia legale quale naturale evoluzione criminale dei capitali illecitamente accumulati: pratiche che condizionano la libera economia, permettendo agli esponenti della consorteria mafiosa interessata dall’odierno provvedimento di controllare diverse realtà imprenditoriali operanti sul territorio.
Pizzo, affari e truffa ai danni dello Stato
In tale quadro, le indagini hanno consentito di censire diversi episodi di minacce e danneggiamento in danno di commercianti e relativi beni mobili ed esercizi commerciali, fatti commessi a scopo estorsivo con finalità mafiose così come il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a consumare una rapina ai danni della proprietaria di una struttura alberghiera. Gli episodi censiti e documentati hanno permesso di sottolineare che la ‘Ndrangheta, in special modo in taluni territori, non ha mai abbandonato la pratica della violenza finalizzata alle esazioni estorsive non solo quale mezzo di arricchimento illecito ma soprattutto quale strumento di controllo del territorio. Sempre nell’alveo dell’attività criminose della cosca Pisano, sono state raccolte fonti di prova che hanno permesso, inoltre, di documentare la commissione di truffe mediante artifizi e raggiri facendo figurare delle ritenute d’acconto su redditi non soggetti ad Irpef, nelle dichiarazioni dei redditi presentate nell’interesse di persone asseritamente non soggette a tassazione, traendo in inganno gli enti previdenziali sul diritto del richiedente al rimborso delle ritenute, in realtà non effettuate, ottenendo così ingiustamente il rimborso di danaro.
Malavita e politica
Nel corso della medesima attività investigativa è emerso anche il favoreggiamento, da parte di alcuni indagati, della latitanza di un associato, Domenico Pepè, finalizzata ad evitare l’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere. Latitante che è stato assicurato alla giustizia nel dicembre 2017. Particolare rilevante da evidenziare è il fatto che il latitante avesse trovato rifugio in Campania, a riprova del legame di tipo mutualistico che avevano stretto la consorteria mafiosa rosarnese con quella salernitana. Di rilevante gravità, infine, la documentazione del condizionamento degli organi di vertice dell’amministrazione locale, mediante il controllo e la guida delle campagne elettorali nell’ultima competizione comunale di Rosarno. In particolare, le investigazioni hanno consentito di accertare l’appoggio elettorale fornito dalla cosca Pisano al candidato Sindaco di Rosarno e ad un consigliere comunale, poi risultati eletti e tuttora in carica, odierni destinatari di custodia domiciliare, in cambio della promessa di incarichi nell’organigramma comunale a uomini di fiducia della consorteria criminale, nonché l’assegnazione di lavori pubblici e di altri favoritismi. Nell’ambito dell’attività è emersa anche una situazione di tensione scaturita dalla condotta del Sindaco neo eletto finalizzata a palesare una presa di posizione distante dalle locali consorterie mafiose che invece avevano palesemente e concordemente appoggiato la sua campagna elettorale.
Foto tratta dal sito www.conlegra.it