Buongiorno e buon sabato,
come dobbiamo porci di fronte al World Happiness Report secondo cui l’Italia del 2020 è più felice rispetto a quella del 2019? Attenzione alle date: questa indagine dice che noi italiani saremmo più soddisfatti della nostra vita nell’anno in cui è scoppiata la più grave pandemia dell’era moderna rispetto al periodo nel quale nessuno conosceva l’espressione Covid-19.
Il nostro Paese sale dal ventottesimo al venticinquesimo posto in una graduatoria sulla qualità della vita che vede in vetta i Paesi del Nord Europa (prima Finlandia, seconda Islanda, terza Danimarca), mentre in coda ci sono Giordania, Tanzania e – all’ultimo posto – Zimbabwe.
Penso che anche per voi, come è successo per me, qualcosa a prima vista non torni. D’istinto saremmo pronti a sostenere il contrario, che la situazione è peggiorata. Ma non crediate che sia uno scherzo o una presa in giro per screditare le statistiche.
Primo perché è una ricerca approfondita e condotta da tempo, non un sondaggio spuntato dal nulla. Poi – soprattutto – perché argomenta i miglioramenti in classifica dei Paesi come l’Italia. Dicendo che, certo, può apparire una missione impossibile parlare di felicità in una fase storica in cui l’emergenza sanitaria pone un filtro di negatività davanti ai nostri occhi. Tanto più che se guardiamo gli indicatori economici, non c’è statistica che possa negare il baratro nel quale siamo precipitati.
Ma aggiunge che nonostante tutto questo, c’è ancora dentro di noi la capacità di guardare al futuro con speranza, che l’ottimismo non è scomparso dalle nostre vite e che il dolore e le prove terribili che tutti dobbiamo affrontare – seppure con diversa intensità – ci hanno probabilmente spinto a guardare più alla sostanza delle cose, a considerarne il reale valore e ci hanno anche reso più consapevoli di quanto siano importanti i legami sociali, quei rapporti umani che in altri momenti avremmo dato per scontati.
In fondo, la lezione che questo rapporto ci consegna è doppia. Da una parte suggerisce che non dobbiamo sentirci in colpa a ragionare di felicità, nonostante la fine dell’emergenza sia ancora lontana: perché anche un atteggiamento di fiducia nella nostra capacità di resistere può essere di aiuto.
Dall’altra conferma la forza e l’attualità di una definizione uscita dalla penna di Ennio Flaiano (nella foto), poche illuminanti parole che personalmente cerco sempre di tenere a mente: “Per essere felici bisogna desiderare ciò che si ha già”.
La lezione per essere felici
