Buongiorno e buon sabato.
Ho sempre guardato con curiosità e interesse alla figura del principe Filippo, il marito della regina Elisabetta morto ieri alla soglia del secolo di vita.
E a lungo ho pensato che proprio il duca di Edimburgo fosse nella situazione perfetta: quella di avere onori, privilegi, patrimoni immensi e di poterseli godere senza la fatica di essere re, capo di una nazione e di una Chiesa, con il corredo di pesanti responsabilità che ciò comporta. Ma poi ho capito che quella era soltanto una parte della storia. Che, certo, essere principe è sempre una posizione da sognare la notte, ma nel caso di Filippo c’era qualcosa in più. C’era il destino di non essere mai giudicati per quello che si è, ma soltanto in relazione a qualcun altro. Nel suo caso la regina di Inghilterra; non una sovrana qualsiasi, ma quella che regna da quasi settant’anni nei quali si è imposta per la sua personalità e capacità di rappresentare – tranne qualche pausa ben nota – i sentimenti del suo popolo.
Pensateci: importa poco quello che dici o quello che fai (a patto di girare al largo da scandali e gaffe), vieni considerato soltanto per la tua capacità di sintonizzarti sulla lunghezza d’onda di chi vive al tuo fianco e ha tutti i riflettori puntati. Il tuo ruolo è essere un’ombra elegante e non disturbare il cono di luce.
Eppure, se leggete il bel ritratto del principe che il Secolo XIX ha pubblicato a firma di un grande conoscitore della casa reale inglese come Vittorio Sabadin, capirete subito che la figura di Filippo è stata molto più complessa e affascinante di come il suo ruolo di numero 2 la faceva invece apparire.
E anche se non avete visto la fiction The Crown, che su Netflix ripercorre la vita di Elisabetta, sarà facile rendersi conto dei continui compromessi che il duca di Edimburgo ha affrontato con il corollario di rinunce ad ambizioni personali e di piccoli e grandi dispiaceri, non ultimo quello legato al distacco di Harry e Meghan, come qui spiega Maria Corbi.
Si dirà: sapeva ciò cui andava incontro quando ha sposato l’erede al trono di Inghilterra, era consapevole che il suo percorso di vita sarebbe stato sempre un passo dietro. Tutto vero, ma è altrettanto vero che un conto è immaginare una simile parabola a tavolino, un conto misurarne giorno dopo giorno la difficoltà di conciliarla con la natura umana che ci spinge a cercare successi e soddisfazioni in prima persona e ad appagare i nostri desideri.
Vale per tutti, principi e borghesi. Sentiamo quella vocina che ci fa ritenere migliori di quanto gli altri ci giudichino e non sempre agi e ricchezze riescono a farla tacere.
La fatica di essere un principe
