Buongiorno e buon sabato,
chiacchierando in redazione con il mio collega Massimo Righi, è nata una riflessione che vorrei condividere con voi. È il parallelo tra Genova nell’estate del 2018 e l’Italia nell’estate del 2021.
Tre anni fa Genova piombò in una tragedia sconcertante. Il crollo del ponte Morandi, 43 vittime, le loro famiglie piegate dal dolore e l’immagine di un Paese – il nostro – che agli occhi del mondo appariva incapace di proteggere i suoi cittadini mentre andavano in vacanza la vigilia di Ferragosto. Un colpo terribile. Eppure Genova reagì. E lo fece in maniera veloce e composta, unendo le forze, capendo che soltanto condividendo visione e obiettivi avrebbe potuto uscire dal buco nero in cui era finita, e non per colpa sua. È ciò che avvenne e il risultato fu – insieme con un senso di appartenenza e di orgoglio superiori al passato – un nuovo ponte costruito in tempi che l’Italia non aveva mai visto. Ci furono condizioni particolari, come la disponibilità di risorse, ma il risultato resta innegabile. Da esempio negativo a modello da imitare: una metamorfosi diventata uno slogan, il modello Genova.
Ora guardiamoci intorno. Il Paese sta uscendo da un periodo buissimo, segnato da morte e sofferenza, ma questo momento ci offre le condizioni per riaccendere una luce intensa e di lunga durata: i contagi da Covid stanno calando, le vaccinazioni aumentano in maniera significativa e abbiamo a disposizione soldi, tanti soldi, per curare storiche ferite e darci un assetto più moderno ed efficiente.
Non è tutto semplice e bello, naturalmente. Il virus è ancora tra noi e sul piano vaccini serve più chiarezza, ma giorno dopo giorno cresce la sensazione che la fine dell’emergenza sia un traguardo a portata di mano.
E allora è così utopistico immaginare che l’Italia faccia come Genova? Che prevalgano il senso di responsabilità e lo sforzo collettivo? Che questo passaggio storico ci aiuti a diventare davvero più nazione e a contenere gli interessi individuali in nome di un benessere generale?
Lo so, può apparire un discorso ingenuo, una favoletta buona da spendere in un convegno. Ma se ci pensiamo, non servono poi grandi sforzi. Servono un po’ di senso della misura e una certa autodisciplina, serve saper dosare il passaggio verso la libertà evitando strappi ed eccessi. Dal ritorno alla vita notturna al debutto del green pass, impegniamoci a usare con intelligenza le nuove possibilità di cui possiamo disporre.
Sarà faticoso? Forse. Ma varrebbe davvero la pena avere un modello Italia dopo il modello Genova.
E pensando agli Azzurri che ci stanno facendo sognare agli Europei, contribuendo ad alimentare l’onda di un desiderio di rinascita, sarebbe probabilmente il gol più bello nella storia dell’Italia.
Il più bel gol dell’Italia
