Asti – È durato oltre un’ora – faccia a faccia col pm di Imperia Francesca Buganè Pedretti – il colloquio di Mario Bonturi (nella foto diramata dalla questura), l’uomo di Nizza Monferrato che l’anno scorso, ad agosto, tolse la vita all’orafo imperiese Luciano Amoretti, ucciso a martellate nel suo appartamento di corso Garibaldi a Sanremo.
Dopo nove mesi, nei giorni scorsi la Procura di Imperia ha chiuso le indagini.
Bonturi, 64 anni, da settembre si trova in carcere ad Alessandria, in condizioni di salute precarie, dopo aver subito due delicati interventi chirurgici. Assistito dal suo avvocato Gianluca Bona, è stato lui stesso a richiedere l’incontro col pm.
Secondo quanto raccontato da Bonturi, il delitto lo avrebbe compiuto in un momento di follia nel corso del quale ha afferrato il martello e ha colpito Amoretti ripetutamente.
Nei minuti e nelle ore successive, sempre stando al suo racconto, avrebbe agito come un automa, senza capire più quello che stava facendo.
Bonturi, il giorno del delitto, era partito da Nizza Monferrato con un amico, Giuseppe Diotti, 50 anni, per incontrare Amoretti a Sanremo. Sul posto avrebbe trovato un martello, con cui, poi, ha spaccato la testa alla vittima, che non ha potuto reagire. Per gli inquirenti Diotti non ha avuto nulla a che fare col delitto e pertanto è stato scagionato da ogni accusa. Diotti era in macchina con lui, ma già dall’interrogatorio di convalida, al seguito del quale per lui erano stati disposti i domiciliari, si era detto estraneo alla vicenda, dichiarando davanti al gip di aver accompagnato Bonturi e di essersi fermato a Sanremo, mentre l’altro avrebbe poi incontrato Amoretti.
Alla base del delitto pare che ci fossero alcune cose da chiarire, probabilmente favori da restituire o affari da portare avanti. Pare che entrambi frequentassero il mondo dei rappresentanti di gioielli, quelli che operano, però, al confine tra legalità e mercato clandestino.
Bonturi ha confessato di aver ucciso barbaramente Amoretti, in preda a un raptus di follia. Nessuna premeditazione. Si tratterebbe, quindi, di un delitto nato da una manciata di minuti di follia omicida.
Dopo il delitto Bonturi si era rimesso in viaggio verso casa, liberandosi del martello ai margini del Belbo. L’attrezzo era stato poi ritrovato dagli agenti della Squadra Mobile e dai Vigili del Fuoco del comando di Asti. Al momento dell’arresto, Bonturi aveva già confessato e spiegato ai poliziotti dove fosse l’arma del delitto.
Ad aiutare gli inquirenti a terminare le indagini anche i filmati delle telecamere e i tabulati telefonici.
Chiuse le indagini sull’orafo di Imperia ucciso a martellate nell’agosto dell’anno scorso
