Buongiorno e buon sabato,
guardate questa foto, tremendamente potente nella sua capacità di illustrare la violenza dell’alluvione che ha colpito una parte della Germania, provocando un numero di vittime che soltanto fra qualche giorno assumerà contorni definiti, ma che già ci fa paura nei numeri che crescono di ora in ora.
Teniamo ancora per un istante l’attenzione su questa immagine della frana avvenuta in Vestfalia. Guardate la profondità della voragine, le sue dimensioni rispetto a quelle delle case, che sembrano piccole, fragili, indifese. È una foto che ha una intensa forza simbolica: la Natura che ghermisce la presenza umana, la risucchia, impone il suo dominio.
Non intendo affrontare qui le ragioni di questo attacco e ripercorrere i maltrattamenti che noi umani infliggiamo alla Terra. Non sono un climatologo, mi affido agli esperti per saperne di più. Mi interessa invece capire che cosa possiamo fare per interrompere queste manifestazioni del cambiamento climatico che sempre più spesso assumono sembianze di devastazione. E me lo chiedo con una certa angoscia pensando a una frase contenuta nell’articolo di Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, che il Secolo XIX ha pubblicato ieri: “Immaginiamo che, se in questo preciso momento, arrestassimo per incanto ogni combustione e ogni processo che altera il clima, dalle centrali a combustione ai motori a scoppio agli allevamenti intensivi, perché la temperatura dell’atmosfera ritorni al livello odierno ci vorrebbe mezzo secolo”.
Mezzo secolo, pazzesco.
Ma subito dopo mi rendo conto che l’angoscia va messa da parte, insieme con la tentazione di dire “beh, ma allora non posso fare niente”. Non è così, si può, si deve, fare qualcosa. Ma perché possa produrre qualche risultato, non dobbiamo pensare che questo qualcosa sia soltanto compito dei governi o delle istituzioni sovranazionali. Loro disegneranno le strategie, ma l’obiettivo può essere raggiunto soltanto se ognuno di noi impara ad armonizzare i comportamenti e le scelte individuali con le esigenze di una vita più sostenibile. Se cioè saremo capaci di non pensare soltanto al – legittimo – benessere nostro e dei nostri cari, ma di considerare sempre fra le conseguenze delle nostre azioni l’impatto sull’ambiente che ci ospita. “Vaste programme” verrebbe da dire, ricordando l’espressione di De Gaulle per sottolineare ambizioni velleitarie. Vero, ma se vogliamo consegnare ai nostri figli un mondo appena appena decente, non abbiamo alternative.
Tutto in una foto
