Alessandria – Andrea Casarin, l’operaio di 44 anni accusato di aver ucciso il 29 giugno del 2006 Corcino Gil la prostituta dominicana di 31 anni legata e uccisa nel suo appartamento di Via Parma, ad Alessandria, secondo la pm Marcella Bosco deve scontare 30 anni di carcere con l’aggravante della premeditazione e delle sevizie. Tuttavia secondo la difesa assunta dall’avvocato Alexia Cellerino, le prove scientifiche sono totalmente inattendibili per il mancato rispetto dei protocolli a livello internazionale. Inoltre non è dimostrato, nonostante qualche indizio come le impronte digitali che dicono poco in quanto possono essere state deposte in qualsiasi altro momento poiché Casarin e la vittima si conoscevano e si frequentavano, che Casarin abbia ucciso la vittima o abbia voluto ucciderla perché non se colgono le motivazioni. Non ci sarebbe movente, insomma. Per questo motivo l’avvocato Cellerino ha invocato in subordine la derubricazione da omicidio doloso a omicidio colposo sulla base del fatto che secondo quanto appurato dai periti tra i due si ipotizzerebbe un gioco erotico, con la pratica del knifeplay: la ferita al collo, poco profonda, sarebbe stata provocata da un movimento improvviso della donna mentre il coltello le era puntato contro. Andrea Casarin era stato arrestato il 10 agosto del 2020 dai carabinieri nella sua casa di Zerbolò (Pavia). L’inchiesta, all’epoca dell’omicidio, non aveva prodotto nessun risultato utile all’identificazione dell’autore del reato, nonostante, come sappiamo, i rilievi effettuati avessero consentito di trovare alcune tracce di Dna e varie impronte digitali dell’uomo. La svolta c’è stata grazie al riscontro tra la banca dati Afis, il Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte che consente di effettuare una ricerca rapida ed efficace in virtù dell’archivio delle persone sottoposte ai rilievi segnaletici. Così è stato possibile stabilire che cinque anni dopo il delitto Andrea Casarin era stato arrestato all’aeroporto di Malpensa mentre era in attesa di un corriere con sei chili di cocaina da Santo Domingo. La riapertura del caso avrebbe consentito di trovare un mozzicone di sigaretta contenente materiale genetico dell’uomo, compatibile con quello estrapolato sulla scena del crimine.