Asti – Il marchio della ‘Ndrangheta su Bra e sul Basso Piemonte è quello di una dinastia lineare di fratelli emigrati decenni fa dal piccolo centro di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Reggio Calabria) per colonizzare la fetta criminale della Granda. Una scalata criminale di successo. A tal punto da essere sintetizzata in una intercettazione telefonica tra indagati che è l’estratto di un romanzo di malavita. Traffici di droga, di armi, contatti con il mondo politico, affari nel movimento terra, ingerenze nella kermesse internazionale Cheese, amicizie compromettenti con carabinieri e guardie penitenziarie del carcere di Saluzzo, presunti omicidi (non contestati). E potere. “Quando è arrivato aveva 15 anni e ha incominciato a sparare a tutti, a quei tempi lì gambizzava a destra e sinistra e li teneva tutti sotto; tremavano tutti per lui. Oggi fa le cose pulite perché è stato in galera, mica è stupido”: il presunto pistolero ritratto dalle cimici dell’antimafia è Salvatore Luppino, per tutti Turi, secondo i pm Dionigi Tibone e Paolo Cappelli capo assoluto della “mala” cittadina. Ieri il processo a suo carico e di altri sette in corso al tribunale di Asti è entrato nel vivo con la deposizione del collaboratore di giustizia Domenico Agresta: “I Luppino – ha detto – erano molto vicini alla mia famiglia. Compravano droga da noi, una volta sono andato personalmente a Bra per riscuotere da Turi un debito di 500 milioni di vecchie lire che aveva con mio nonno fondatore del locale di Volpiano negli anni Settanta. Era maturato nell’ambito del traffico di eroina. Fu lui a raccontarmi di aver ammazzato una persona con cui aveva litigato a Bra in una carrozzeria buttandolo fuori strada per farlo sembrare un incidente e di aver sparato, ferendolo di striscio, a un marocchino per questioni di droga”. Questi ultimi fatti non sono contestati all’imputato, ma nei capi d’accusa che lo accompagnano e che ieri la Corte presieduta dal giudice Marco Dovesi ha analizzato in base al racconto del pentito: “Decideva le strategie finalizzate a garantire l’appoggio elettorale ai candidati e manteneva i contatti con esponenti del mondo politico ed amministrativo locale”. E ai fini della ricostruzione della sua caratura non molto rileva il proscioglimento dell’ex amministratore Massimo Borrelli, già vicesindaco di Bra, inizialmente accusato di voto di scambio politico mafioso proprio coi Luppino. Perché la ‘Ndrangheta – che ciò si concluda o meno con una contestazione di reato – trova forza nelle relazioni esterne. Che col mondo politico ci furono e sono agli atti. Uno dei giovani Luppino si candidò perfino alle elezioni. E quando la famiglia voleva uno stand a Cheese lo ottenne nonostante i termini per le domande fossero scaduti. Proprio grazie alla politica.
Le mani della ‘Ndrangheta sul Basso Piemonte
