Roma – Mentre scriviamo è in corso nella sede di Confindustria l’incontro convocato da Acciaierie d’Italia sull’apertura della procedura di cassa integrazione straordinaria chiesta dall’azienda per tremila lavoratori su 10.150 (il 29,55%) per due anni (poco meno di duecento dipendenti a Novi), stante una bozza di piano industriale che prevede l’obiettivo di 6 milioni di tonnellate di produzione annua, il riavvio dell’altoforno 5 di Taranto, sulla cui progettazione sta lavorando Paul Wurth. Riavviare l’altoforno 5 richiede tre anni di lavoro. Problema mica da ridere è la obiettiva impossibilità, almeno per ora, di Invitalia (38%) di salire al 60% delle quote aziendali entro maggio, per cui sarà necessaria una proroga da sottoporre a Mittal (62%). Rispetto alla richiesta di cassa integrazione straordinaria, Uilm e Fiom hanno già annunciato che non firmeranno un provvedimento che arriva dopo anni di cassa integrazione e con un piano industriale (quello del 2018) non ancora applicato. Diversa la posizione della Fim che vuole vederci chiaro, per cui la priorità è capire cosa succede nel 2022 in termini di produzione e mercato. Anche perché se l’azienda dice che vuole produrre 6 milioni di tonnellate, è del tutto evidente che non si capisce la necessità della cassa integrazione. La verità è che, secondo molti attenti osservatori, il nuovo piano industriale non esiste per cui non ci sarebbero le condizioni per un accordo. Staremo a vedere.
Ex Ilva: oggi in Confindustria a Roma vertice azienda-sindacati sulla cassa integrazione
