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TERZA PAGINA

Covid, la comica finale

14 Aprile 2022 admin_AG TERZA PAGINA 114

Covid, la comica finale

di Giusto Buroni – Dopo il successo (approvazione unanime da parte di Autorità Politiche e Sanitarie) della sanzione di 100 euro agli Over50 non vaccinati contro Covid19, c’è da aspettarsi anche il varo di decreti del tipo: “Allo scopo di combattere il fenomeno degli stupri di gruppo o individuali, si stabilisce l’obbligo preventivo di castrazione chirurgica o chimica di ogni cittadino italiano maschio di età superiore a […] anni, se privo di certificato di esenzione rilasciato da andrologi e psichiatri autorizzati dal Ministero dell’Interno. Agli inadempienti maggiorenni alla data del […] sarà notificata una sanzione pecuniaria di 49,99 euro, da pagare entro tre mesi dal respingimento dell’eventuale ricorso, da presentare, col certificato di esenzione, entro dieci giorni dalla notifica. Il pagamento della multa dispensa dall’obbligo stabilito col presente Decreto”.
Come per il decreto a favore della campagna vaccinale, anche per l’esempio (immaginario) citato non si possono negare:

  1. tempestività,
  2. alto contenuto civico e sociale,
  3. chiara base scientifica,
  4. esclusione dal provvedimento dei cittadini stranieri (!),
  5. previsione di successo nel raggiungimento dell’obiettivo (prevenzione),
  6. osservanza delle regole igienico-sanitarie fisiche e psichiche,
  7. basso rischio dell’intervento,
  8. rigore nella selezione dei soggetti interessati,
  9. assenza di ogni connessione logica tra la sanzione e l’obbligo evaso,
  10. modicità della sanzione (che, se pagata, condona l’obbligo).

Eppure anche in questo (auspicabile) provvedimento ognuno può percepire un’inadeguatezza che fa pensare all’ennesimo sopruso perpetrato ai danni dei cittadini più indifesi (e che nessuna Istituzione o Partito si scomodano a difendere quando non siano in gioco interessi elettorali). Del rispetto dei diritti civili poi non si deve parlare, avendo i maggiori scienziati italiani (poveri noi!) stabilito concordemente che nel caso del Covid19 ci si deve comportare come in guerra: prendere atto delle gerarchie e prestare loro cieca obbedienza (per non perdere tempo). Per chi non avesse previsto dove sarebbero finiti i “diritti civili” è arrivata “provvidenziale” la Terza Guerra Mondiale a dimostrarlo (nelle fosse comuni?).
Certamente non è con questi argomenti che si potrà presentare ricorso contro la richiesta, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di pagare la sanzione se non si possiede il certificato di vaccinazione o di esenzione. Allora sento il “dovere civico” (parola “magica” in tempo di pandemia) di suggerire, a chi si trovasse in condizioni simili alle mie, la seguente autocertificazione, che personalmente adotterò nel caso ricevessi l’intimazione in questione.

L’ipotetica e comica “autocertificazione” del no-vax
Eccola: “Premesso che non sarei tenuto a rivelare all’Agenzia delle Entrate né ad altra Istituzione (non sanitaria) il mio stato di salute e le scelte terapeutiche, mi vedo costretto tuttavia a autocertificare la mia impossibilità a sottopormi alla vaccinazione Anticovid, avendo individuato in tale pratica invasiva dei gravi rischi alla mia incolumità personale, dovuti al mio stato di salute divenuto più critico a causa del lock-down e dell’età avanzata (81 anni). Colpito da due gravi infarti consecutivi nell’autunno 2006, curati con trattamento trombolitico prima e con angioplastica poi, sono rimasto seriamente debilitato nel fisico. Mi sono sottoposto nel 2013 a un delicato intervento chirurgo-plastico per un sarcoma maligno alla coscia destra e ho subìto un ictus cerebrale nel 2018 che ha compromesso l’equilibrio e la deambulazione (per queste patologie mi è stata riconosciuta l’invalidità civile al 67%). Nel 2019 la situazione cardiologica è degenerata, in un grave scompenso, con fibrillazione atriale. Forse a causa di queste menomazioni e certamente degli effetti collaterali dei farmaci di mantenimento (p. es. Lixiana, per scoagulare il sangue) ho subito una perdita progressiva delle forze e della massa muscolare, ma soprattutto un abbassamento permanente della pressione sanguigna, che da almeno due anni (quindi anche a causa del lock-down) non tende a risalire, rimanendo tra un massimo di 90 e un minimo di 55 mmHg.
Per questi motivi, e per evitare di contagiarmi e contagiare, da due anni mi sono sottoposto a lock-down volontario, interrotto solo per le uscite (troppe, ma strettamente necessarie) richieste da: visite mediche di routine e di controllo, analisi-esami periodici e approvvigionamento di medicinali (che le norme dell’ASL locale rendono sempre più difficile nonostante l’aggravarsi dei contagi in farmacie e ambulatori). Tutto ciò, insieme con le notizie confuse e contraddittorie riguardanti gli effetti collaterali più frequenti di tutti i vaccini (almeno due/tre giorni di febbre prossima a 40°C) e con la persistente difficoltà di ottenere le cure in caso di contagio (che non è escluso neanche dopo il vaccino), mi ha indotto a evitare la vaccinazione anticovid, proseguendo col “lock-down” volontario, nonostante ogni medico, da buon soldatino, cerchi di convincermi, spesso villanamente (e vilmente, quando tira in ballo “il rispetto per la salute degli altri”), dell’inconsistenza delle mie preoccupazioni, “perché non contemplate fra quelle che l’ISS e il CTS reputano valide per ottenere l’esonero” (termine decisamente inappropriato, che fa pensare alla “concessione di un favore personale”: io direi “interdizione all’uso”, come si farebbe per un allergenico).
La mia valutazione del rapporto rischi/benefici è dunque più scientifica e logica di quella di qualunque ISS e CTS; e mi conferma nella decisione di far valere il mio diritto di scegliere la pratica sanitaria più adatta alle mie esigenze, vale a dire la cura in caso di infezione nonostante il lock-down volontario. Dal punto di vista della protezione da contagio attivo e passivo il lock-down ha funzionato alla perfezione, perché l’esame sierologico effettuato a metà marzo 2022 ha dato esito (largamente) negativo su entrambi i parametri misurati. Secondo gli “esperti”, non solo alla data dell’esame non ero “infetto”, ma non lo sono neanche mai stato dall’inizio della pandemia, avendo rispettato disciplinatamente tutte le norme di sicurezza”.

Il virus cambia ma anche le vittime sono sempre diverse
Considerando che oggi una parte rilevante dei (pluri)vaccinati italiani si trova a scontare addirittura il secondo contagio, ora sono io a rischiare di essere infettato da loro, rassicuràti dagli “scienziati” che, anche se accadrà, la mia eventuale malattia sarebbe “lieve”. E così la pandemia prosegue all’insegna di questa logica bacata che la domina fin dall’inizio.
L’errore di base è di pensare che il virus si trovi ogni giorno di fronte a una popolazione identica al giorno prima, sia per numero, che per suscettibilità al contagio e all’infezione. Questo induce lo scienziato sprovveduto a pensare che l’”incidenza” delle positività sul totale dei tamponi eseguiti e il numero delle infezioni siano influenzati solo dai vaccini somministrati e dalla loro efficacia (a parità di uso di mascherine e guanti). Un vero scienziato invece capirebbe subito che la popolazione suscettibile di contagio (che in ogni caso è giornalmente circa un millesimo del totale) si è ridotta in certi casi significativamente rispetto al giorno prima a causa dei decessi e dei ricoveri giornalieri, tanto che le eventuali diminuzioni dei numeri assoluti potrebbero essere solo apparenti e gli aumenti sono ancor più preoccupanti e devono essere verificati rispetto alla “popolazione contagiabile attuale”. Insomma: di fronte a numeri significativi di decessi e contagi non si deve calcolare che l’effetto percentuale del virus sia riferito ogni giorno alle stesse quantità: la pandemia è in evoluzione rapida, mentre una popolazione decimata dalla pandemia si ricostituisce in tutte le sue caratteristiche (di contagiabilità) solo a distanza di anni. Di conseguenza tutti i grafici che ci sono stati somministrati in questi due anni, in salita per aumentare la paura della popolazione, in discesa per promuovere i vaccini e far dimenticare le terapie, sono delle “sòle” (dialetto romanesco) tremende, che, se ce la caveremo dalla terza guerra mondiale, dovrebbero essere ricordate nei libri di storia per mettere in guardia le future generazioni di scienziati, sperabilmente più intelligenti.

Il fallimento del vaccino e degli “scienziati”
Dunque, da tempo avremmo dovuto liberarci dalla credenza (ricavata da statistiche e modelli matematici concepiti da incompetenti, e forse mai sottoposti al giudizio di veri matematici-statistici) che quelle attuali siano “malattie lievi grazie (ai vaccini e) alla minor virulenza delle recenti varianti”. Questa è solo un’ipotesi avanzata e sostenuta per trovare almeno un motivo di merito ai vaccini fallimentari finora somministrati: all’inizio sarebbe dovuta bastare una dose, ma subito si è ricorsi al “richiamo” (spesso anche di  “marchio” e tecnologia differenti), e poi a una terza e ora anche una quarta dose, che sarà seguita da un “richiamo” all’inizio di un nuovo ciclo, e così via. I contagi diminuiscono, è vero, ma soprattutto perché diminuiscono i contagiabili. E anche i morti diminuiscono (non molto) solo perché non si può morire due volte: la mortalità giornaliera, oscillante da mesi tra 100 e 200, dovrebbe allarmare le autorità e indurle a usare più e meglio le terapie e non a modificare i criteri di conteggio delle vittime! Sorprendente (nemmeno tanto, ormai) la “logica” di Burioni Locatelli e Bassetti: “Se i decessi non decrescono come ci aspettiamo, significa che abbiamo sempre sbagliato a contarli e a classificarli: provvederemo di conseguenza”. Se i decessi continuano a essere così tanti, l’aggettivo “stabile” per l’occupazione delle terapie intensive è fuorviante, perché significa che i nuovi arrivati in terapia intensiva sono almeno tanti quanto i (numerosi) morti, e che la probabilità di sopravvivenza di chi arriva in terapia intensiva è tuttora, dopo due anni di esperienze tragiche, ancora vicina allo zero. La pretesa decrescita dei parametri critici è in minima parte dovuta ai vaccini usati finora: il virus all’inizio ha sterminato in pochi mesi, come è logico, via via tutti i soggetti più deboli (uno su 400 di tutti gli abitanti italiani!!!), ed oggi ha a che fare con i superstiti più resistenti, che molto per fortuna e poco per scienza ormai, dopo due anni, hanno spesso la meglio. L’alto numero di decessi per mancanza di cure adeguate (e per chi arriva in terapia intensiva  non si conosce una sola cura efficace) dimostra che il virus, che sviluppa sempre nuove varianti, conserva tutto il suo potere letale iniziale (checché ne dicano tutti i “massimi virologi”). Gli “scienziati”, invece di ritirarsi alla chetichella dagli schermi televisivi contando i profitti degli ingaggi nei talk show, dovrebbero mettersi finalmente al lavoro per scoprire che cosa renda così vulnerabili anche i vaccinati di fronte a un virus che non c’è motivo di considerare meno “cattivo” che all’inizio (visto che gli “esperti” ricavano questo giudizio solo da dati bislacchi e non da osservazioni dei “meccanismi biologici”). Interessante sarebbe anche scoprire le caratteristiche biologiche di tutti coloro che, non vaccinati, non hanno ancora avuto il minimo sintomo di infezione pur non avendo condotto una vita troppo morigerata: ne dovrebbe risultare l’identikit del “naturalmente immune” che dovrebbe essere studiato dagli scienziati per trovare una linea di prevenzione più “naturale” e più semplice del vaccino. In fondo, se è vero che i non vaccinati italiani sono meno di tre milioni, quelli naturalmente immuni dovrebbero essere molto facili da rintracciare, rendendo così un grande servigio agli studi del dott. Mantovani (Humanitas-Milano) che ha impostato la sua ricerca proprio in questo senso.
I ricercatori dispongono oggi di un “data-base” formidabile, molto più ricco di quelli che si pretende vengano usati per studiare (così male) le cause e gli effetti del riscaldamento globale; e si valgono, specialmente in Italia, di “supercomputer” e di Intelligenza Artificiale, che non esistevano al tempo delle pandemie più recenti (Ebola, HIV, Aviaria). Rifacciano una buona volta i calcoli (magari facendosi aiutare da Parisi, che così farebbe il suo mestiere, e non il pagliaccio-testimonial della campagna vaccinale): sono certo che, salvo interferenze dall’”alto” (Speranza?), modificherebbero tutte le loro deduzioni e previsioni, e finalmente pazienti e medici generici comincerebbero a capire qualcosa di concreto su vaccini e cure.

Mi auguro, senza farmi troppe illusioni, che queste mie considerazioni siano “condivise” da qualcuna delle numerosissime “autorità mediatiche”, come p.es.: un medico-giornalista, o un comunicatore popolare, o una riverita scrittrice onnisciente, o un’investigatrice di scandali, capaci di rivestirle di termini ed argomenti legali, individuando dove ci sia “abuso di autorità”, “abuso della professione”,  “millantato credito”, “circonvenzione di incapace”, “estorsione”, “corruzione”, “frode”, cosicché vengano a galla le malversazioni che da oltre due anni imperversano nella pandemia e si stanno riversando pari pari sulla più proficua guerra-quasi-mondiale.
In modo che questa tragedia della pandemia non si concluda col sorrisetto malefico dell’Antonella Viola (“l’unico strumento contro il virus è il vaccino!”; è  la sola che in due anni non abbia mai citato le terapie), o con la stupida battuta di Burioni che, richiesto (da Fazio) di spiegare come mai ci sono ancora 200 morti al giorno e sono state somministrate in due mesi solo 10000 cure sulle 600000 acquistate, esorta, spazientito: “Suvvia, cari Italiani, siete stati così bravi con la campagna vaccinale; adesso mostrate il vostro valore anche nell’uso delle terapie!”, come se al malato italiano (comune) contagiato dal virus fosse mai stato concesso (da Burioni o da uno qualunque dei suoi degni “colleghi”) di scegliere come e con che cosa curarsi!

 

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