Per quanto riguarda i Grigi questa è stata una settimana interlocutoria. Visti così sembra che questi ultimi 20 giorni siano passati invano in attesa del 1° Giugno, quando Di Masi terrà la conferenza stampa con la quale è probabile che ci informi sulle sue intenzioni, ma nel frattempo qualcuno si è portato avanti nei lavori senza dare troppo nell’occhio. Una cosa è certa: Luca Di Masi può anche dimettersi da responsabile unico del sodalizio. Da proprietario invece non può. Se intende tirarsi fuori, o cede le quote a qualche altro soggetto interessato a rilevarle oppure, ipotesi che riteniamo altamente improbabile, mettere in liquidazione la società. Se fosse, da quel momento (mossa simile era stata annunciata ai tempi dalla gestione Capra-Pavignano, la cordata degli alessandrini) tutte le attività aziendali saranno sospese, compresi gli adempimenti federali (vedi iscrizione al campionato, versamenti delle fideiussioni in Federazione e quant’altro) e l’Alessandria Calcio uscirà dal sistema calcio con i suoi oltre 110 anni di storia. Questo però possiamo confermare: i preparativi per raccogliere la documentazione relativa all’iscrizione procede. E poi l’ipotesi liquidazione non ci pare in linea con le caratteristiche morali, culturali, caratteriali e sportive del nostro Presidente. Caratteristiche positive di uomo, tifoso e dirigente. Ben più positive rispetto a quelle che caratterizzano tanti nostri lanzichenecchi non alfabetizzati che da anni lo infamano di cui, almeno alcuni, in cerca di visibilità, piccoli micro business o vantaggini sfruttando il nome dei Grigi. Durante questa lunga attesa i segugi della stampa locale sono stati sguinzagliati per trovare indizi e segnali per il prossimo futuro, penserete voi. Invece no. Quella pletora di cronisti accreditati, pur pagati dai loro editori per elaborare qualche straccio di giudizio sul passato o indiscrezioni sul futuro, proprio quelli che vedete schierati in tribuna stampa al Mocca in formazione-tipo durante le partite, seduti come i dirigenti russi alla sfilata del Cremlino di fianco a Putin, quelli che zompano sulle news pubblicate dai tifosi sui social anziché averne l’imprimatur, tutte queste persone, in una settimana nella quale ci si poteva sbizzarrire in analisi, prospettive, previsioni, scenari futuri, hanno, al massimo, fotografato e pubblicato gli slogan scritti sui lenzuoli dai tifosi organizzati. Questi ultimi, gratificati da cotanta visibilità, ringraziano, gongolando nella loro inguaribile autoreferenzialità. L’apice è stato raggiunto proprio ieri da due di questi soprammobili autoscriventi (tra l’altro sul sito che ci ha raccontato, all’indomani della retrocessione, che la strada del ripescaggio per i Grigi era possibile e praticabile). Come Totò e Peppino l’uno ha aspramente criticato il silenzio di Di Masi per la mancanza di rispetto (!?!) verso tifosi e città, l’altro di rimando ha battezzato il silenzio presidenziale come il tentativo di “ponderare” le mosse future (e sì, in quanto Di Masi, così pensa lui, è notoriamente un deficiente, incapace di imboccare una strategia aziendale nuova se non dopo un mese di ritiro spirituale a Betania). In qualità di lettori chiediamo a questi due tromboni in miniatura: ma voi…, lavorare mai, eh? Senza abusare di intercettazioni telefoniche o ambientali qualche telefonata ad addetti ai lavori fuori dal territorio poteva essere utile per capire se qualcosa si muovesse. Diciamo addetti ai lavori, però quelli certificati dentro meccanismi calcistici nazionali, non i soliti nostri consulenti Briano, Cammaroto, Jon Motta, Cretaz o addirittura Marescalco i quali, chi più chi meno, si augurano di rientrare nel giro appena si aprono spiragli, coortati e cooptati dai soliti tifosi giullari in combutta con giornalisti compiacenti. Una sorta di “amichetteria”, questa, che sta lentamente soffocando questa piazza calcistica. Il teatrino, speriamo, imploderà come un sufflè cucinato male da un apprendista aiuto cuoco. E insieme al sufflè finiranno nel cassonetto dell’umido tutti gli attori principali di questa sgangherata compagnia di giro. Sempre che l’impresario teatrale si renda conto che è arrivata l’ora di musica nuova in cucina o, se preferite, sul palco. E che dire del fatto che Artico (ci aveva già fatto sapere di aver ancora due anni di contratto davanti) la cui comprovata professionalità sarebbe concupita in una piazza calcisticamente importante e ambiziosa come Cesena? Speriamo diventi un ex pure lui. Naturalmente quei tre articoli pubblicati in Romagna col suo nome accostato ai colori bianconeri, sono state volgari marchette su commissione, cose che di questi tempi sono all’ordine del giorno. Il matrimonio Artico-Cesena era una bufala e non certo perché il contratto in essere coi Grigi vincolerebbe Artico. Fosse solo per quello infatti in due minuti d’orologio e tramite una semplicissima mail certificata inviata alla casella di posta elettronica dell’Alessandria nella quale formalizza le dimissioni, il nostro DS sarebbe libero come un passerotto di firmare con chi vuole. Dio non voglia che il Bomberone, specialista nel concedere buone uscite a giocatori a spese di Di Masi, intenda capitalizzare pure lui i due anni di contratto che ancora lo legano ai Grigi. Si starà dicendo: sarò mica più minchione di tanti altri. E poi, in fondo, arraffare i soldi a Di Masi, a lui che ne ha tanti, non è certo immorale. Vedremo, a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia mai. La prossima settimana, oltre a tutto il resto, si dovrebbe assegnare la seconda edizione del Premio Giachetti sottotitolato “Hai la faccia come il culo”. Per ora c’è un vincitore in pectore per un premio che sta diventando un riconoscimento ambito al punto che c’è gente disponibile a tutto pur di essere fra i prescelti, anche a compiere i gesti più biechi e clamorosi. Nel frattempo il nostro ex allenatore D’Angelo è arrivato a disputare la finale playoff per l’accesso in A col suo Pisa sfidando il Monza di Berlusconi. Strana città la nostra: se Briano è assunto allenatore dal Saluzzo in D la notizia è pubblicata in tempo reale, se poi retrocede con ignominia tutti zitti, esattamente come succede al nostro ex mister che invece ha raggiunto solo la finale playoff di B. Nella regular season della cadetteria i toscani si sono piazzati terzi a un punto dalla seconda. Ad Alessandria Luca aveva lavorato bene nella sua stagione e mezza di permanenza, conquistando il passaggio dalla C2 alla C1, però non gli è stato rinnovato il contratto perché, secondo i tifosi che lo hanno contestato e insultato a ripetizione, “la squadra non giocava bene, non divertiva”. Giornalisti e dirigenti all’epoca avevano sposato queste tesi e, per vedere finalmente il “calcio champagne” al Mocca, dopo tanto cogitare fu scelto per la panchina Scienza… Mai nessuno, neppure allora, aveva fatto mente locale su un aspetto banale del calcio: la qualità del gioco e la spettacolarità delle giocate sono merito dei giocatori, invece l’intensità delle motivazioni, l’organizzazione del gioco e la buona gestione del gruppo sono ascrivibili al mister. Identico al nostro atteggiamento tenuto con D’Angelo c’è stato pure quello di Rosso, il patron del Vicenza, il quale, quando ha acquisito il club biancorosso in C, aveva il buon Luca a libro paga nel suo Bassano e ha poi rottamato società e mister. Ci auguriamo quindi che la Reggina riesca a risolvere i problemi societari, non fosse altro per evitare che i vicentini siano riammessi in B: una dirigenza come quella del patron della Diesel, secondo noi, non merita, per motivi di mera cultura sportiva, di essere a qualche titolo beneficata dal sistema. Forse le scelte operate da Rosso (di cui alcune suggerite da Magalini) quanto agli allenatori vicentini, tra incapaci, raccomandati e maestrini hanno fatto bingo. D’Angelo invece sta affrontando con successo il suo quarto campionato consecutivo coi nerazzurri ed è già confermato per il prossimo. Ma a Pisa, capoluogo ben più piccolo della nostra città, storicamente, di grandi dirigenti e di allenatori s’intendono perché hanno avuto la fortuna di vederne all’opera decine, alcuni arrivati anche ai massimi livelli nazionali e internazionali. Ma già ai tempi di D’Angelo l’efficiente marchingegno mandrogno per trasformare la cioccolata in merda ha funzionato e così abbiamo un’altra volta inghiottito gigantesche zuppiere di stronzi scambiati per cioccolatini. E tutti a leccarsi i baffi.
Che differenza c’è a mangiare della merda o della cioccolata? È solo una questione di gusti… e di abitudine
