“Non poteva farci fallire? faceva più bella figura”. Così scrive su un sito dei tifosi tal Fabrizio riferendosi a Di Masi. Gli risponde un grande capo Ultrà, già vincitore della Prima Edizione del Premio Giachetti, ideologo riconosciuto della Nord nonché contiguo e amico personale di Artico da tempo immemorabile. Tutto lecito e nulla di riprovevole, sia chiaro, finché il nostro pluripremiato non si lascia andare a sproloqui con quel tono ieratico e paternalistico di chi la sa lunga. Riportiamo testualmente la risposta compita a Fabrizio del nostro filosofeggiante capo curvaiolo: “Non poteva no [riferito all’invito fatto a Di Masi di far fallire la Società, ndr], se no [il Presidente, ndr] risponde personalmente dei contratti non rispettati e degli eventuali debiti. Di Masi non è Veltroni, ha ancora un sacco di proprietà, partecipazioni azionarie e soprattutto un mare di soldi. Non può fare il mariuolo [Di Masi, ndr] se no si riempie di grane legali e penali”. Nella sollecita risposta data al tifoso, il nostro capo ultras scrive cose vere mischiate ad altre false, buttate lì senza aver controllato la veridicità degli assunti. Per non parlare poi della sintassi, la punteggiatura e della consecutio temporum, queste sconosciute (cosa “inappropriata” per un ideologo, ma non facciamo i pignoli se no ci tengono il broncio). Caro Fabrizio, per tua informazione sappi che Di Masi, Codice Civile alla mano e non mere impressioni personali, volesse interrompere l’attività agonistica dell’Alessandria Calcio, non ha bisogno “di fallire” con la Società perché il fallimento presuppone insolvenza, caratteristica da escludere per l’Alessandria attuale, come lo era stata (l’insolvenza) ai tempi di Boiardi. Se il Presidente decidesse d’interrompere l’attività dei Grigi gli basta mettere la Società in liquidazione. Individuato un liquidatore il professionista, per legge, interrompe immediatamente ogni tipo d’attività aziendale, licenzia i dipendenti (non calciatori e tecnici perché non sono dipendenti) e riscuote gli eventuali crediti. Contemporaneamente pagherà i debiti e gli impegni di spesa assunti dalla società fino al giorno della messa in liquidazione. Il liquidatore “consegnerà le chiavi del calcio alessandrino” al massimo rappresentante della città (il Sindaco) il quale, d’accordo con la Federazione che individuerà una categoria di ripartenza, fonderà una nuova Società alla quale sarà data la “rappresentatività” del calcio cittadino e poi l’affiderà a persona o gruppo idonei, almeno a giudizio del Primo Cittadino. Quindi, come si evince da questa pur sommaria spiegazione, il nostro “ideologo” non ha capito una beata minchia, né per quanto riguarda i possibili sviluppi futuri, né per quello che concerne le valutazioni delle persone citate (per esempio, l’ex presidente Veltroni non era certo nullatenente, anzi). Se la gente prende per vere certe balle (magari “ispirate” o suggerite da cotanto DS) avremmo al vertice un dirigente tecnico con idee confuse e una cultura societaria amministrativa degna di un raccattapalle dodicenne. Il nostro DS dovrebbe quindi dare fiato al suo “corvo Rockfeller” (come faceva il ventriloquo Moreno ai tempi) imbeccando il pupazzo con concetti, se non veri, almeno verosimili. Sia chiaro: la sostanza delle cose non cambia in forza del nostro tribuno ma il comprensibile disappunto di certi tifosi è inficiato da queste balle colossali. Secondo noi, così facendo, si innesca il meccanismo del “tanto peggio, tanto meglio”. A farne le spese, fra insulti, ripicche, bugie e mezze verità sarà l’Alessandria Calcio e lo sport mandrogno in genere. Tra l’altro, e lo vogliamo segnalare ora, consegnare settori nevralgici della società a personaggi di dubbia esperienza, (vedi il settore giovanile) si rischia di vedersi sfilare milioni di euro dai conti aziendali. Infatti l’assunzione di certi impegni di spesa poco trasparenti può inficiare i conti dare-avere nelle compensazioni di Lega. Certe operazioni di mercato, presunte “a costo zero”, se non controllate giornalmente, valutate tecnicamente e finanziariamente, possono trasformarsi in boomerang. Quando poi certi impegni di spesa finiscono sul tavolo dei revisori dei conti, la proprietà, vecchia o nuova che sia, non può fare altro che prenderne atto e subirne le conseguenze. Abbiamo saputo di episodi del genere successi altrove, soprattutto quando le situazioni societarie si fanno confuse e i controlli laschi. Aspetto questo di cui nessuno parla, perché lo conoscono in pochi, men che meno certi nostri giornalisti d’accatto che fanno fatica a riconoscere la differenza fra una liquidazione e un fallimento d’una società sportiva, figuriamoci il resto. Nel mondo del calcio galleggiano “specialisti” che usano, a proprio esclusivo vantaggio, debolezze regolamentari e strutturali. Non diciamo che tutto ciò stia già succedendo ad Alessandria. Pensiamo invece che la situazione attuale sia humus ideale per certi personaggi che, nell’ombra, conoscendo a menadito i regolamenti, ne sfruttano gli angoli ciechi e dirigenti sportivi gonzi, pigri e impreparati, quando non addirittura infedeli. In tanti sono convinti che Di Masi cerchi, con silenzi e assenze, di far perdere la pazienza a giocatori e quant’altri, sperando che qualcuno di loro decida di salutare la compagnia pur perdendo soldi e certezze contrattuali acquisite per uscire da una situazione professionale kafkiana. Questa tattica avrebbe cominciato a funzionare se i 17 nostri giocatori in lista di partenza godessero, per la maggior parte, dell’interesse di altre società, vuoi per ragioni tecniche, vuoi contrattuali. Prova ne sia che l’unico della pattuglia che aveva, più o meno, entrambi i requisiti succitati (Chiarello) si è piazzato senza colpo ferire a Cesena. Ma quei partigiani di Artico, raglianti sui social, che dispensano colpe e responsabilità a macchia di leopardo, ci spieghino per quale incredibile ragione un DS che in tre stagioni ha ingaggiato 90 giocatori senza vendere nessuno (anzi spesso pagando per fare in modo che molti di loro se ne andassero così da liberare il posto per altri suoi campioncini) adesso sia in grado di piazzarne una quindicina in un mesetto (uno ogni due giorni). Ci troviamo di fronte, salvo rare eccezioni, a giocatori comprati male, spesso frusti, altri titolari di contratti lunghi a cifre imbarazzanti, altri ancora entrambe le cose.
Come mai nessuno fa cenno di tutto ciò? C’è forse chi spera che, se dovesse arrivare una proprietà diversa, si partirebbe, nella composizione del nuovo organigramma, proprio dalla conferma di Artico? Se così fosse, possiamo star certi di essere caduti dalla padella nella brace. Nel caso saranno accontentati una cinquantina di tifosi ottenebrati, una trentina di minchioni senza speranza, un drappello di procuratori pronti a maramaldeggiare portando giocatori improbabili e intascando procure esagerate. A farne le spese sarà la città intera. Attenzione: i disastri non si fanno annunciare dalle fanfare e quando li vedi arrivare ormai è troppo tardi. Quanto poi all’esistenza di una fantomatica cordata composta da Molino (sponsor dei Grigi) e Garrone disponibile a rilevare la società ci pare fantacalcio.