di Andrea Guenna – Mio padre Alberto ha trascorso due anni della sua vita nel lager tedesco di Luckenwalde (settembre 1943- agosto 1945), a venti chilometri da Berlino, dove ha conosciuto Giovanni Guareschi successivamente trasferito a Leopoli, ma anche moltissimi ebrei poi divenuti suoi grandi amici, tra i quali il professor Piemonte luminare di oncologia a Brescia, Brandi editore napoletano, Caldarola il padre dell’ex direttore dell’Unità, Mazzoleni chirurgo milanese. Sono tornati tutti a casa, per fortuna. Questo significa che il regime fascista, fino a prova contraria, non ha mai deportato nessun ebreo. È successo solo dopo l’otto settembre quando – grazie a quel fenomeno di Pietro Badoglio – in Italia ormai comandavano i tedeschi. Ma anche in quella circostanza le autorità militari italiane hanno consentito a molti ebrei di essere intruppati fra gli Internati Militari Italiani salvando loro la vita. A confermare il fatto che perfino Mussolini, per quanto possibile, avesse tentato in qualche modo di difendere gli ebrei, è stato proprio un tale Israel Corrado Debenedetti (nella foto in alto) che, in una conferenza del 13 dicembre 2016 a Ferrara, ha detto: “Mussolini ha salvato circa tremila ebrei perché ha costruito il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia a Cosenza, al Sud. Se lo avesse fatto al Nord Italia, probabilmente quegli ebrei non si sarebbero salvati. Gli internati in quel campo di concentramento in Calabria furono poi liberati con l’arrivo delle truppe alleate”.
Israel Corrado Debenedetti ha ricordato quando, a soli sedici anni, nel novembre 1943, fu incarcerato esclusivamente perché ebreo: “Mi trovavo in carcere in quella tragica notte – racconta Debenedetti – e quando ho visto che avevano portato via quattro persone tra cui l’ex senatore Arlotti, qualcuno disse che li stavano salvando, invece poi al mattino abbiamo saputo che erano stati condotti al macello. Io sono rimasto in carcere fino al 15 gennaio 1944 quando mi vennero concessi gli arresti domiciliari nella mia abitazione di Via De Romei. A liberarmi secondo me ha contribuito molto mia nonna Emilia Tedeschi Vita Finzi, che andò a protestare vivacemente negli uffici della prefettura in Castello, dicendo che era una vergogna tenere incarcerato un ragazzo di 16 anni che non aveva fatto nulla. Evidentemente quella sortita ha fatto breccia nel cuore di qualcuno, visto che il mattino seguente mi hanno liberato. Ho passato poi gli ultimi mesi della guerra nel Ravennate, prima a Faenza e poi Brisighella”.
Finita la guerra, Israel Corrado Debenedetti si iscrisse alla facoltà di chimica e, dopo quattro anni, nel 1949, decise di partire con la moglie e andare in Israele.
Questa è una storia come tante che dimostra come la deportazione degli ebrei sia stata effettuata dalle SS e per il resto è stata in gran parte una deportazione di IMI (Internati Militari Italiani) confermata dal racconto di mio padre che era un deportato IMI, ma anche come finta deportazione interna (campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia a Cosenza).
In ogni caso la storia emergente (quella che sta per essere finalmente scritta) dimostra che il fascismo sostanzialmente non aveva nulla contro gli ebrei: nella riunione in piazza San Sepolcro a Milano del 23 marzo del 1919 tra i 119 fondatori del partito fascista c’erano anche 5 ebrei. Più di 230 ebrei parteciparono alla Marcia su Roma e gli ebrei iscritti al partito fascista erano 746. A Fiume insieme a D’Annunzio c’erano molti ebrei. L’ebreo italiano Dante Almansi occupò il posto di vice capo della polizia fascista. L’ebreo italiano Maurizio Rova divenne vicegovernatore della Libia, governatore della Somalia e generale della milizia fascista. Lo stesso segretario del Duce e suo amico personale, Aldo Finzi (Legnago, 20 aprile 1891 – Roma, 24 marzo 1944), fu militare e patriota italiano, poi dirigente sportivo, politico e imprenditore (nella foto a destra ritratto col nastrino tricolore al collo). Fu anche sottosegretario all’interno nel primo governo Mussolini e vice commissario per l’Aeronautica.
Fu ucciso dai nazisti nell’eccidio delle Fosse Ardeatine del 23-24 marzo 1944.
Oltre a Finzi anche il ministro delle finanze Guido Jung (nella foto a sinistra in divisa da ufficiale italiano a Macallé in Etiopia nel 1935), fu fino alla fine un fedelissimo del Duce, imprenditore, ministro, ebreo e fascista.
Come i molti ebrei di Fiume che, nel 1940, dopo il promulgamento delle leggi razziali, furono difesi e salvati dai soldati e dagli ufficiali italiani della seconda armata. Questo fatto fu reso noto nella prima conferenza ebraica mondiale di Londra dell’agosto 1945. Risultò che almeno 5.000 ebrei erano stati da essi posti in salvo. E si calcola che siano stati almeno altri 8.000 gli ebrei salvati dagli italiani. Senza contare quelli messi in salvo dal prefetto Giorgio Perlasca (nella foto sopra) e di molti altri prefetti italiani. In tutto gli ebrei messi in salvo da funzionari del Ministero dell’Interno, dai militari e da italiani civili, sono stati più di diecimila.
Coi fratelli maggiori discendenti di Giacobbe noi italiani siamo da sempre in pace. D’altronde la più antica comunità ebraica occidentale è quella di Roma che ha più di 2000 anni di storia e oggi con circa 30.000 residenti. Addirittura, dopo l’avvento di Hitler al potere, nel 1933, i profughi ebrei dalla Germania sono stati accolti qui da noi e il loro stanziamento in Italia non è stato ostacolato dalle nostre autorità. In particolare, il Ministero degli Esteri diede il permesso a tutti gli ebrei che lo desideravano di venire a stabilirsi in Italia, a condizione che non si trattasse di persone che avevano partecipato ad attività antifasciste. Ai poveri di religione ebraica è stata data assistenza, mentre ai ricchi diventava più facile trasferire i soldi nelle banche italiane. Nel 1938 erano già presenti in Italia più di 4.000 ebrei stranieri, soprattutto tedeschi e austriaci stabiliti per la maggior parte nelle città di Bolzano, Milano, Roma, Fiume e Genova.
L’ostilità del regime fascista nei confronti degli ebrei iniziò dopo il 1938 in seguito allo sciagurato accordo con Hitler e coi tedeschi.
Per la precisione, il 22 agosto 1938 ci fu un censimento speciale degli ebrei dal quale risultavano 58.412 persone con un genitore ebreo. Di questi sono deceduti soprattutto per mano tedesca meno di seimila italiani di religione ebraica su circa 6.800 deportati. Sono sempre troppi, e noi italiani dobbiamo rispondere moralmente per non essere riusciti a salvarli, ma infinitamente meno di quanti sono stati uccisi nel resto dell’Europa occupata dai nazisti.
Aggiungo solo una nota finale, ma che riguarda la mia famiglia, per cui mi è molto cara. Nel castello di Moransengo – un Comune di 200 abitanti in provincia di Asti, di cui i miei cugini Borgo (imparentati con la famiglia ebrea di Torino dei Colombo) sono entrati in possesso tra il 1938 e il 1965 – sono stati ospitati, curati e nascosti centinaia di amici ebrei, soprattutto astigiani e torinesi. Eppure i due capostipiti Gino e Valentino Borgo erano fascisti, già legionari con D’Annunzio.
Molte cose si devono ancora sapere e capire per vivere in pace. Senza avere paura della verità.
In ogni caso: Viva l’Italia e un caldo abbraccio ai Fratelli Ebrei d’Italia.
Noi italiani, anche durante il fascismo e per quanto è stato possibile, siamo sempre stati vicini agli ebrei
