Taranto – Nel primo confronto tra sindacati e governo il ministro dello sviluppo economico Adolfo Urso (nella foto) ha detto: “Decideremo la strada da percorrere, salvando questo sito produttivo”. Ma tra i lavoratori cresce il malcontento e lunedì sarà sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. A determinare la nuova crisi è stato il fermo temporaneo per 145 imprese dell’appalto deciso da Acciaierie d’Italia lo scorso 11 novembre. I sindacati chiedono di cambiare prima possibile il vertice del gruppo anche perché la data del 2024 stabilita per il passaggio in maggioranza dello Stato col 60% delle quote è piuttosto lontana e in due anni in queste condizioni può veramente succedere di tutto. Lo Stato, attraverso la partecipata Invitalia, detiene il 38% delle azioni, mentre D’Urso fa sapere che si sta lavorando con Palazzo Chigi e che bisogna considerare i vari aspetti, anche produttivi e giudiziari. In alternativa, la richiesta dei sindacati è liquidare il partner privato ArcelorMittal, rendendo il siderurgico statale. Per la Uilm, Acciaierie d’Italia ha i giorni contati e il fermo d’una parte dell’appalto – già penalizzato da forniture non pagate per decine di milioni – coinvolge 2.000, mentre 2.500 diretti sono in cassa integrazione, così come i 1.700 in forza ad Ilva in amministrazione straordinaria. Molti sono gli impianti fermi per una produzione di 3 milioni di tonnellate annue. Fim, Fiom e Uilm proclamano per lunedì uno sciopero di 4 ore e, oltre a una nuova compagine societaria e al ritiro del provvedimento sull’indotto, chiedono un tavolo sulla cassa integrazione.