Alessandria (Max Corradi) – Noi di “Alessandria Oggi” siamo liberali giacobini – quelli cattivi – e non guardiamo in faccia a nessuno. Lo sanno tutti.
Abbiamo “attaccato” Piercarlo Fabbio nel 2011 – quando era sindaco di Alessandria per Forza Italia – perché ritenevamo sbagliate le scelte della sua giunta.
Poi ci siamo confrontati con lui e col suo assessore Luciano Vandone, cogliendo tuttavia in loro competenza e buona fede.
Ora torna l’ennesima crociata a orologeria contro Fabbio (Vandone è fuori gioco per l’età e per la malattia che lo affligge) e una giudice alessandrina – che mi si dice essere una militante di Magistratura Democratica – ieri ha condannato Fabbio per una vicenda di lana caprina inerente la manifestazione “Floreale 2011” e le spese per organizzarla. Ma le sentenze vanno lette e capite, anche se certi cronisti mandrogni non capiscono una mazza e scrivono a vanvera.
A cosa mi riferisco? All’inqualificabile metodo di sbattere il mostro in prima pagina, quando mostro non è.
Stamane, per esempio, il foglio della Fca, edizione alessandrina, ha pubblicato un articolo prendendosela col sindaco emerito Piercarlo Fabbio che dovrebbe pagare 326.000 euro alla Camera di Commercio, perché il Comune di Alessandria – non l’ex sindaco – si sarebbe indebitamente arricchito per una serie di prestazioni che la Camera di Commercio avrebbe offerto al Comune stesso per l’organizzazione di Floreale (flore=fiore, ale=Alessandria) in Cittadella nel 2011, quando cioè la manifestazione aveva ormai un richiamo straordinario al punto che si dovette, in un caso, chiudere il casello di Alessandria Ovest per il troppo afflusso in città di auto e, quindi, di persone, da quel fronte.
E per quale ragione ora si chiama in causa Piercarlo Fabbio? Perché nel 2011 avrebbe scritto – in qualità di sindaco di Alessandria – una lettera d’intenti alla Camera di Commercio promettendo contributi che poi non sarebbero stati dati. Non certo per 326.000 euro, essendo questa la cifra di cui la Camera di Commercio chiede il saldo (?) ma (forse, chissà, può darsi, staremo a vedere. chissà chi lo sa, io speriamo che me la cavo, se son rose fioriranno, vai avanti tu che a me vien da ridere) per 50.000, visto che il Sindaco dava la disponibilità “del Comune di Alessandria per contribuire al finanziamento della manifestazione, sulla base delle risorse conferite” nel 2010. Un contributo, quindi, pari a quello dell’anno precedente, pur se non specificato in cifre nella lettera.
Con una successiva nota, Fabbio chiedeva alla Camera di Commercio un ulteriore sforzo organizzativo, specificando che l’impegno doveva “restare contenuto nella misura pattuita già da tempo”, cioè 50.000 euro. Per quanto scritto da Fabbio, il Comune non metteva a bilancio i provvedimenti di spesa e la Camera di Commercio, avendo in mano solo le lettere del sindaco, non ha saputo far di meglio che citarlo, anche se in causa non si è costituito essendo il credito a lui richiesto di competenza del Comune.
Semplice, ma non per il foglio della Fca.
Ed è proprio qui che Fabbio diventa mostro, perché non si legge e non si comprende la sentenza, quando dice: “Ritenuto quindi che il Comune si è certamente arricchito ai danni della Camera di Commercio o eventualmente del Fabbio, qualora questi pagasse il suo debito e rilevato come per la giurisprudenza sopra richiamata, l’ente non possa opporre né al Fabbio né alla Camera di Commercio il mancato successivo riconoscimento da parte sua dell’utilità ricevuta, occorre tuttavia accertare se una parte di tale arricchimento possa essere esclusa dalla condanna richiesta trattandosi di arricchimento non voluto, non consapevole o imposto alla pubblica amministrazione”.
Fabbio quindi è parte lesa esattamente come la Camera di Commercio, ma deve essere condannato per portare all’infinito le cause: appello del Comune contro la sentenza di primo grado; rivalsa di Fabbio nei confronti del Comune con vari gradi; eventuale surroga della Camera di Commercio a Fabbio, per poter avere prima i soldi dal Comune. Ovviamente ogni causa con i suoi gradi dovuti. La solita storia infinita dei processi italiani in mano alla sinistra.
Ma c’è un’altra domanda che attende risposta: che vantaggio ha voluto perseguire la Camera di Commercio?
Che i suoi amministratori non possano essere chiamati a rispondere d’un danno erariale, visto che si sono tutelati nell’avviare un contenzioso ora in fase di svolgimento?
Oppure che la cifra pretesa possa essere pagata? Sì, ma da chi? E perché?
E Fabbio? Il fatto che non si sia direttamente difeso già la dice lunga sulla sua visione del problema. Sappiamo che è un amministratore preparato e quindi avrà studiato a fondo la causa. Spiace però ancora una volta constatare come abbia nemici irriducibili all’interno di qualche redazione.
Ma poi cosa c’entra Piercarlo Fabbio in questa querelle? Chi mastica di amministrazione pubblica sa benissimo che il “contributo” è una forma di aiuto che l’Ente pubblico potrebbe annullare in qualsiasi momento, indipendentemente dalle lettere d’intenti dei sindaci. Che il Comune di Alessandria non l’abbia fatto va a suo onore, ma avrebbe potuto esercitare tale facoltà a tempo debito. Nel passato è più volte capitato, addirittura con contributi deliberati, ma mai pagati.
In questo caso sarebbero contributi “promessi, ma non impegnati”.
Si tratta d’una montatura mediatica, che sta dietro a una questione tecnica che riguarda due Enti Pubblici.
Ma Fabbio non è un Ente Pubblico.
Tutto qui e il resto è aria fritta e… tossica.