Torino – Stavolta col cerino in mano è rimasto il leghista Riccardo Molinari da Alessandria per il processo sul caso della lista di Stefano Zacà
L’ex coordinatore di FI Zangrillo chiese a Riccardo Molinari di non candidare il politico fuoriuscito dal suo partito, ma non sapeva che avrebbero ritoccato gli elenchi. Per i giudici torinesi si tratta solo d’un invito a rispettare gli accordi, non una d’una pressione, tantomeno d’un reato. Due anni e mezzo dopo quella riga di penna tracciata sul nome del candidato Stefano Zacà per cancellarlo, ad agosto 2020, dalla corsa per le elezioni comunali di Moncalieri, esce davvero di scena dalla vicenda giudiziaria Paolo Zangrillo, all’epoca coordinatore regionale di Forza Italia e ora ministro della Pubblica amministrazione. Sulla graticola processuale resta Riccardo Molinari, numero due della Lega, alessandrino doc, che dopo l’esclusione da Forza Italia Stefano Zacà (una macchina da voti) era candidato, sempre a Moncalieri, per conto della Lega. Levata di scudi di FI col candidato sindaco Pier Alessandro Bellagamba, per cui Zangrillo, vertice regionale per Forza Italia, aveva chiesto agli onorevoli Molinari e Benvenuto di attivarsi per comunicare la non candidabilità a Moncalieri a Zacà delegando la cancellazione del suo nome dalle liste a Fabrizio Bruno, responsabile per il partito della presentazione delle liste. Ma era ormai terminata la raccolta delle forme per la Lega coi moduli che recavano il nome di Zacà. E Arturo Calligaro non poteva procedere a una nuova raccolta con moduli corretti, per cui la documentazione finiva a Fabrizio Bruno che modificava i moduli così come predisposti e firmati, alla presenza dello stesso Calligaro. Per i giudici l’invito di Zangrillo a non candidare Zacà nel rispetto dei patti fra lega e Forza Italia non significava manomettere le liste.