Alessandria – Si volta pagina nell’Alessandria Calcio. Molinaro, diventato il nuovo patron, si avvicina per la prima volta al ruolo di massimo dirigente di un club professionistico. Bisogna tenerne conto con il rispetto e l’educazione dovuti, visto l’investimento che il neo presidente ha affrontato per l’acquisto del club e per le risorse che dovrà investire nel prossimo futuro. Non ci vuole grande fantasia per aspettarci invece un confuso “assalto alla diligenza” da parte dei soliti noti i quali, scatenati dall’improbabile e cervellotica Gestione Enea, in questi mesi hanno pascolato le praterie incustodite del calcio cittadino senza limiti e vergogna. Mi riferisco, per esempio, alla figura a metà fra giornalismo e agenzia stampa “Chi fa da sé fa per tre”, ma non solo. Andati in prescrizione i danni procurati da costoro mi auguro che l’Alessandria Calcio possa diventare un club “normale” e che certa gente venga messa a cuccia. Limitare le invasioni di campo quindi e riportare ogni figura presente nello scacchiere calcistico nell’alveo della logica e della misura sarebbe cacio sui maccheroni. Pare che le prime mosse vadano in questa direzione: l’addio forzato di una figura controversa e professionalmente discutibile come Quistelli e il reintegro di Ninni Corda vanno in questa direzione. A parte l’allontanamento solo virtuale di Benedetto, il quale deve invece tornarsene a casina sua. Quanto pensavo di Enea l’ho scritto e motivato appena è sbarcato qui e, al contrario di tutti gli altri i quali invece hanno continuato a fargli l’occhiolino per usarlo a qualche titolo (vedi giornalisti, tifosi e sportivi), sono rimasto su quelle posizioni per l’assenza di cultura sportiva del soggetto. Adesso cosa ci sarebbe bisogno per dare funzionalità a una macchina societaria fin qui infarcita da gente individuata da Benedetto avulsa dal cacio vero? Ci provo. Servirebbe una endovena nella struttura di figure professionali capaci e alessandrine, se sono disponibili. So anche che per certe belle persone e pure bravi collaboratori questa società emette un “richiamo della foresta” e devono mettersi la cera nelle orecchie come Ulisse per non rispondere “arrivo”. Sarebbe il massimo poi che ognuno tornasse a interpretare il proprio ruolo senza fare i fenomeni e senza “tirare la giacchetta” della proprietà, come successo anche nell’era Di Masi, con i risultati disastrosi che abbiamo visto. Nel frattempo, da pochi minuti, Gregorio Mazzoni è diventato lo SLO della società. Adesso passiamo alla spinosa questione del rapporto tra Corda e Banchini. Per formazione e convinzione sono convinto che queste due figure (Mister e Manager) in una società debbano collaborare e, se possibile, avere comune sentire pur nella specificità dei ruoli perché l’obiettivo è comune: portare a casa il massimo dal gruppo a disposizione. E’ noto che i due, nonostante il campionato vinto in tandem a Como, si sono lasciati male. Banchini, appena arrivato Corda in società, aveva ribadito che il percorso che lo ha portato qua nulla aveva a che vedere col manager sardo. Come la pensa invece Corda si evince dalle mezze frasi pure un po’ ipocrite che il suo addetto stampa sciagura ha riservato per il mister. In altri momenti, in altre occasione, con altri protagonisti e clienti il titolare dell’agenzia “Chi fa da sé fa per tre” avrebbe usato gli ottoni per i risultati ottenuti con Banchini in panca. Molinaro, la pensa come me quanto all’armonia fra due figure tecniche, si è trovato nell’imbarazzo di dover decidere, come regola imporrebbe, chi dei due sostituire e ha scelto Corda con Banchini esonerato pochi minuti fa. I due, tra l’altro, hanno le loro legittime ragioni per rimanere sulle proprie posizioni ma, se le cose in campo non dovessero funzionare, diventerà una sconfitta non solo per Corda ma anche per la nuova gestione societaria. Se invece, come speriamo, la rincorsa alla riconferma in categoria venisse premiata si aprirebbero nuove prospettive positive per la piazza e la città. Ci auguriamo quindi idee chiare, certezza nelle scelte, più professionalità e molta “alessandrinità” nei ruoli societari delicati da una parte. Dall’altra invece che certe fastidiose ingerenze e i condizionamenti irresponsabili finiscano, quelli, tanto per intenderci, i cui attori sono gli ingestibili, invadenti, pettegoli e faziosi soliti noti.