Novi Ligure (AL) – Il gruppo Campari ha chiuso il primo trimestre con un utile lordo di 145 milioni in aumento dell’8,6% sullo stesso periodo del 2023. Stazionarie le vendite per cui il risultato è da attribuire alla diminuzione dei costi. Il margine operativo lordo rettificato è risultato pari a 181,1 milioni, 27,3% delle vendite, con variazione organica solo del +0,6%. Il problema è che a Novi la Campari è una briciola con un centinaio o poco più di addetti, in una città dove, fino a 50 anni fa, c’erano aziende a pieno regime come Carlevaro e Cattaneo, Pernigotti (che a Novi, nonostante quello che dice l’esimio signor Crocco della Uila, non c’è più), Sival, Catariflex, Zavaglia, Biondustria, Dellepiane, Fulgens, Nitens, Zeta Zingardi, Italsider, Vosa, per citare solo le principali. Via Girardengo era piena di eccellenti negozi e il commercio era florido. Oggi Novi è una città di scemi, totalmente sovietizzata, piena di pendolari, pensionati, cassintegrati, nullafacenti e politici d’accatto. Complimenti.
La Campari si consolida, ma a Novi non basta
