Alessandria (Max Corradi) – La Società belga Solvay Speciality Polymers Italy S.p.a. ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Piemonte (RICORSO) contro l’ordinanza della Provincia di Alessandria che la ritiene responsabile in solido con Edison S.p.a. dell’inquinamento (definito potenziale) delle acque sotterranee alle aree del polo chimico di Spinetta Marengo. Tra le diverse motivazioni del ricorso, spicca quella per cui Solvay non era a conoscenza e non avrebbe potuto conoscere la reale situazione di contaminazione del sito: in altre parole accusa Montedison/Edison di aver ordito un inganno alle sue spalle. Difficile immaginare una Società di tali dimensioni che arriva impreparata ad una trattativa contrattuale milionaria. Soprattutto a distanza di quasi vent’anni: è un po’ come accorgersi che il coniuge non era quello che si voleva sposare dopo decenni di convivenza e rapporti. Ormai è chiaro che in questo nuovo mondo digitale, burocratico, europeista e politicamente corretto, l’unica cosa che conta è trovare un altro su cui scaricare le proprie responsabilità. Certamente ci saranno ragioni per Solvay e sono convinto che anche Montedison (ora Edison) sarà in grado di dimostrare che “Nostro Signore Gesù Cristo è morto dal freddo”, ma quello che non è accettabile è un mondo dove anche la giustizia è stata travolta da questo politicamente corretto. Se Solvay ed Edison, alla fine di questa infinita tragicommedia ambientale, avessero risparmiato tutti i quattrini pagati per le cause giudiziarie, probabilmente avrebbero già trovato oltre la metà dei soldi necessari a bonificare l’area esterna. Perché quella di falda, come mi diceva l’indimenticabile Guido Manzone, “per bonificarla ci vorrebbe tutta l’acqua del Po in corrente sotterranea per 50 anni”. Se sono comprensibili i problemi e le preoccupazioni per l’inquinamento delle attuali produzioni (ossia del sito interno allo stabilimento e di tutte le conseguenze occupazionali del caso), incomprensibili quanto intollerabili sono i ritardi e lo scarico di responsabilità di coloro che oggi sono ufficialmente accusati dalla Provincia di essere i responsabili dell’inquinamento esterno. Il degrado, per esempio, della zona cosiddetta “ex zuccherificio” è sotto gli occhi di tutti: nessuno potrà più pensare di fare investimenti sopra una “bomba” ecologica come quella. Il rischio è che alla fine di tutto nessuno paghi e Alessandria si troverà ancora una volta a fare i conti con una classe politica senza autorevolezza e senza potere politico economico e culturale tale da poter ottenere quello che le spetterebbe di diritto. Speriamo che gli alessandrini si rendano conto della necessità di ribellarsi ad un grigio e borghese contesto pubblico e amministrativo che permette ai potenti di considerarli spazzatura.
Alessandria irrimediabilmente inquinata e senza futuro: ma Solvay ricorre
