di Giusto Buroni – Mentre Papa e Meloni spiegano ai Grandi della Terra come regolarsi con l’Intelligenza Artificiale (nel seguito abbreviata con AI), i Piccoli sono già vittime, ignare ma orgogliose, dei danni che il suo cattivo uso provoca, nonostante i cauti apprezzamenti di tali insigni ma male informate “Autorità”. In Italia il danno è forse maggiore, perché alcuni aspetti-chiave della Cultura e della Vita Sociale, che dall’AI dovrebbero trarre beneficio, sono gestiti da Ministri che, seppur non influenzati dall’AI di cui conoscono a malapena l’esistenza, esibiscono impunemente la propria “naturale” ignoranza (nel senso etimologico del termine) e incompetenza (nel senso effettivo): si tratta, per intenderci, di Salvini, Crosetto, Piantedosi, Nordio, Pichetto-Fratin, Urso, Sangiuliano, Valditara, Bernini, Santanchè e, naturalmente, Lollobrigida (così li ho elencati tutti?), che per primo, pur non avendo incarichi prettamente “culturali”, ha usato, nell’esercizio del proprio potere, modi e linguaggio “disinvolti”, probabilmente appresi da Internet.
Mi spiego meglio, rimarcando che l’Intelligenza Artificiale non è qualcosa di nuovo ed inatteso a cui dobbiamo gradualmente abituarci (come avvenne per esempio nel passaggio da carrozza a automobile, ma anche da lume di candela a lampada a LED), ma è un fardello ormai pesante che ci siamo caricati quasi per gioco una sessantina di anni fa, mascherato con nomi di volta in volta più allettanti (Cibernetica, Sistemi Esperti ed altro), e che solo quest’anno ha assunto ufficialmente e improvvisamente il nome di Intelligenza Artificiale, in occasione dell’arrivo sul mercato del primo Programma sviluppato con questo preciso scopo: il ChatGPT, che tutti si sono affrettati a procurarsi (e a “interrogare”!), quasi fosse un nuovo Videogioco. Per oltre mezzo secolo dunque adulti, vecchi e bambini hanno usato inconsapevolmente e goffamente frammenti “primitivi” di ciò che sarebbe diventata l’Intelligenza Artificiale, generando vizi e abitudini, ma anche false credenze e certezze precarie, che dall’età dei giochi si sono trasmesse a quelle degli studi e del lavoro (e anche della politica o dell’arte, dello sport o della guerra); e per molti ignari pensionati e anziani è stata ed è una calamità. L’ analisi delle esperienze nelle varie età e nelle varie categorie sociali e professionali dovrà permettere oggi di decidere se rifare tutto daccapo, in forma ordinata e rinnovata, o semplicemente catalogare, raggruppare, restaurare, ammodernare e completare i vecchi prodotti informatici, senza dimenticare che qualunque sia il criterio scelto, si dovrà lavorare molto sulla qualità e quantità di dati da trattare, “normalizzandoli” a livello globale, per scartare i “doppioni” ed eliminare i dati inutili, sbagliati o non pertinenti.
A scegliere sarà sempre l’uomo
Si pensi, per esempio, alla meteorologia, che da 150 anni opera su dati raccolti localmente in migliaia di siti (per lo più “amatoriali”) per mezzo di strumentazione varia, a volte usata in modo errato o non comparabile: un caso estremo è quello dei sensori meteorologici satellitari, i cui dati, anche a parità di tempo di rilevamento, non saranno mai paragonabili con precisione “scientifica” a quelli raccolti con sensori di terra, di mare, di montagna o con aerei e palloni aerostatici. Eppure ormai non passa mese che i media ufficiali non ci ricordino (grazie a “Copernicus”) che “la temperatura media del Globo, misurata da sistemi satellitari (a centinaia di km dalla Terra) è aumentata di qualche decimo di grado Celsius rispetto a quella dell’Era Preindustriale”, ossia circa 150-200 anni fa (praticamente l’Età della Pietra per la Scienza Meteorologica, soprattutto con un numero limitatissimo di centri di rilevamento). Rendere scientifica un’affermazione del genere per mezzo dell’AI sarebbe una vera rivoluzione per la meteorologia mondiale, che finalmente, anziché accontentarsi, come avviene oggi, di “descrivere” i fenomeni meteorologici “in atto”, porterebbe a reali “previsioni” di calamità atmosferiche e, di conseguenza, idrogeologiche (o anche sociali, come le migrazioni generate da carestie per siccità non combattuta). Gli stessi benefici si dovrebbero poter ottenere, mutatis mutandis, per la diagnostica medica e per l’epidemiologia in particolare, in cui esiste la medesima necessità di normalizzare i dati provenienti dalle Popolazioni di ogni Continente per capire e prevedere le evoluzioni (spostamenti e mutazioni) dei virus da debellare. In entrambi i casi sarebbe utile che l’Intelligenza Artificiale arrivasse anche a individuare i Rimedi; è consigliabile che, sempre con criteri “statistici” basati sui dati storici normalizzati, l’AI fornisca una lista di soluzioni possibili suggerite dall’esperienza acquisita analizzando analoghe situazioni emergenziali. In sostanza, nelle due applicazioni citate, si tratterebbe di porre un limite alla capacità decisionale dall’AI imponendole di concludere le proprie elaborazioni con una serie di Proposte (una lista di Alternative) fra cui sarà l’Operatore Umano ad avere la facoltà e la responsabilità di scegliere: si ridurrebbero così buona parte dei rischi di “insubordinazione dell’AI” individuati dalla Fantascienza e paventati dalla Scienza attuale.
Cresce l’informatica e diminuisce la cultura
A proposito poi delle cattive abitudini acquisite dalle Società (Popolazioni) Digitalizzate, che hanno usato, senza rendersene conto ma fin dagli anni ‘60, i “precursori” dell’Intelligenza Artificiale, ne cito solo alcune. Da almeno una generazione quasi nessuno sa più “far di conto” al di là delle addizioni e delle sottrazioni (già queste a fatica). Infatti fin dagli anni ‘60, in cui però era ancora necessario imparare la famigerata “notazione polacca”, cominciarono a diffondersi le “calcolatrici tascabili”, che facevano le “quattro operazioni” e a volte persino le radici quadrate. Usarle era un inutile snobismo perché per risparmiare la fatica del “calcolo mentale” si doveva imparare a immettere i dati nella “macchina” in un ordine diverso da quello “naturale” (per es. per sommare 15 e 20 si dovevano impostare prima 15 e 20 e poi +); era un primo (cattivo) segno di asservimento alle esigenze della macchina da parte dell’uomo, a cui però si rimediò nel giro di qualche anno, rendendo così la calcolatrice accessibile anche a un bambino delle Elementari (che potesse procurarsela). Fu così però che cominciò l’Era di considerare gli aggeggi elettronici come comode e docili appendici della propria mente, che a quell’epoca poteva già cominciare a disporre di “block notes” elettronici da usare come “promemoria”, senza andare troppo per il sottile con ortografia, grammatica o sintassi: bastava conoscere il normale ordine alfabetico o, meglio, una tastiera delle vecchie macchine per scrivere (oggi tutti sanno il significato di “qwerty”) per garantirsi un’eccellente memoria permanente (e una mente riposata, ma destinata all’ottusità): con le agende scritte a penna si correva il rischio di non riconoscere la propria calligrafia… Non parliamo poi delle grandi possibilità della registrazione audio e video rilanciata in modo straordinario dalle Tecnologie Spaziali (elettroniche e miniaturizzate) realizzate, senza badare a spese, per le esplorazioni lunari degli anni ‘70. E con Internet e Wikipedia, ecco che tutto ciò che non avremmo mai saputo durante tutta una vita continueremo a non saperlo, ma siamo fiduciosi di trovarlo all’occorrenza nel telefono (!), grazie a un “motore di ricerca”, ritenuto (erroneamente) infallibile e incorruttibile. E ci sono ormai congegni elettronici capaci di “leggere” ogni tipo di calligrafia, stampata e perfino manoscritta; e ciò che in questo modo viene letto (dalla macchina) può ormai essere recitato, a beneficio dei non vedenti, o dei lettori pigri, da una voce “sintetica” maschile o femminile, giovane o anziana; e, prima che la voce parli, al congegno si può anche chiedere di tradurre il testo in qualunque (!) lingua, a beneficio di chi, di lingue, non conosce nemmeno la propria e quindi non si accorgerà degli inevitabili immensi strafalcioni generati da un tale straordinario processo.
“Esperanto informatico”
Quello di lasciare strapazzare impunemente le lingue millenarie, senza rispetto per l’etimologia e per la storia della loro evoluzione grammaticale e sintattica, è uno dei maggiori danni, causati dall’AI, sottovalutati dalle Autorità Culturali di ogni Paese, ormai tutte appartenenti alle generazioni che tali danni hanno già subiti e di cui perciò sono incapaci di valutare la gravità. Ricordo un’accesa discussione con una prof di informatica che tentò di convincermi che il verbo più corretto per significare “rinsaldare o ristabilire una vecchia amicizia” è “rintuzzare”, perché “così le risultava dalle risposte che i nuovi computer intelligenti davano alla relativa domanda”. Incredibile è che in Italia la Crusca e la Treccani si allineino docilmente a qualunque “decisione” presa dall’AI sulle questioni linguistiche. Una parola classica come “inedia” (chiaramente e solamente=mancanza di nutrimento) nei dialetti brianzoli, forse per lontana assonanza, è associata simpaticamente al concetto di “noia” e ci si aspetterebbe che (tutti) i dizionari sconsigliassero questo uso; invece nessuno lo stigmatizza e pochissimi ne indicano l’origine “popolare”, col risultato che anche i più colti “politici” ora giurano che il termine indichi senza dubbio ”indifferenza”; e non trovo nessuno, oltre a me, che sia scoppiato a ridere trovandolo usato, con tale significato, in ragionamenti seri. E non parliamo dei modi di dire che vengono imposti agli attivisti dei partiti, tutti obbedienti come i Trinariciuti di Guareschi: dal “pancia a terra” o “schiena dritta” dei 5Stelle (e non solo) al “tenere la barra dritta” e la “messa a terra” o i “360 gradi” dei Melonisti, o l’”onore e onere” dei Salvinisti, fino al sorprendente esilarante “Imbocca al Lupo!” dei più colti fra i Fratelli d’Italia. Tutte forme non bocciate da Inernet e solo in pochissimi casi “sconsigliate”. Ma mentre ci si potrebbe rassegnare, alla lunga, a questo assassinio della scienza linguistica, spero che si troverà sempre il buon senso e il coraggio di ribellarsi alla sottomissione alla AI quando si tratti di Salute Pubblica: la recente pandemia è stata la prima della Storia Umana ad affidarsi ciecamente all’Intelligenza Artificiale, perché le autorità sanitarie, rifiutando tradizionalmente di ammettere la propria ignoranza e approfittando della nuova Risorsa, ancora sconosciuta al Grande Pubblico, non hanno esitato a dare fiducia ai misteriosi algoritmi della AI, ignorando che la Scienza, anche Medica, non può essere solo Statistica, e che se anche lo fosse, non deve prendere, fra i tanti, un Modello Matematico “a caso” (o, peggio, con connotazione politica), sperando di essere così fortunati da azzeccare proprio quello che risolve il problema. E infatti il problema non è stato risolto.
Moralità e immoralità senza rimedio
La pandemia se ne è andata da sola dopo avere ucciso milioni di persone che non hanno fatto in tempo a vaccinarsi, ma non hanno nemmeno ricevuto cure specifiche (e efficaci) solo perché il miracoloso Algoritmo era (ed è) basato esclusivamente sui vaccini e soprattutto prevedeva una percentuale di morti “accettabile” che è stata rispettata, meritandosi così la fiducia e il plauso della “Comunità Scientifica”, che in quell’occasione ha raggiunto la punta massima del Cinismo Umano. Lo stesso fenomeno si verifica, più diluito nel tempo, per i problemi ambientali. Dagli anni 90 il famigerato IPCC (Intergovernmental Panel for Climate Changes) terrorizza l’Umanità, producendo solo accuse, contro l’Homo Sapiens Sapiens, di insensati comportamenti autolesionisti sempre più immorali nei millenni (la produzione di presunti “gas serra” è immorale?), ma senza mai studiare e suggerire rimedi concreti ai danni che tali comportamenti avrebbero provocato. Non si vede perché i grandi sociologi e politici dell’ONU non abbiano mai pensato a un “Panel Internazionale”, parallelo all’IPCC, dedicato alla protezione (prevenzione) dalle catastrofi e alla riparazione dei danni da esse provocati. Invece, come per le vaccinazioni in pandemia, si impone ai cittadini di “cambiare lo stile di vita”, qualunque esso sia, e di prendere le catastrofi ambientali come giusta punizione (divina?) per non averlo fatto prima: di riparare i danni del passato e prevedere e prevenire le catastrofi imminenti e future con adeguate opere e infrastrutture di protezione e sicurezza non si è mai parlato, né è mai stato proposto di farlo; col risultato che ormai è normale attribuire i danni da dissesto idrogeologico direttamente al riscaldamento globale (prodotto dai gas serra? O dal buco nell’Ozono? Chi li distingue più?): un tremendo antiscientifico “minestrone”, in cui fra l’altro l’ideologia ha un ruolo nettamente superiore alla ormai irriconoscibile Scienza. Ai grandi lacrimevoli Movimenti Globali dei mocciosi sfaccendati come Greta Thunberg non è mai venuto in mente di “dimostrare”, rumorosamente o teatralmente, né contro le guerre, né contro la carenza di iniziative e interventi ingegneristici per mettere una pezza ai danni ambientali, chiunque ne sia il responsabile; e forse è proprio questo il più notevole valore aggiunto ricavabile dall’Intelligenza Artificiale, purché i Politici e i Sociologi abbiano la compiacenza e l’umiltà di mettere validi Ingegneri nelle condizioni di programmarla “intelligentemente” a tale scopo.
Più intelligenza artificiale meno riservatezza
Di pari passo con il riconoscimento della grafia da parte dell’AI è andato il riconoscimento delle impronte digitali (o dell’intera mano), ma ormai nell’ambito della Videosorveglianza si usa con un alto grado di affidabilità anche il “riconoscimento facciale”, che segna così la fine di ogni garanzia di privacy. Il terrore di essere scoperti con le mani nel sacco ha indotto soprattutto chi si era procurato un’immacolata reputazione di grand’uomo o grande donna ad anteporre questa particolare questione a tutte le altre alle quali ho accennato. Così come per le intercettazioni telefoniche, si scateneranno accese discussioni in cui si può scommettere che prevarrà come sempre l’ipocrisia sulla logica e sul buon senso; e in conclusione resterà un ampio margine di manovra per la Malavita a scapito della sicurezza del cittadino onesto. Degli inconvenienti verrà incolpata naturalmente l’Intelligenza Artificiale in senso astratto, invece della Criminalità, più o meno organizzata o politicizzata che saprà approfittare dei suoi aspetti più deboli. D’altra parte l’AI ormai esiste e non si potrà più farne senza (a meno che non intervenga il solito cataclisma globale che faccia regredire l’Umanità all’Età della Pietra): la stiamo usando da mezzo secolo per “servizi” forse umili, ma certamente anche utili, che vanno dalla consegna (a domicilio) delle merci all’assegnazione dei posti negli ospedali (ma anche nei cinema e teatri e sui treni e sugli aerei), al monitoraggio del traffico aereo o nautico e alla mappatura dei detriti spaziali o degli asteroidi che potrebbero colpire la Terra. Finalmente, per mezzo di opportune e sterminate Simulazioni, gli scienziati potranno togliersi fondamentali “curiosità”, quali la verifica delle teorie sul Big Bang, sui Buchi Neri e sulla Materia Oscura (che, non dimentichiamolo, sarebbe una decina di volte più abbondante della Materia che oggi crediamo di conoscere), sui frattali e sugli insiemi caotici e naturalmente sulla fisica quantistica: tutti studi praticamente sospesi in attesa che l’Intelligenza Artificiale permetta di gestire la mole di dati e di comprimere in tempi “umani” la varietà di “diramazioni temporali” che la loro evoluzione comporta. E si cercherà di ricavarne i maggiori vantaggi possibili a livello globale per mezzo di una gestione allo stesso tempo centralizzata e locale, che deve essere ancora studiata e soprattutto ratificata dalle Nazioni interessate: un’operazione che richiederà tempi molto lunghi e un coordinamento molto più intelligente e sperabilmente meno politicizzato di quello usato per l’ONU. E in un simile scenario non si vede proprio come qualcuno possa onestamente temere per i prossimi anni una “perdita di posti di lavoro”: ci sarà piuttosto un enorme cambiamento nella qualità del lavoro, che sarà sempre più intellettuale che fisico e quindi richiederà un più alto livello di istruzione in tutte le popolazioni coinvolte.