Asti – Con le disposizioni attuative pubblicate dal Ministero dell’Agricoltura, anche il Piemonte si affaccia al mercato del vino integralmente o parzialmente “alcol free”. Da oggi si potrà privare il vino dell’alcol anche in azienda. E chiamarlo vino. Avviare un impianto costerà intorno ai 300.000 euro. Qualcuno arriccia il naso: “A noi non piace chiamarlo vino perché vino nonè”, commentano da Coldiretti Cuneo. Sottolineano che il vino è un fermentato naturale dell’uva, “un prodotto agricolo”. Il timore è che i nuovi prodotti possano intaccare un mercato già in sofferenza e che l’approccio al vino fosse intaccato da un prodotto industriale. Per quanto riguarda la denominazione di “Vino” a livello comunitario è già stato recepito da tempo. Le previsioni parlano di un 2-3 per cento di mercato, con una crescita stimata fino al 5 e una richiesta che arriva soprattutto dagli Usa, prima piazza dei vini piemontesi. L’obiettivo è anche puntare su nuovi mercati alcol free, a cominciare dagli Emirati. Nell’astigiano le cose cambiano. Il presidente del consorzio Asti Docg Stefano Ricagno non è preoccupato: “Siamo da sempre produttori di vini a basso grado alcolico: si prestano meglio a intercettare una tendenza che va seguita e coordinata”. A trainare è il Moscato d’Asti, con 33 milioni di pezzi, in crescita doppia proprio grazie a States, Cina e Corea, mentre la Russia torna a +49 per cento. Tuttavia fare un dealcolato da uve piemontesi è impossibile, perché sono tutte tutelate da Doc e Docg. Il decreto apre infatti solo a bianchi e rossi generici.