Roma – Da Roma non arrivano buone notizie sul futuro dell’Ilva. Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi il governo ha riunito una riunione di emergenza in quanto il gruppo azero Baku Steel, unico acquirente rimasto dell’ex colosso dell’acciaio italiano, procede a rilento a causa dell’incognita del sequestro dell’altoforno numero 1 dopo l’incendio di un mese fa e della cassa integrazione per 4.000 lavoratori. Erano presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, i ministri Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Gilberto Pichetto Fratin, Marina Calderone. Ha partecipato anche l’amministratore delegato di Invitalia Bernardo Mattarella. L’esecutivo è preoccupato dalle risorse necessarie alla continuità: il sequestro, infatti, ha ridotto la capacità produttiva e le entrate sono crollate. Al momento c’è un solo altoforno in funzione. Emerge quindi un vero e proprio problema legato ai finanziamenti. Un altro tema che è stato affrontato nel corso della riunione riguarda la prossima decisione del Tribunale di Milano (nel capoluogo lombardo ha sede legale l’azienda) che potrebbe chiudere l’impianto se il ministero dell’Ambiente non concederà nel breve termine l’Autorizzazione integrata ambientale. L’udienza del 22 maggio scorso si è chiusa con un rinvio, ma se la fabbrica continuerà a operare senza Aia c’è il rischio che la magistratura decida di fermare gli impianti.
Ex Ilva: rischio stop impianti = fallimento e tutti a casa?
