Alessandria (Piero Evaristo Giacobone) – Scusate se insisto ma mi chiamo Evaristo e l’altro giorno sono dovuto andare dalle parti di Piazza Garibaldi facendomi venire un travaso di bile. Perché? Semplicemente perché non si capisce più niente per quanto riguarda la viabilità completamente stravolta a causa degli scavi per il teleriscaldamento. Cos’è? È un impianto di scambiatori termici e tubazioni interrate che trasportano il calore a ciascuna unità abitativa, per cui qui da noi si sta scavando ovunque rendendo molto complicato circolare in auto. Se da un lato dovrebbe essere un sistema innovativo, economico, sicuro e pulito per riscaldare casa o per produrre acqua calda sanitaria, dall’altro dovrebbe funzionare grazie alla produzione in proprio di biometano (quindi non metano di Eni o Iren) derivato dal trattamento della Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), ovvero la parte organica dei rifiuti urbani che deriva dalla raccolta differenziata: principalmente scarti alimentari e altri rifiuti. Il biometano è un gas combustibile derivato dal biogas, ottenuto rimuovendo da questo l’anidride carbonica tramite la procedura di purificazione o upgrading. Se così fosse sarebbe un bene perché in un colpo solo si smaltiscono i rifiuti e si genera calore per le case. Ma così non è perché il metano bisogna comprarlo e costa un sacco di soldi, certamente di più del biometano che deriva dalla “cacca” che produciamo quando andiamo al “cesso”. Costo = zero. Troppo facile. Senza contare che, una volta in funzione il teleriscaldamento, i cittadini perdono la loro libertà di scaldarsi un po’ come gli pare. Ciò perché se si ingrippa tutto stanno al freddo: “Mal comune mezzo gaudio” come recita il vecchio adagio popolare, che fa il paio con “Tutto bene Madama la Marchesa”. Gli è che se oggi Alessandria è un percorso di guerra per gli scavi che dovranno ospitare i tubi, domani gli alessandrini non avranno scelta: o teleriscaldamento o ti arrangi.
I nostri raffinati reggitori della Cosa Pubblica incantati dalle ruote panoramiche – non hanno previsto che sta diffondendosi velocemente e a macchia d’olio – a partire dal Nord Europa – l’energia elettrica che è a bassissimo costo: con un filo ti riscaldi, accendi le luci e fai funzionare gli elettrodomestici, risparmiando la metà.
Con un filo, solo un filo.
Senza contare che il teleriscaldamento costa un sacco di soldi in quanto la costruzione delle reti di distribuzione, delle centrali termiche e degli scambiatori di calore, ha bisogno di investimenti significativi. Non conviene a nessuno, eccetto a quelli – se ci sono … e mi fermo qui – che mettono in tasca la classica e italianissima “stecca”. I tempi di ammortamento poi sono biblici, fino anche a oltre 20 anni. Gli impianti sono rumorosi, mentre se gli edifici sono ubicati in luoghi eccessivamente distanti dalla sorgente primaria, possono verificarsi perdite di calore lungo la rete, aumentando i costi e riducendo l’efficienza. Ma ci sono risvolti importanti anche per la qualità della vita perché il teleriscaldamento necessita di una densità abitativa elevata per poter ammortizzare i costi particolarmente onerosi, mentre non è da sottovalutare la “schiavitù” degli utenti che dipendono da una singola fonte di calore per cui, se dovesse subire problemi o interruzioni, ne risentirebbero tutti gli utenti collegati alla rete. Questo può causare disagi e richiedere tempi significativi per le riparazioni.
Poi ci sono aspetti tecnici molto negativi. Riguardo alle emissioni specifiche per KWh, per valutare la salubrità del “sistema” teleriscaldamento occorre compararlo con le caldaie singole a gas di ultima generazione, a bassa temperatura dell’acqua, che il “nuovo” teleriscaldamento è destinato a sostituire. In tali condizioni, la prospettiva di ampliare ulteriormente il teleriscaldamento con le modalità attuali, non può che spaventarci, indipendentemente dalle tariffe.
E io pago!
Teleriscaldamento? Una “bufala”, cara come il sangue e inutile
