di Giusto Buroni – Ogni guerra fra Popoli causa vittime appartenenti a varie categorie: combattenti sul campo e riservisti, resistenti partigiani) armati e disarmati, “civili” coscienti dei motivi e degli sviluppi del conflitto, civili dei Paesi belligeranti che hanno la fortuna (e la crudeltà) di potersi disinteressare del conflitto, civili di popolazioni estranee al conflitto ma con relazioni con i contendenti; pochissimi sono i civili completamente estranei al conflitto; non trascurabili infine sono le spie, i contrabbandieri e i mafiosi, operanti ovunque e quando si presenti l’occasione di accorciare la durata della convivenza pacifica e delle vite. Vittime non sono solo i morti, ma anche i feriti, nel corpo o
nella psiche, che nelle guerre recenti, con oltre 7 miliardi di viventi sulla Terra, si contano rapidamente a migliaia al giorno, tanto che qualunque guerra non può passare inosservata o senza conseguenze per nessuno. Nonostante questa abbondanza di “materiale” per: soccorritori di professione (medici e paramedici inclusi), comunicatori (su carta stampata o TV), opinionisti, sociologi, storici, cantori di gesta eroiche, soggettisti di film horror, commercianti, onoranze funebri, c’è sempre chi non si accontenta ed escogita trovate terroristiche (camuffate da “dimostrazioni pacifiste” o “professioni di solidarietà”) più o meno sanguinarie e comunque sempre socialmente scioccanti e stressanti, con effetti deleteri a tutti i livelli, anche i più inaspettati. Ne fornisco qui alcuni esempi “curiosi” (perché tollerati, fomentati e protetti da insospettabili “istituzioni”) nella speranza di far riflettere soprattutto sulla necessità di frenare la diffusione e la crescita di odio ingiustificato e indiscriminato, che mette a rischio le fasce più deboli della popolazione civile: vecchi e bambini, donne e disabili diventano bersaglio del terrorismo fanatico (che usa per esempio auto lanciate contro cortei (di dimostranti) o contro famiglie a passeggio); ma anche per sventare atti di vandalismo che potrebbero avere imprevedibili tragiche conseguenze. La lotta al terrorismo “vandalico” viene interpretata sempre più spesso dai “benpensanti” (terroristi mancati, per vigliaccheria o mancanza del minimo di doti fisiche) come ostacolo alla libertà di pensiero e di espressione, in nome della quale invece secondo loro proprio tutto è permesso (e subito perdonato), a partire dalla verniciatura dei monumenti fino al massacro di innocenti ciclisti professionisti.
Riporto, a memoria, episodi salienti delle guerre in corso, che mi hanno colpito come atti di terrorismo compiuti su cittadini incolpevoli e spesso “fragili” col favore di autorità costituite.
Già dal febbraio 2022, quando l’Ucraina fu aggredita dalla Russia di Putin, l’ostracismo verso gli artisti (e gli sportivi) russi si manifestò a partire dal Teatro alla Scala di Milano, da cui il sindaco Beppe Sala in persona cacciò come fosse un ladro il Maestro Valery Gergiev, musicista russo di valore mondiale, pluridecorato (anche) in Italia negli ultimi 30 anni per meriti culturali dai Presidenti della Repubblica. Alla vigilia della Prima del Boris Godunov, avendone già concluse le prove, il celebre Direttore rifiutava di recitare una formula di condanna verso il suo presidente Putin (dettata dal nostro sindaco), causando l’annullamento immediato di ogni ingaggio presente e futuro. La sentenza di condanna, emessa dalla Scala, ebbe un “effetto domino” in tutti i teatri d’opera “occidentali”, Americhe comprese, in cui il pur popolarissimo direttore russo da allora non si è più potuto esibire. L’ostracismo fu subito esteso a tutti i musicisti e cantanti che non accettassero di recitare la formula del Sindaco, e così scamparono al licenziamento solo alcuni furbetti (come la celeberrima soprano Anna Netrebko), che dimostrarono di avere una seconda residenza (in Europa) oltre a quella Russa, che prontamente rinnegarono. Gergiev fu equiparato ai ricchi oligarchi russi che sostengono e sovvenzionano le politiche di Putin e quindi fu giudicato meritevole di “sanzioni”. La cosa “curiosa” è che Valerij Gergiev, ormai per tutto l’Occidente “guerrafondaio e aggressore” si era fatto notare anche recentemente per aver commemorato per mezzo di commoventi “Concerti per la Pace”, trasmessi dalle TV di tutto il mondo, i morti per le aggressioni e gli attentati ai piccoli stati ex URSS di cui a poco a poco Putin vuole riprendere possesso, fra i quali l’Ossezia, regione d’origine proprio del grande Maestro. In questo modo egli forniva la prova che si possono piangere e commemorare le vittime della guerra con manifestazioni diverse dalle gazzarre di piazza condite di vandalismi e di cariche di polizia; ma le lezioni non hanno avuto alcun effetto sulla stragrande maggioranza dei pretesi pacifisti (e sulle autorità politiche che li proteggono) che alla violenza oppongono solo vendetta e possibilmente maggiore violenza.
- Nello stesso anno in Italia e in parte di Europa e America furono annullate tutte le attività e manifestazioni che avessero anche marginalmente a che fare con la Cultura Russa: mia sorella per esempio, ottantenne bibliotecaria (volontaria) dell’Associazione Italia-Russia a Milano (gestita dal Comune, quindi dallo stesso Sala della Scala), e profonda conoscitrice della grande musica russa, fu immediatamente allontanata dal suo lavoro, e l’Associazione sospese e annullò, tutte le proprie apprezzate attività didattiche (fino ad allora seguite da studenti di tutta Italia). Nonostante qualche timida resistenza dei nostri intellettuali (una piccola polemica con lo scrittore Paolo Nori che avrebbe dovuto tenere un corso di Letteratura Russa all’Università Bicocca) furono annullate conferenze sulla cultura russa programmate da istituzioni di tutta Italia. Si ha oggi l’impressione che l’unica citazione letteraria russa autorizzata sia l’abusata frase “La Bellezza Salverà il Mondo”, attribuita a Dostoevskij e imparata solo in questi anni dalla miriade di aspiranti giornalisti-scrittori esistenti in Italia.
- Curioso è anche che il tuttologo Massimo Gramellini, in una puntata del suo “Il Caffè” del Corriere della Sera, confrontando le manifestazioni di antisemitismo suscitate dal comportamento di Netanyahu con il trattamento riservato dall’Italia ai Russi “Putiniani”, neghi che contro gli intellettuali (o sportivi) russi si siano presi provvedimenti che inducano all’odio contro la cultura Russa, mentre quelli contro Netanyahu (con mandato d’arresto internazionale, come per Putin, del resto) indurrebbero a odiare il Popolo di Israele, confermando i sospetti di ritorno al fascismo in Italia.
- A proposito del terrorismo antisemita suscitato dalla guerra Netanyahu-Hamas, si è assistito, al termine della tappa di Napoli del Giro d’Italia n.ro 108, alla “bravata pacifista” di “fermare” un centinaio di ciclisti professionisti lanciati a 70 km/h nella volata finale, attraversando la strada con un nastro metallico, agitando nel contempo un grande “sudario”, e provocando, se fosse riuscita la manovra, una vera strage. Il significato della dimostrazione, vista chiaramente in TV, e sventata per pochi centimetri da “agenti in borghese” (?), era incomprensibile ai normali spettatori, ed era sospetto il laconico commento del telecronista: “Avranno tutte le ragioni del mondo, ma queste cose non si devono fare, perché troppo pericolose” (bella scoperta!). Un trafiletto del Corriere della Sera spiegava il giorno
dopo che si voleva disturbare la corsa, perché ad essa è iscritta, e partecipa, una squadra internazionale con un nome contenente la parola “Israel” (la Israel Premier Tech: una trentina di corridori, solo due o tre Israeliani, gli altri da ogni parte del mondo). Gli autori dell’attentato, “fermati e identificati, ma subito rilasciati a piede libero”, il giorno seguente erano già sul percorso, con il simbolico “sudario”, ma senza il nastro metallico, e a molti kilometri dal traguardo, quando la velocità del gruppo era sui 40 km/h; questa volta, nessun commento da parte dei prudenti telecronisti. - L’ultimo episodio di terrorismo pacifista riguarda la tappa del 27/5 dello stesso Giro d’Italia 108, che è stata vinta da un bravo ragazzo, Christian Scaroni, che nel 2022, da “giovane promessa”, ebbe la sfortuna di correre in una squadra finanziata da GazProm, la maggiore società russa che traffica col gas. Allo scoppio della guerra l’iscrizione della squadra fu rifiutata dagli organizzatori di corse ciclistiche di tutto il mondo anti-Putin e col suo scioglimento una ventina di giovani corridori rimasero disoccupati, in un momento in cui il mercato del ciclismo professionistico maschile era saturo. Solo alcuni trovarono posto in piccole squadre che non vengono facilmente invitate alle corse principali. Finalmente quest’anno il non più giovane Scaroni ha trovato posto nell’Astana, squadra Kazaka, che i pacifisti anti-Putin non avrebbero motivo di sabotare, permettendogli finalmente, con tre anni di ritardo, di diventare campione.
Una sola osservazione conclusiva: nell’articolo si parla molto di terrorismo, ma non dei terroristi. Ho la sensazione che se fossimo in grado di individuare e incriminare i “mandanti” non sarebbe indispensabile individuare gli esecutori materiali (che, se si riconoscessero in pericolo, andrebbero certamente a trovare lavoro altrove)
