“È recessione quando il tuo vicino perde il lavoro; è depressione quando lo perdi tu” (Harry S. Truman 1884 – 1972). Non so dire se quella della Centrale del Latte di Alessandria e Asti sia una recessione o una depressione. Sta di fatto che mi pare sia un perfetto esempio scolastico su cosa è successo in un mondo diventato drammaticamente succubo dello “sterco del diavolo”, ossia del denaro. Nel secondo dopoguerra, il nostro Paese ha cercato di seguire una politica economica che salvaguardasse gli interessi delle classi più deboli; se c’era riuscito o no è tutta un’altra storia, ma occorre riconoscere che gli insegnamenti di due grandi politici come Alberto Beneduce (1877 – 1944) prima della guerra e di Amintore Fanfani (1908 – 1999) nel dopoguerra, avevano impedito che il nostro sistema economico diventasse preda del capitalismo protestante weberiano dove, per dirla con Gianni Morandi, “uno su mille ce la fa”. I Padri fondatori della CECA (Comunità economica del carbone e dell’acciaio), nonna abiurata dall’odierna falsa Unione Europea, tutti e tre cattolici: Alcide De Gasperi (1881 – 1954), Konrad Adenauer (1876 – 1967) e Robert Schuman (1886 – 1963) avevano ben presente la necessità di mantenere viva un’imprenditorialità pubblica capace di correggere le distorsioni dei mercati non più liberi, ma oligopolistici privati e servi del diavolo (in particolar modo proprio per le industrie fondamentali di allora: energia da carbon fossile e metallurgia). Purtroppo, dopo la tragica rinuncia a battere moneta, il nostro Stato ha finito per capitolare davanti al terribile “politicamente corretto” che è corso dietro all’Europa di pochi ricchi finanzieri senza scrupoli e di tecnocrati frustrati e idioti. Così è andata a finire che in Europa il 10% più ricco possiede oggi il 67% della ricchezza, mentre il 50% meno ricco ne possiede solo l’1,2%: lo dicono Credit Suisse e UBS (Fonte Global Health Report 2023) e se lo dicono proprio loro che sono i ricchi vien da crederci. Pensate bene: metà della popolazione europea vive in media con l’1,2% di ciò con cui vivono i cittadini più ricchi. La Centrale del Latte di Alessandria e Asti è il classico esempio scolastico di come la deriva del “politicamente corretto” abbia portato al suo fallimento. Un’azienda nata con lo scopo di salvaguardare le produzioni locali e l’occupazione nei momenti di crisi avrebbe dovuto poter contare su un intervento pubblico non per garantire assistenzialismo (come da anni vediamo accadere per la compagnia aerea di bandiera), ma per consentire di recuperare l’equilibrio economico, perso a causa di pandemie o di incapacità dei soci privati. Ahinoi! Lo Stato ha rinunciato a battere moneta e a produrre debito pubblico sottoscritto da bravi risparmiatori privati a tutto favore di debito privato fatto da ingenue anime irretite dal diavolo con supermercati e televisioni per dirla con Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975), i trinariciuti comunisti vadano a leggersi gli “Scritti corsari” del Nostro invece di esaltarne la figura da ignoranti. Così la centrale del Latte di Alessandria e Asti ha percorso tranquillamente il proprio viale del declino fino alla morte ormai annunciata. Questi sono i palesi risultati di una società capitalistica illiberale, comandata da finanzieri senza religione (intendo quella cristiana cattolica, ovviamente) e senza morale. A farne le spese, come sempre, sono i poveri di tutti i tempi e di ogni luogo. Non pensate sia necessaria una rivoluzione, la rivoluzione c’è già stata: quella di Nostro Signore Gesù Cristo. L’unica possibilità che abbiamo è di tornare a Lui rompendo la conservazione del “politicamente corretto” che in tutti i campi sta rovinandoci la vita e consegnando le nostre anime al diavolo. Consiglio la lettura dei saggi di economia sociale di Giuseppe Toniolo (1845 – 1918), ma certo non li troverete negli scaffali dei politici di oggi.
Centrale del Latte di Alessandria e Asti: un baluardo del sano mercato stritolato da un mercato senza scrupoli
