Arquata Scrivia (AL) Giovanni Bruzzone – Chi scrive ha una certa età e viene dalla Valle Scrivia, nell’Oltregiogo Ligure. Quando d’estate arrivavano i genovesi – parlo di mezzo secolo fa e oltre – per trascorrere le vacanze, mi ricordo la loro spocchia: per loro noi eravamo dei belinoni ignoranti senza dignità. Andando avanti di questo passo loro, che credono di essere i numeri uno, sono finiti col culo per terra ma noi no. Genova è una città che, se gestita con intelligenza – qualità totalmente assente nei genovesi – poteva diventare una potenza, la Londra del Mediterraneo, e invece è un paesone di scemi ridotti a circa 400.000 residenti, per lo più nullafacenti e mantenuti dallo Stato. A dimostrazione che a “Zena” siamo alla frutta, c’è uno studio della Cgia di Mestre che prevede nei prossimi 10 anni in Liguria un crollo del lavoro perché ci saranno 65.000 lavoratori in meno, e a Genova 40.000. I genovesi sono sempre più vecchi e sempre meno attivi nel mondo del lavoro. L’analisi rileva che la Liguria, la regione più vecchia d’Italia, passerà dalle attuali 910.048 persone in età lavorativa a 845.294, in pratica perderà 64.754 lavoratori pari al 7.8% in meno rispetto a quelli attuali. Secondo la Cgia il declino previsto da qui ai prossimi dieci anni è riconducibile a molteplici fattori: non solo il calo demografico ma anche l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale con le imprese destinate a subire dei contraccolpi spaventosi. La difficoltà, ad esempio, di trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali, è già un problema oggi e avrà ripercussioni più marcate negli scenari economici nel prossimo decennio. Una regione come la Liguria, sempre più anziana e sempre meno votata alla crescita, è incompatibile con qualsivoglia disegno economico, anzi lo rende inutile.
Buona notte Genova.